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Carezze fra le dune (eLit): eLit
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Carezze fra le dune (eLit): eLit
E-book160 pagine3 ore

Carezze fra le dune (eLit): eLit

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Info su questo ebook

A volte dire la verità può costare molto, Frederica Sutton lo sa bene. Nel suo caso, infatti, confessare all’affascinante principe arabo Jaspar al-Husayn che lei è solo la cugina omonima della madre naturale di suo nipote significherebbe perdere il piccolo Ben. Dal primo istante in cui si incontrano, poi, l’attrazione reciproca cresce insieme ai sospetti di Jaspar. Tutto si complica quando lui, per garantire un futuro al bimbo, le fa una proposta shock: Sposiamoci.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2019
ISBN9788830503021
Carezze fra le dune (eLit): eLit
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    Carezze fra le dune (eLit) - Lynne Graham

    Immagine di copertina:

    RapidEye / E+ / Getty Images

    Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

    An Arabian Marriage

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2002 Lynne Graham

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-302-1

    1

    «È in gioco l’onore della famiglia!» La voce di re Zafir era sottile e stentata, ma un’indomita fierezza balenò nel suo sguardo quando lo rivolse al suo unico erede vivente. «Tu porterai a casa il figlio di tuo fratello Adil e farai in modo che cresca come si conviene al suo rango.»

    «Padre, con tutto il rispetto, il bambino ha una madre...» mormorò conciliante Jaspar.

    «Una meretrice non merita d’essere chiamata madre!» tuonò il re sollevandosi dal cuscino. «Una svergognata che balla fino all’alba mentre suo figlio in ospedale lotta contro la morte! Un’avida donnaccia...» Venne interrotto da un violento attacco di tosse e annaspò cercando di riprendere a respirare. In una frazione di secondo il suo staff medico si materializzò intorno a lui per somministrargli l’ossigeno.

    Jaspar, pallido e provato, ancora sconvolto per quella veemente esplosione d’ira che aveva causato l’attacco, teneva gli occhi fissi sui medici che circondavano suo padre, pregando dentro di sé che si riprendesse subito.

    «Vi supplico, altezza reale...» gli sussurrò Rashad, il più anziano e fedele consigliere del re, con le lacrime agli occhi. «Ditegli che accettate, senza altre discussioni.»

    «Non mi ero assolutamente reso conto che mio padre detestasse così profondamente le donne occidentali.»

    «Sua Maestà non le detesta. Ma... non avete letto il rapporto su quella donna?»

    Quando si rese conto che il sovrano si stava riprendendo dalla crisi, Jaspar tirò un sospiro di sollievo.

    «No» rispose. «Non l’ho letto.»

    «Ve lo porterò in ufficio, altezza» disse Rashad uscendo quasi di corsa dalla stanza.

    Una mano sottile sbucò dalle coperte del grande letto. Jaspar si avvicinò e si chinò per raccogliere le ultime parole che suo padre aveva da dire sull’argomento. «È tuo dovere, umano e cristiano, salvare mio nipote...»

    Rientrata l’emergenza, non appena i servitori ebbero sistemato comodamente tra i cuscini il regale paziente, Jaspar lasciò la stanza.

    Al suo passaggio, lungo l’interminabile corridoio, tutti i presenti si inginocchiavano e chinavano la testa in segno di rispetto per la sua recente ascesa allo stato di erede al trono. Jaspar serrò le mascelle con tutta la sua forza. Quel diritto era appartenuto per nascita al suo fratello maggiore, ma ora Adil era morto e la consapevolezza che non l’avrebbe mai più rivisto gli si piantò nel cuore come un pugnale.

    Jaspar sarebbe stato il prossimo re del Quamar, ma lui non era stato cresciuto per ricoprire quel ruolo. La morte di Adil aveva cambiato la sua vita in modo radicale. Aveva amato suo fratello anche se non erano mai stati veramente uniti. Del resto, aveva quindici anni più di lui ed era fatto di tutt’altra stoffa. In molte occasioni Adil si era riferito a lui chiamandolo il fratellino guastafeste. Purtroppo la smodata passione di Adil per il cibo e i sigari cubani l’aveva fatalmente condotto a una morte prematura.

    Un infarto l’aveva stroncato a soli quarantacinque anni.

