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Vortice di passione: Harmony Collezione
Vortice di passione: Harmony Collezione
Vortice di passione: Harmony Collezione
E-book153 pagine1 ora

Vortice di passione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

I Re di Russia 4/4
Ogni sera la prima ballerina Anya Ilyushin danza per Roman Zverev, l'uomo che un tempo ha catturato il suo cuore prima di farlo a brandelli. Anya ne ha seppellito i pezzi sotto un muro di impenetrabile riservatezza, ma quando Roman fa irruzione nel suo camerino quei mattoni iniziano a cadere uno a uno.

Dietro la sterminata ricchezza e i modi sofisticati, Roman cova una ribellione pronta a esplodere e una sregolatezza che chiede solo di essere liberata. Infatti, non c'è nulla di raffinato in quello che prova per Anya. Anni prima se ne era andato per paura che il desiderio reciproco li consumasse entrambi, ma adesso che è tornata lui è pronto a reclamare ciò che gli spetta.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2019
ISBN9788830507562
Vortice di passione: Harmony Collezione
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Vortice di passione - Carol Marinelli

    successivo.

    1

    Ogni volta che danzava, danzava per lui.

    Era l'ultima rappresentazione londinese dell'Uccello di fuoco.

    Quel balletto spettacolare richiamava tantissimo pubblico, che voleva vedere esibirsi soprattutto lei, Tatania. Così si chiamava sul palcoscenico.

    Il teatro era pieno e le avevano detto che in platea sedeva persino una duchessa, ma lei ballava solamente per lui.

    Roman Zverev.

    Il suo primo e unico amore.

    A parte la danza.

    Le ore di esercizi, di assoluto controllo, la rigorosa preparazione e la ricerca della perfezione li doveva a se stessa.

    Ma quando danzava era per Roman e basta.

    Adesso aveva il suo camerino personale ed essendo superstiziosa preparava la sua toletta come se fosse un altare. Era piena di piccoli ninnoli che aveva raccolto negli anni, di trucchi e spazzole.

    Si era riscaldata e aveva fasciato i piedi. Aveva già raccolto i suoi capelli in uno chignon e sbiancato il viso.

    Con molta attenzione si applicò l'ombretto nero e oro che metteva in risalto gli occhi verdi. Faceva tutto seguendo un ordine preciso.

    Mancava mezz'ora all'inizio dello spettacolo. Bevve dell'acqua e mangiò lentamente mezza banana, conservando l'altra metà per l'intervallo, insieme a un pezzettino di cioccolato.

    Anya amava il cioccolato perché le ricordava Roman. Terminato lo spuntino indossò la cuffia fatta di piume rosse e oro, infine chiamò la costumista.

    Si tolse la vestaglia di seta e si infilò il costume di scena: un corpetto rosso, oro e arancione e un tutù costituito da dieci strati di piume di seta. Il tutto le calzava alla perfezione, mettendo in mostra le braccia e le gambe lunghe.

    Nel mondo reale la sua esile figura attirava sguardi e bisbigli perché era davvero molto magra. Il suo corpo però era muscoloso. Ogni giorno si esercitava per lunghe ore in modo rigoroso, cosa che le consentiva di danzare divinamente.

    Mancavano dieci minuti alla sua entrata in scena. La costumista terminò gli ultimi ritocchi e lei si trasformò in Tatania.

    «Merde!» le augurò la donna.

    Anya annuì tremando per la tensione poi si avvolse in uno scialle che aveva comprato per sua madre.

    Sua madre Katya l'aveva cresciuta da sola, lavorando come cuoca in un orfanotrofio in Russia. Era morta di recente, però era riuscita a vederla danzare ai massimi livelli.

    Le era molto riconoscente e ricordava quando faceva i suoi esercizi nella cucina dell'istituto. Preferiva andare lì piuttosto che tornare in una casa vuota e fredda.

    Rammentava bene i morsi della fame e i suoi tentativi di rubare un po' del cibo che Katya cucinava, ma la madre la rimproverava.

    «Vuoi diventare grassa come me?» era solita dirle. E quando l'aveva sorpresa a fissare Roman aveva commentato: «Niente ragazzi. Specialmente Roman Zverev. È solo una fonte di guai».

