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Passato proibito: Harmony Destiny
Passato proibito: Harmony Destiny
Passato proibito: Harmony Destiny
E-book149 pagine2 ore

Passato proibito: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

L'ESTATE DEI SEGRETI - Vol. 1. Il ritorno in città di Donna Barrett è per Jake una vera folgorazione. Ricorda ancora quello che aveva provato quell'estate di quindici anni prima: il gusto del proibito, il sapore dei suoi baci e quelle carezze... Ma ricorda anche molto bene come lei gli abbia preferito il cugino Mac, e alcune ferite neanche il tempo può rimarginarle. Donna rivede tutto il suo passato negli occhi ardenti di Jake Lonergan. Un passato che avrebbe preferito dimenticare. Jake è un uomo dal fascino pericoloso, un ribelle che non vuole essere addomesticato. Proprio per questo lei gli deve stare alla larga. Una volta per tutte.

I romanzi della serie:

1) Passato proibito

2) La lunga estate calda

3) Sedotta in segreto

LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2016
ISBN9788858945476
Passato proibito: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Passato proibito - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Satisfying Lonergan’s Honor

    Silhouette Desire

    © 2006 Maureen Child

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-547-6

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Jake Lonergan non era abituato ad avere tanta gente intorno. Per quindici anni era stato un solitario, sempre in movimento da un posto all’altro, da una gara motociclistica all’altra. Non aveva stretto amicizie e non aveva tenuto i contatti con la famiglia.

    Così la vita era più semplice.

    E probabilmente avrebbe proseguito con lo stesso stile per altri quindici anni se non gli fosse giunta voce che il nonno, Jeremiah Lonergan, stava morendo. Il vecchio che lui tanto amava aveva fatto una sola richiesta: che i tre nipoti tornassero a casa per trascorrere un’ultima estate insieme.

    Jake era in Spagna quando aveva appreso la notizia e gli ci era voluto così tanto tempo, per tornare a Coleville, che temeva sarebbe arrivato troppo tardi, che avrebbe trovato il nonno già morto e sepolto e avrebbe perso la possibilità di dirgli addio.

    Solo quando era arrivato in California aveva scoperto che Jeremiah non stava affatto morendo; il vecchio aveva solo deciso di ingannare lui e i cugini, Sam e Cooper, perché tornassero al ranch da cui erano stati lontani per quindici anni.

    Jake strinse ancora di mezzo giro il dado sotto il fanale della motocicletta, quindi si alzò e stirò i muscoli della schiena. Guardò oltre le porte semichiuse del fienile, verso la casa al di là del cortile: tutte le finestre erano illuminate e il lieve mormorio delle voci e delle risate gli giungeva attraverso l’aria immobile.

    Rimase a fissare la casa per un lungo minuto, sentendosi un estraneo, come sempre. Colpa sua, naturalmente; ma, non appena quel pensiero gli sfiorò la mente, si corresse.

    «Non una colpa» borbottò a denti stretti, distogliendo lo sguardo dal luogo dove la sua famiglia era riunita senza di lui. «Una scelta

    Era al ranch, no? Era tornato nel posto che ancora perseguitava i suoi sogni, e aveva dato la sua parola che sarebbe rimasto per tutta l’estate. Era nel fienile perché aveva bisogno di un po’ di tempo, di spazio. Per pensare, e capire cosa fare.

    Lavorare sulla moto lo aveva sempre aiutato a ritrovare un minimo di pace, e poteva perdercisi per ore e ore. Ripose la chiave nella cassetta degli attrezzi, che sistemò quindi nel vano sotto la sella. Era sollevato che Jeremiah stesse bene; ed era stata una gioia rivedere Sam e Cooper. Ma tornare a Coleville era più duro di quanto avesse immaginato.

    Ed era diventato ancora più difficile mezz’ora prima, quando Jeremiah aveva fatto il suo grande annuncio. Il ricordo di quelle semplici parole gli faceva accelerare il battito cardiaco. Una collera improvvisa lo assalì e, insieme a essa, giunse inevitabile anche il rimpianto, un sentimento con cui aveva fin troppa familiarità.

    Lasciò vagare lo sguardo sulla penombra del fienile, sulla motocicletta, e poi si mise in moto. Doveva fare qualcosa. Non poteva restare fermo mentre il cervello girava a mille. Non poteva pensare mentre i ricordi gli vorticavano nella mente, minacciando di bloccargli il respiro.

    Scuotendo il capo, si precipitò fuori dal fienile, voltò a destra e continuò a camminare finché non fu a metà del cortile. Poi si fermò di colpo, come un uomo che non sa da che parte andare. La luce della luna riverberava da un cielo ricolmo di stelle, illuminando i campi che si estendevano su ciascun lato della casa.

    La sua mente correva, ripetendo a ciclo continuo l’annuncio-bomba di Jeremiah.

    Donna Barrett è tornata in città, e ha con sé il figlio di Mac.

    Jake riprese a camminare e si fermò solo davanti alla staccionata, aggrappandovisi come se ne avesse bisogno per restare in piedi.

    «Il figlio di Mac» sussurrò, la voce rotta mentre piegava la testa all’indietro a perdere lo sguardo sulle stelle lontane. Inalò a fondo, spingendo a forza l’aria fresca nei polmoni costretti. Il cuore che martellava, deglutì e abbassò lo sguardo sull’orizzonte familiare del ranch Lonergan. Jake ne conosceva ogni angolo: vi aveva trascorso tutte le estati della propria giovinezza, giocando e scorrazzando coi cugini. Quattro ragazzi Lonergan in cerca di guai. Fino a quell’ultima estate.