    Nello splendido ufficio che ora gli apparteneva, Jaspar studiò a lungo un ritratto a olio del suo gioviale fratello e provò l’ennesima fitta di profondo dolore. Adil era stato anche un irriducibile dongiovanni. «Adoro le donne! Tutte...» gli aveva detto una volta, con uno dei suoi larghi, splendenti sorrisi. «Mia moglie, le mie ex mogli, le mie amiche... Ma perché dovrei limitarmi a una donna sola? Fratello, se solo fossimo musulmani, io avrei almeno cinque consorti e un harem di concubine! Hai mai pensato a come sarebbe stata la nostra vita se il nostro onorato antenato Kareem I, fondatore della dinastia, non fosse stato cristiano?»

    Adil assolveva con una certa insofferenza i suoi doveri di erede al trono. Appena gli era possibile, si imbarcava sul suo splendido yacht, il Beauteous Dreamer, e scorrazzava per il Mediterraneo con un nutrito seguito di giovani e gaudenti ragazze occidentali. Le chiacchiere sulla vita dissoluta del suo primogenito erano state motivo di notevole imbarazzo a corte, e re Zafir era esploso in violenti scoppi d’ira in più di un’occasione. Ma Adil era molto abile, e i suoi fedelissimi erano sempre riusciti a coprire ogni traccia delle sue imprese.

    A Jaspar sembrò una penosa ironia del destino che Adil, dopo aver fallito con le prime tre mogli, avesse avuto il tanto sognato figlio maschio fuori del matrimonio. Se legittimo, quel bambino sarebbe stato secondo in linea di discendenza per il trono, ma il difetto della sua nascita lo privava di questo diritto. Jaspar soffocò un sospiro. L’ultima generazione della famiglia reale al-Husayn aveva avuto scarsa fortuna nel procreare figli maschi.

    Adil aveva avuto solo figlie femmine, ma si era sempre dichiarato molto ottimista sul fatto che prima o poi sarebbe riuscito a generare il tanto agognato erede.

    E in effetti ce l’aveva fatta. Una donna inglese gli aveva dato un figlio maschio. Durante le ore tra il primo e il secondo fatale attacco di cuore, Adil aveva confessato al padre l’esistenza di quella creatura, sconvolgendolo.

    Com’era prevedibile, ritrovare il nipote era diventato subito un’ossessione per l’anziano sovrano, - prostrato dal dolore per la scomparsa del figlio - tanto che aveva avviato un’approfondita indagine per rintracciare la donna. La soluzione, però, si era rivelata meno facile del previsto. Per paura di uno scandalo che avrebbe provocato gravi ripercussioni in Quamar, Adil aveva fatto di tutto per non essere mai collegato a quella nascita e aveva abilmente fatto perdere ogni traccia del bambino.

    Era una faccenda spinosa e ora tutti sembravano persuasi che toccasse a lui risolverla, rimuginò Jaspar cupo, mentre Rashad entrava nello studio e depositava silenziosamente sulla sua scrivania un voluminoso fascicolo. Il vecchio re era troppo ammalato, e lui sapeva che non sarebbe mai riuscito a farlo riflettere sugli aspetti pratici del problema. Era convinto, però, che portare in Quamar il figlio di Adil senza la madre, chiunque fosse, sarebbe stato molto difficile, se non impossibile.

    «Sua Maestà ha suggerito una tattica per risolvere rapidamente la faccenda, altezza» annunciò Rashad tutto eccitato.

    Jaspar lo guardò aspettando educatamente che proseguisse. Non aveva molte speranze che si trattasse di buoni suggerimenti. Rashad aveva una devozione assoluta per il suo sovrano e avrebbe approvato qualunque cosa.

    «Mandiamo là un reparto speciale dell’esercito e rapiamo il bambino!» gli svelò con un barlume di autentico fanatismo negli occhi stanchi.

    Jaspar faticò a mantenere il controllo, indeciso se ridere o urlare. Prese un profondo respiro. A volte suo padre lo sbalordiva per la sua incapacità di accettare l’idea che esistesse una realtà diversa oltre i confini del Quamar.

    «In questo modo non si dovrà negoziare con quella donnaccia e il bambino potrà essere portato subito qui, ribattezzato e cresciuto come un membro della famiglia. Forse potremmo dire che è figlio di un lontano cugino» concluse Rashad, entusiasta del piano.

    Jaspar lo guardò in silenzio. Solo l’affettuoso ricordo delle tante ore passate a giocare con lui, quando era bambino, gli impedì di esplodere. Il vecchio consigliere non era certo un astuto stratega. Era evidente che il suo unico desiderio era assecondare l’amato sovrano, vero artefice di quella folle proposta. La malattia doveva aver offuscato il buon senso e la cautela di suo padre, pensò Jaspar esasperato.

    «Informa pure sua maestà che la situazione sarà risolta senza dover ricorrere a mezzi così estremi» gli comunicò con tono asciutto.