    «Non è vero» ribatteva lei. «Gli manca il suo gemello.»

    «Come no. Quello che ha picchiato.»

    «L'ha fatto solo perché Daniil non voleva farsi adottare e separarsi da lui. È stato l'unico modo per obbligarlo a partire.»

    «Non rispondermi» l'aveva rimproverata la madre e quella sera, a casa, aveva rincarato la dose. «Se vuoi avere successo nella danza scordati i ragazzi. Ti devi concentrare soltanto sul balletto.»

    Lei le aveva assicurato che non c'era nessun ragazzo, ma alcuni anni più tardi, lontana dall'orfanotrofio, aveva incontrato Roman... e lui era diventato un bellissimo uomo.

    Pronta a entrare in scena, Anya guardò i suoi portafortuna e li toccò uno per uno. Poi aprì una scatolina, senza però estrarre il pezzo di stagnola. Lo avrebbe fatto durante l'intervallo. Si limitò invece a scorrere il dito su una etichetta sbiadita.

    Era l'etichetta che aveva strappato dalla camicia di Roman quando avevano fatto l'amore per la prima volta. Accanto c'era un orecchino d'oro a forma di cerchietto.

    Si portò l'etichetta alle labbra e la baciò, riponendola poi nella scatolina.

    Qualcuno bussò alla porta informandola che era ora di andare in scena.

    Anya percorse il corridoio senza rispondere ai tanti auguri da parte di colleghi e personale. Non aveva amici. Il suo unico obiettivo era stato quello di raggiungere i vertici della danza e molti la ritenevano una donna fredda.

    E lo era. La regina di ghiaccio. Finché non iniziava a danzare.

    Mika la stava già aspettando. Indossava un costume rosso e un cappello su cui, presto, avrebbe attaccato una piuma che gli avrebbe dato l'uccello di fuoco. Si scambiarono un'occhiata d'intesa. E basta.

    La stampa insisteva che fossero una coppia. Mika aveva una certa reputazione con le donne e la loro alchimia sulla scena era tale che tutti davano per scontato che proseguisse anche fuori.

    Anya, in realtà, non era particolarmente vicina a nessuno. Un tempo lo era stata. Finché Roman non l'aveva lasciata c'erano state risate, passione e apertura verso il mondo.

    Ora non più.

    Il pubblico iniziò ad applaudire e lei si tolse lo scialle.

    «Merde» disse a Mika mentre lui recuperava arco e freccia, che avrebbe usato nella prima scena.

    In quel momento per Anya divenne il principe Ivan. Fece alcuni respiri profondi e ricacciò indietro un'ondata di nausea.

    Ancora dopo tutti quegli anni soffriva di paura da palcoscenico e più la sua carriera progrediva più quel sintomo peggiorava a causa della forte pressione che si sentiva addosso.

    Si mise in posa, respirò a fondo e a quel punto non fu più né Anya né Tatania, ma solo l'uccello di fuoco. Un lampo d'oro attraversò il palcoscenico, illuminato dalla luce, e lei sentì il pubblico sussultare.

    La vista dell'uccello di fuoco intrigò il principe Ivan, che si affrettò dietro un albero in attesa che l'uccello si preparasse a entusiasmare di nuovo gli spettatori.

    Il principe si nascose in giardino per catturare l'uccello di fuoco, intento a raccogliere un frutto d'oro.

    Mentre danzava, Anya pensò che l'uccello di fuoco fosse bellissimo. Così slanciato, esile e aggraziato. Pochi conoscevano la sofferenza che c'era dietro tanta bellezza e in quell'ultima rappresentazione lei diede tutta se stessa.

    Ancora una volta per Roman, l'uomo che aveva amato troppo.

    La loro relazione era durata solo due settimane, dopodiché lui l'aveva crudelmente lasciata. Per tanto tempo aveva creduto che fosse morto. Invece no. E non le aveva nemmeno mai detto che l'amava. Lo avrebbe rivisto ancora?

    Il principe Ivan catturò il suo uccello di fuoco e insieme cominciarono una serie di pas de deux.

    La compagnia si sarebbe trasferita a Parigi, dove era sicura che vivesse Roman.

