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Il capo e la governante: Harmony Collezione
Il capo e la governante: Harmony Collezione
Il capo e la governante: Harmony Collezione
E-book159 pagine3 ore

Il capo e la governante: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La governante Tara Fitzpatrick è sempre stata efficiente e professionale, almeno fino al giorno in cui il suo capo, il potente e tormentato milionario Lucas Conway, posa gli occhi su di lei. Da quel momento, niente nella vita di Tara sarà più uguale a prima.

È bastata una notte, soltanto una notte di debolezza... Tara ora è incinta di un uomo nel cui vocabolario non esiste il termine famiglia. Ma Lucas deve sapere la verità, così lei vola a New York per portargli la notizia che, spera, potrebbe cambiare la vita di entrambi. O distruggere soltanto la sua.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2020
ISBN9788830516809
Il capo e la governante: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Il capo e la governante - Sharon Kendrick

    successivo.

    1

    Lucas Conway osservò la bionda che gli stava di fronte e non provò niente, anche se aveva gli occhi rossi e le guance rigate di lacrime.

    Una vena cominciò a pulsargli alla tempia.

    No, non provava proprio niente.

    «Chi ti ha fatta entrare?» chiese gelido.

    «La... la tua governante» rispose la giovane cercando di trattenere i singhiozzi. «Quella con i capelli sempre in disordine.»

    «Non era autorizzata» affermò Lucas mentre si domandava come fosse possibile che un'attrice potesse essere così insopportabilmente fastidiosa nei confronti di qualcuno che, si dava il caso, le aveva fatto un gran favore. Ma le donne erano così... mai all'altezza della loro apparenza. Erano tutte sorrisi poi, quando si guardava sotto la superficie, vuote e superficiali. «Le avevo detto che non volevo essere disturbato.» Il tono era freddo. «Da nessuno. Mi dispiace, Charlotte, ma devi andartene. Non saresti mai dovuta venire qui.»

    Si alzò, perché adesso minacciava di esplodere quella furia che sobbolliva in lui da giorni. Anche se forse furia non era il termine corretto. Non rendeva l'idea della stretta al cuore che l'aveva colto quando, la settimana prima, aveva ricevuto la lettera. E neppure di quell'insolita sensazione di timore che aveva provato mentre la leggeva. Gli erano tornati in mente i ricordi del passato. Ricordi di disaccordi e di violenza. Cose cui non voleva più pensare, cose che si era imposto di dimenticare. Ma talvolta si era impotenti quando il passato riaffiorava...

    Le labbra erano serrate quando si alzò dalla scrivania, indifferente alla bellezza bionda che lo fissava con occhi supplici. «Ti accompagno fuori.»

    «Lucas...»

    «Charlotte, ti prego» disse con un tono che, data la situazione, sarebbe voluto essere compassionevole, ma che non lo era, perché lui non aveva idea di come fingere quel tipo di emozione. In passato non era forse stato accusato di essere incapace di mostrare qualsiasi tipo di emozione nei confronti di un'altra persona a meno che non fosse desiderio, che era pur sempre temporaneo? Trattenne un sospiro. «Non rendere il tutto ancora più difficile.»

    Annuendo lei abbassò le palpebre gonfie e mentre la accompagnava fuori dalla porta del suo studio, che si affacciava sulle acque della Dublin Bay, sentì l'aroma del suo costoso profumo. Ma dopo averlo seguito tirando su con il naso, lei fece un ultimo tentativo.

    «Lucas...» La voce era incerta. «Devo dirtelo perché è importante e tu devi saperlo. So che non c'è nessun'altra... mi sei mancato. Mi è mancato stare con te. Ciò che abbiamo condiviso è stato fantastico e io... ti amo...»

    «No» ribatté lui deciso, interrompendola prima che si umiliasse ancora di più. «Non è così. Non puoi. Non mi conosci per niente, e se mi conoscessi per davvero non ti saresti innamorata di me. Mi dispiace, non sono l'uomo adatto a te. Quindi vattene e cerca un uomo che lo sia. Qualcuno che abbia la capacità di volerti bene come meriti.»

    Lei aprì la bocca come per fare un'ultima supplica, ma probabilmente si rese conto dell'inutilità di un tentativo del genere perché annuì poi si avviò vacillando su quei tacchi assurdi verso la macchina sportiva. Lui rimase sulla porta e la guardò mentre se ne andava, un gesto che sarebbe potuto essere interpretato come una cortesia, ma che in realtà era per assicurarsi che lei se ne andasse sul serio con quella macchina color argento che, infatti, partì decisa schizzando ghiaia da tutte le parti.