    «Sua Maestà... ha paura di morire prima di poter conoscere il bambino» gli confidò Rashad commosso.

    Jaspar ne era perfettamente consapevole, ma era anche sicuro che suo padre avrebbe recuperato la salute solo se si fosse liberato di quella rabbia sorda e avesse smesso di pensare alla morte. Aprendo il fascicolo, Jaspar si era aspettato di vedere la fotografia di una brunetta dalle gambe lunghe del tipo che suo fratello trovava irresistibile, invece non c’era alcuna foto né della madre né del figlio. Forse il detective, ansioso di consegnare il suo resoconto, non aveva voluto perdere tempo in inutili dettagli.

    Iniziò a leggere lentamente il rapporto.

    La madre del bambino si chiamava Frederica Sutton, nota come Erica. Sua madre aveva abbandonato lei e suo padre poche settimane dopo aver messo al mondo altre due figlie gemelle. A diciott’anni, Erica era scappata per sposare un vicino di casa, ma quell’unione non era durata a lungo. Ufficialmente faceva la modella, ma aveva lavorato molto poco per dedicarsi a più proficue relazioni con facoltosi uomini sposati.

    Quando era nato il bambino, nessuna delle persone vicine a Erica aveva avuto la più pallida idea di chi potesse essere il padre, tuttavia era stato subito evidente che, grazie a quel figlio, aveva raggiunto il benessere economico. Infatti si era trasferita in un lussuoso appartamento e aveva iniziato a vivere in grande stile, tra feste e ricevimenti...Mentre Jaspar studiava il fascicolo, i bei lineamenti del suo viso, severi per natura, si indurirono ancora di più. Era turbato da quanto aveva letto, e finalmente cominciava a comprendere la rabbia e la preoccupazione di suo padre. Adil aveva scelto la strada più facile per uscire da una situazione imbarazzante, lasciando suo figlio nelle mani di una donna opportunista e immorale, oltre che priva del minimo senso materno.

    Disgustato, Jaspar gettò i fogli sulla scrivania.

    Non aveva più dubbi: era suo preciso dovere portare via il nipote da quella casa indegna. Lo consolava solo il fatto che, sempre stando al rapporto che aveva appena letto, una babysitter molto attenta curava e proteggeva quotidianamente il bambino dagli eccessi di sua madre. In ogni caso si trattava di una dipendente, per cui licenziarla non sarebbe stato un problema.

    Doveva intervenire subito, decise Jaspar sempre più scosso: suo nipote correva gravi rischi sia fisici che psicologici.

    Suo padre aveva parlato da uomo saggio... Jaspar si pentì di aver preso in scarsa considerazione le parole di rabbiosa condanna che aveva rivolto alla madre del bambino. La sola cosa che restava da fare era portarlo nel Quamar, con qualsiasi mezzo. Comunque, pensò Jaspar concedendosi un amaro sorriso, non ci sarebbe stato bisogno di un attacco armato che avrebbe scatenato una bufera diplomatica.

    Frederica Sutton, che fin dall’età di otto anni si faceva chiamare Freddy, rilesse per la terza volta la lettera che aveva ricevuto dalla Svizzera e poi la porse alla donna con i capelli grigi che le stava accanto in silenzio. «E adesso che cosa faccio?» chiese, sull’orlo delle lacrime.

    Inforcando gli occhiali, che le conferivano l’aria di un’insegnante in pensione, Ruth lesse rapidamente le poche righe. «Be’, mi sembra chiaro! Non puoi più contare su questa risorsa.»

    «La mia sola risorsa» precisò Freddy sconsolata. Sapeva che il deposito in Svizzera, dal quale sua cugina Erica aveva ricevuto cospicui e regolari versamenti mensili per se stessa e per suo figlio, rappresentava l’unica fonte di reddito su cui lei avrebbe potuto contare.

    Così, dieci giorni prima aveva scritto all’istituto bancario, spiegando le circostanze e chiedendo di essere messa in contatto con la persona che aveva predisposto quel piano di pagamento a favore di Erica. La risposta era appena arrivata, chiara e concisa: l’obbligo della privacy impediva alla banca di accogliere la sua richiesta. Si dichiaravano dolenti e, insieme ai formali saluti di rito, l’avvertivano che qualunque altro tentativo da parte sua di ottenere informazioni riservate si sarebbe rivelato una perdita di tempo.

    «Non è colpa tua se il padre di Ben non ha previsto che ci fosse la reale necessità di contattarlo» commentò Ruth Coulter. «Avrà chiesto alla banca di non essere identificato da terzi per nessun motivo e comunque... chi avrebbe potuto immaginare

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