    L'avrebbe cercata?

    Ivan la sollevò in alto, dopodiché rimase da sola sul palcoscenico.

    All'intervallo si chiuse nel suo camerino e trascorse i primi dieci minuti a riprendere fiato. Poi mangiò la seconda metà della banana e una barretta di cioccolato.

    Chiuse gli occhi ricordando la prima volta che l'aveva assaggiato.

    Diventata una ragazzina, la madre le aveva detto che non poteva più fare esercizi mentre i ragazzi mangiavano, così le aveva fatto mettere un grembiule e servire i pasti.

    C'erano due gemelli all'orfanotrofio, Roman e Daniil, che avevano un particolare talento per la boxe. Sergio, l'addetto alla manutenzione, li allenava insistendo che sarebbero diventati dei pugili famosi.

    Lei rideva e li prendeva in giro, sostenendo che era più in forma di loro.

    Era stata accettata in una scuola di danza prestigiosa, ma durante le vacanze tornava sempre a casa. All'orfanotrofio i due gemelli, Roman e Daniil, stavano sempre insieme ad altri due ragazzi, Sev e Nikolai. I quattro erano inseparabili.

    Gli assistenti li consideravano turbolenti, anche se non era vero. Almeno finché Daniil non era stato adottato da una ricca famiglia inglese.

    I due gemelli si erano picchiati e Roman aveva avuto la meglio.

    Ricordava ancora Daniil seduto in cucina mentre sua madre cercava di sistemargli la guancia che Roman gli aveva ferito durante la lotta.

    «Le ricche famiglie non vogliono i ragazzini brutti» gli aveva detto Katya.

    Lei era andata a recuperare la cassetta del pronto soccorso e si era accorta della confusione nello sguardo di lui.

    L'ha fatto solo perché Roman vuole ciò che è meglio per te, gli avrebbe voluto dire lei perché era evidente che Roman non fosse arrabbiato con suo fratello, ma aveva soltanto voluto fargli credere che avrebbe fatto più carriera nella boxe senza di lui.

    Dopo la partenza di Daniil Zverev il gruppo dei quattro amici si era dissolto.

    Sev aveva ottenuto una borsa di studio per una scuola prestigiosa.

    Nikolai, invece, era scappato e tutti erano convinti che si fosse gettato in un fiume. Di recente, però, avevano scoperto che era semplicemente fuggito.

    Solamente Roman era rimasto all'orfanotrofio e mangiava con il secondo turno, insieme ai ragazzi più problematici.

    Roman era bellissimo, con i capelli scuri e la pelle chiara. Spesso la cercava con lo sguardo.

    Lei era sempre stata consapevole della sua presenza. Persino nelle mattine più gelide, quando lui arrivava per la colazione, le sue guance avvampavano. La sera, quando gli serviva la cena, a volte le loro dita si sfioravano.

    Viveva per quei momenti e desiderava poter parlare davvero con lui, tuttavia non era possibile dato che era stato trasferito nell'ala dell'istituto dove stavano gli orfani più turbolenti.

    A volte cercava di convincersi che Roman provasse lo stesso trasporto nei suoi confronti... finché una volta le loro dita si erano sfiorate sotto il piatto e lui le aveva dato un pacchettino.

    Temendo che sua madre potesse accorgersene, si era affrettata a infilarlo nella tasca.

    Ma poi, non appena aveva potuto, lo aveva estratto e aveva visto che si trattava di una barretta di cioccolato.

    Come l'aveva ottenuta?, si era chiesta. E perché, invece di mangiarsela, l'aveva data a lei?

    Sua madre l'aveva scoperta mentre se la gustava e le aveva dato uno schiaffo, ma ne era valsa la pena. Non solo per il sapore, ma anche per il pensiero di Roman. Erano trascorsi tanti anni, eppure conservava ancora quel foglio di alluminio in cui era stato incartato il cioccolato. Sorrise al ricordo.

    Era arrivato il momento di tornare in scena. Avvolta nello scialle di sua madre, si ritoccò il rossetto e lasciò il camerino.

    Mentre danzava, librandosi in aria, Anya ripensò all'amante che l'aveva abbandonata senza

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