    Alzò gli occhi al cielo. Erano giorni che il tempo era cupo e ora le nubi grigie facevano prevedere una tempesta in arrivo. Si augurò che fosse così. Forse avrebbe spazzato via quell'umidità opprimente che lo faceva sudare in continuazione. Chiuse la porta poi, ripensando all'ingerenza della governante, sentì di nuovo montare la collera.

    Sempre più infuriato, Lucas raggiunse la cucina e trovò Tara Fitzpatrick che sbatteva furiosamente qualcosa in una ciotola di rame con un frullino. Come entrò, lei alzò gli occhi e una ciocca di capelli le ricadde sul viso. Con uno sbuffo, la sistemò senza interrompere ciò che stava facendo. Perché diavolo non se li tagliava corti, così da non somigliare a un nido di uccelli?, si domandò Lucas disgustato. E perché insisteva a indossare quell'orribile grembiule mentre lavorava?

    «Allora se n'è andata?» gli chiese, lo sguardo fisso su di lui.

    «Sì, se n'è andata.» Sentiva crescere l'irritazione, e all'improvviso Tara gli parve la candidata ideale su cui sfogarsi. «Perché diavolo l'hai fatta entrare?»

    Lei esitò un attimo, interrompendo ciò che stava facendo. «Perché piangeva.»

    «Ovvio che piangesse. È una donna viziata, abituata ad avere tutto ciò che vuole, ed è questo che le donne come lei fanno quando non succede.»

    Tara aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi sembrò che cambiasse idea, tanto che il commento suonò come una mite constatazione. «Ma è con lei che usciva, Lucas.»

    «Ed era finita» bofonchiò lui. «Mesi fa.»

    Di nuovo quell'esitazione, come se facesse di tutto per essere diplomatica e Lucas pensò, non per la prima volta, che strana creatura fosse con quegli occhi color dell'ambra, la pelle candida e quella massa disordinata di capelli. Il corpo sottile dava l'impressione che da tempo non facesse un pasto decente.

    «Forse non le ha detto chiaramente che era finita» suggerì cauta, posando lo sbattitore a frusta accanto alla ciotola e massaggiandosi il polso come se le dolesse.

    «Non sarei potuto essere stato più chiaro» ribatté lui. «Gliel'ho detto in faccia, nel modo più gentile possibile, e ho persino aggiunto che un giorno saremmo anche potuti essere amici.»

    Tara scosse il capo.

    «È stato questo il suo più grave errore.»

    «Il mio più grave errore?» le fece eco, l'espressione minacciosa.

    «Certo. Si dà una speranza a una donna e questa vi si aggrappa come una scimmia che salta da un albero all'altro. Forse se lei non fosse così attraente» aggiunse allegramente, riprendendo a frullare con una violenza che mandò le uova a sbattere da una parte all'altra della ciotola, «le sue ex non si aggirerebbero qui intorno come cuccioli affamati.»

    Lui intuì la critica implicita e la tensione che lo tormentava già da qualche giorno esplose. «E forse se tu stessi al tuo posto, invece di comportarti come la padrona di questa mia dannata casa, prima di tutto non l'avresti fatta entrare» sbottò mentre, sempre più furioso, si avvicinava al bancone per prepararsi una tazza di caffè.

    Stare al suo posto?

    Tara smise di frullare mentre il rimprovero del suo capo era sostituito dal rumore del macinacaffè e sentì un nodo in gola, perché non le aveva mai parlato in quel modo... mai da quando lavorava per lui. Non con quell'impazienza come se lei costituisse un problema.

    Restituendogli lo sguardo deglutì per la confusione e sì, per la sofferenza... Si era forse illusa di essere immune alla sua leggendaria freddezza e a quella lingua che sputava parole affilate come una lama? Be', sì. Si era illusa. Ingenuamente aveva immaginato che poiché gli preparava i pasti, gli stirava le camicie e faceva in modo che il giardino fosse sempre fiorito, non l'avrebbe mai trattata con quell'aria di sufficienza con cui trattava gran parte delle donne. Che avesse un posto speciale nel suo cuore... quando era chiaro che Lucas Conway non aveva un cuore.