    Non poteva crederci. Quindici anni era rimasto lontano da Coleville. Quindici anni lontano da quel posto, dai cugini e dal nonno che amava. Perché non era stato capace di affrontare i ricordi di quell’ultima estate. Ora, scoprire che il passato era ancora più complicato di quanto avesse potuto pensare, era quasi troppo da digerire.

    Che lo volesse o no, lo stillicidio dei ricordi divenne un’onda di piena che gli invase la mente e i sensi prima che potesse impedirlo. Fissò gli occhi sull’oscurità intorno a sé, ma quello che vide fu soltanto il passato.

    Le giornate erano lunghe e il sole splendeva in un cielo metallico. Le estati duravano per sempre e non esisteva altra preoccupazione che vincere la quotidiana sfida al lago.

    E per Jake non era nemmeno una preoccupazione: vinceva sempre. Gli piaceva vincere, gli riusciva bene.

    Quell’ultima mattina, come sempre, si erano schierati sugli scogli del lago vicino al ranch. La gara era semplice: saltare il più lontano possibile nell’acqua gelida, e restare sott’acqua fin quando si riusciva.

    Saltavano a turno, i quattro ragazzi Lonergan. Jake era già risalito, i capelli lunghi che gli gocciolavano sul petto, e fissava la superficie del lago alla ricerca di bolle d’aria. La rabbia pronta a esplodere, aveva cominciato a imprecare tra i denti mentre aspettava che Mac tornasse a galla; il cugino aveva già eguagliato il suo salto in quanto a distanza, se fosse rimasto sott’acqua più a lungo l’avrebbe battuto.

    Dannazione.

    Sam era preoccupato, continuava a ripetere che avrebbero dovuto tuffarsi per aiutare il cugino, che non aveva mai tenuto il fiato tanto a lungo.

    «Dagli un altro minuto, Sam» aveva detto Cooper. «Vuole proprio battere Jake. E anche a me piacerebbe che vincesse. Mac sta bene. Smettila di fare la vecchietta.»

    «Ancora trenta secondi» aveva acconsentito Sam con un sogghigno. «Se continua così, batterà il record di Jake.»

    Jake strinse le mani con forza sulla staccionata e, così facendo, si conficcò una scheggia di legno nel palmo; la fitta di dolore lo riscosse dai ricordi; tanto meglio: non si divertiva a rivivere quel giorno. Anche se – e il cielo gli era testimone – lo rivedeva fin troppo spesso nei propri sogni.

    Le emozioni si affacciarono così velocemente che non riuscì nemmeno a identificarle tutte, ma sapeva che lo stavano strangolando. Sarebbe dovuto restare in casa e discutere della notizia data da Jeremiah. Ma cosa c’era da dire?

    Sapevano tutti cosa fare, non c’era niente da decidere.

    Mac aveva un figlio.

    Fine della storia.

    Proprio in quel momento la porta sul retro si aprì e ne uscirono Sam e Cooper. Impiegarono solo un secondo per individuarlo, e all’istante si diressero verso di lui.

    Jake rilasciò la stretta e si voltò per appoggiarsi alla staccionata. La scheggia gli bruciava nel palmo, ma incrociò le braccia sul petto e la ignorò mentre aspettava che i cugini lo raggiungessero. Una folata di vento alzò la polvere nell’aria, ma subito si sedò.

    Il cucciolo di golden retriever di Jeremiah, Sheba, si lanciò fuori dalla porta che si richiudeva lentamente e caracollò giù dagli scalini, rincorrendo Sam e Cooper, e gongolò di felicità quando il primo si chinò a raccoglierla sistemandosela nell’incavo del braccio.

    Jake rimase a fissarli mentre si avvicinavano. Si assomigliavano tutti. La nonna, la defunta moglie di Jeremiah, era solita ripetere che tutti avevano il marchio Lonergan: capelli e occhi scuri, mascella decisa e testa dura.

    Quanto gli erano mancati!

    I cugini, un tempo, erano stati vicini come fratelli, e i quindici anni in cui non li aveva frequentati erano stati i più desolati della sua vita. Eppure, non era proprio dell’umore adatto per parlare, nemmeno con loro.

    «Sono uscito per stare un po’ da solo» esordì, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.

    «Sì, be’» ribatté Sam sollevando il mento per evitare le leccate del cucciolo, «non sei solo. Perciò abituatici.»

    Non pensava di poterlo fare.

    Solo stava meglio. Era più facile.

    «Dobbiamo decidere cosa fare» iniziò Cooper.

    Ovvio che fosse Cooper a dirlo. Era sempre quello che cercava di programmare le cose; forse gli tornava utile per i suoi romanzi horror, che erano stati in cima alle classifiche negli ultimi anni ed erano probabilmente responsabili della metà degli incubi notturni degli americani.

    «Cosa c’è da decidere?» domandò Jake, scostandosi dalla staccionata e allargando le gambe in una inconscia posizione da combattimento. «Mac ha un figlio. Il ragazzo è un Lonergan. Uno di noi.»

    «Rilassati» intervenne Sam, mettendo per terra Sheba che subito cominciò a correre in circolo. Scosse il capo alle acrobazie del cucciolo, poi tornò a posare gli occhi su Jake. «Sto solo dicendo che secondo me non dovremmo precipitarci da loro per accogliere il ragazzo in famiglia.»

    «E perché no?» Jake si sentì assalire dalla collera, e tentò di controllarla. «Glielo dobbiamo. Lo dobbiamo a Mac.»

    «Dannazione, Jake!» sbottò Sam, «non

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