    E non era forse per questo che negli ultimi giorni era stato intrattabile e lo diventava sempre più con il passare delle ore? Da quando era stata consegnata quella lettera dall'aspetto ufficiale, spedita dagli Stati Uniti, e lui si era chiuso nel suo studio a lungo, prima di riemergere con uno sguardo frastornato che appannava il verde fantastico dei suoi occhi. Passò un cucchiaio di legno sul bordo della ciotola. Si disse che non se la sarebbe dovuta prendere per la sua arroganza e il suo cattivo umore. Forse c'era da aspettarselo quando uno era ricco come Lucas Conway... oltre a essere l'amante più ambito di tutta l'Irlanda, se si doveva dar credito a ciò che la gente raccontava di lui.

    Eppure ben pochi sapevano davvero qualcosa di quel multimilionario di Dublino. Persino Internet dava succinte informazioni e di questo Tara era certa perché poco dopo aver iniziato a lavorare per lui aveva fatto delle ricerche sul suo vecchio computer. Il suo accento non dava indicazioni, questo era poco ma sicuro. Decisamente non era irlandese e c'era una certa nota d'oltreoceano nella sua parlata sexy. Parlava diverse lingue... francese, italiano e spagnolo in modo fluente come l'inglese benché, a differenza di Tara, non conoscesse il gaelico.

    Si sussurrava che avesse fatto il fattorino in un hotel svizzero prima di giungere in Irlanda a fare fortuna, ma Tara non aveva mai dato credito a questa voce. Come se qualcuno come Lucas Conway avesse potuto lavorare come fattorino! Si diceva anche che avesse un'ascendenza sudamericana e con quei capelli scuri e i particolari occhi verdi che contrastavano in modo stridente con la pelle olivastra questo sarebbe anche potuto essere vero.

    Lo studiò mentre la macchinetta del caffè riempiva una tazza della sua miscela preferita. Aveva avuto più donne di quanti calzini avesse la maggior parte degli uomini nel cassetto. Era noto per la noia che provava ben presto. Il che spiegava perché avesse lasciato la splendida Charlotte quando lei, come tante altre in precedenza, si era rifiutata di recepire il messaggio che lui non aveva alcuna intenzione di sposarsi.

    Eppure questo non le aveva impedito di inviargli biglietti di San Valentino o di fargli avere per il suo compleanno una cassa di champagne. «Non apprezzo in modo particolare lo champagne» era stato il commento di Lucas quando, insieme a Tara, aveva aperto la cassa.

    Eppure pareva che non solo attrici e modelle sexy non ne avessero mai abbastanza di lui. Era simpatico anche agli uomini, e persino le vecchie signore riprendevano vita quando gli erano accanto. Ma Lucas Conway non si curava di tutta quell'adulazione. Dava l'impressione di osservare il mondo con l'obiettività di uno scienziato e benché non fosse proprio inaccessibile, di certo era una persona quasi impossibile da conoscere a fondo.

    Ma fino a quel momento l'aveva sempre trattata con rispetto. Come se contasse qualcosa. Non come se fosse solo una domestica con un cervello da gallina che lavorava in cucina. Il nodo in gola divenne più fastidioso. Qualcuna che non sapeva stare al proprio posto.

    Era così che la vedeva?

    Si umettò le labbra improvvisamente secche. Era così che si vedeva lei? La disadattata che veniva dalla campagna? La bambina che era cresciuta avvolta in quella nube di vergogna?

    Si disse di lasciar perdere. Di limitarsi ad annuire educatamente; Lucas se ne sarebbe andato via dalla cucina e tutto sarebbe stato dimenticato quando gli avesse servito il soufflé al formaggio per cena. Ma per qualche strano motivo non poteva lasciar perdere. Qualcosa la assillava e non capiva di che si trattasse. Era forse la strana atmosfera che si era creata nella casa da quando era arrivata quella lettera e lei aveva sentito imprecazioni soffocate provenire dal suo studio? O aveva qualcosa a che fare con quel tempo infame che rendeva l'aria pesante come piombo?

    Il cuore perse un battito perché forse il motivo era più semplice. Forse era stato l'aver visto qualcuna del villaggio che percorreva Grafton Street il giorno precedente mentre andava a fare shopping nelle sue ore libere.

    Lei aveva fatto un balzo quando l'aveva vista, e per la verità non passava certo inosservata. A scuola Mona O'Sullivan aveva sempre dato l'impressione di essere destinata a grandi cose, e le scarpe dal tacco vertiginoso e il soprabito di pelle erano indicativi di quanto il tutto si fosse avverato. Percorreva la via principale di Dublino, l'aspetto di chi non aveva un solo pensiero al mondo. All'anulare un brillante risplendeva come un trofeo e i capelli erano perfettamente acconciati.

    Tara si era rifugiata in un

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