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Alla scoperta di Milano sotterranea
Alla scoperta di Milano sotterranea
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E-book698 pagine8 ore

Alla scoperta di Milano sotterranea

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Info su questo ebook

Passaggi segreti, cripte, gallerie, labirinti e cunicoli tutti da esplorare

Questo libro si concentra su cosa rimane, in alcuni quartieri di Milano, di fontanili, torrenti, fiumi, rogge, canali, laghetti e darsene. Ma non solo. Si sofferma sul racconto delle opere militari che hanno difeso la città fin dai suoi tempi più remoti, come le stesse hanno modificato il tessuto urbano e quali si possono ancora visitare. Contiene precise indicazioni per giungere in ipogei silenziosi dove si celebravano riti prima pagani e poi cristiani, sepolcreti e cripte. Il punto di vista privilegiato da questa guida è quello sotterraneo, un invito a guardare la città dal basso: dai posteggi sotterranei alle linee metropolitane che hanno sventrato Milano, cementificandola fin nel profondo. Ci caleremo nelle sue viscere, esplorando e documentando quella che fu una delle più interessanti e meglio architettate vie d’acqua del Medioevo e del Rinascimento italiano ed europeo. 

Nel ventre della città per documentare cosa resta di un immenso patrimonio architettonico a uso civile e militare

Tra i luoghi del libro

• l’oro fantasma
• le acque del passato
• cemento armato contro bolidi d’acciaio
• passeggiate nel tempo passato: visite agli scavi archeologici
• le opere di uso militare
• a piedi o in bicicletta per … “Milano sotterranea”
• sotterranei leggendari
• silenziosa popolazione sotterranea
• architetture da combattimento
• passaggi segreti del castello nell’immaginario popolare
• dai celti a Leonardo da Vinci
• Milano costruisce un acquedotto moderno
Ippolito Edmondo Ferrario
Nato nel 1976, vive e lavora a Milano dove si occupa dell’organizzazione di eventi e di comunicazione. È stato giornalista e ha collaborato a quotidiani, mensili e settimanali.
Gianluca Padovan
è nato a Verona, da lungo tempo abita a Milano e da più di trent’anni si occupa di speleologia, archeologia del sottosuolo e architetture fortificate. Ha pubblicato saggi a carattere storico e speleologico. Insieme a Ippolito E. Ferrario ha scritto Milano sotterranea, Milano esoterica e Alla scoperta di Milano sotterranea, pubblicati dalla Newton Compton.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2018
ISBN9788822720405
Alla scoperta di Milano sotterranea

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    Anteprima del libro

    Alla scoperta di Milano sotterranea - Ippolito Edmondo Ferrario

    INTRODUZIONE

    Tra il xx secolo e questa manciata d’anni del xxi il patrimonio architettonico artistico e culturale lombardo ha subito le negative ripercussioni tanto del rapido sviluppo economico e quindi urbano, quanto della conseguente indotta recessione. E questo senza contare i disastrosi effetti di cinque anni di guerra, tra il 1940 e il 1945.

    Allo stato attuale, come si osserva soprattutto nell’area milanese, ogni mese porzioni di terreno che hanno un potenziale archeologico sono interessate da lavori edili. Così cancellate, si perdono importanti testimonianze che potrebbero documentare il vissuto dagli albori della Storia all’epoca della dominazione romana. Ma, soprattutto, si perdono gli elementi del tessuto medievale e di quello rinascimentale della città.

    Cosa fare?

    In primo luogo occorre capire che non tutto si può salvare perché la città deve pur continuare a vivere e strade, palazzi, servizi primari come l’erogazione dell’acqua potabile, l’impianto fognario e la distribuzione dell’energia elettrica, devono mantenersi al passo coi tempi.

    Certamente le testimonianze materiali del passato, che emergono dagli scavi per la costruzione delle nuove architetture e dei servizi urbani, sono quasi sempre destinate a essere cancellate. Altrettanto certamente occorre studiarle a fondo e divulgare i risultati degli studi affinché se ne mantenga almeno la memoria.

    Un discorso a parte verte sulle cave: quello che è fatto è fatto, non si torna indietro. Hanno inciso il territorio, sono state fonte di problemi d’inquinamento, ma oggi quasi tutte sono state o cancellate o trasformate in parchi. L’importante è che non se ne aprano di nuove.

    Detto questo guardiamo ai lacerti delle architetture del passato che ancora emergono punteggiando la città e chiediamoci che cosa ci sia sotto. Già, perché sappiamo bene che spesso basta operare dei semplici sterri per riportare in luce vestigia che meritano di essere valorizzate.

    E poi il sottosuolo urbano conserva ancora una miriade di spazi ipogei che da soli possono comporre una vera e propria Milano Underground.

    Questo libro è una guida a quello che siamo riusciti a individuare sia a seguito delle operazioni di Speleologia in Cavità Artificiali, sia semplicemente passeggiando per la città con occhio più attento dell’usuale.

    Abbiamo operato una scelta dei luoghi visitabili anche solo dall’esterno e li abbiamo evidenziati, strutturandoli per schede, affinché possiate individuarli immediatamente durante la lettura. Nel testo incontrerete quindi 200 schede su manufatti che a nostro avviso meritano di essere ricordati.

    La guida ai sotterranei meneghini che avete in mano serve anche e soprattutto a farvi riflettere sul grande patrimonio architettonico e culturale che troppo spesso calpestate ignari. Abbiamo segnalato anche i luoghi che risultano chiusi al pubblico e che abbiamo potuto visionare in qualità di speleologi dopo avere ottenuto le debite autorizzazioni. Invitiamo pertanto i lettori a non tentare mai esplorazioni improvvisate e non autorizzate in quanto tali luoghi sotterranei, al di là del fascino che possono avere, nascondono spesso insidie e pericoli per la salute, oltre a essere proprietà private. Accontentatevi di scoprirli attraverso queste pagine.

    1. IL SOTTOSUOLO URBANO

    Morfologia del sottosuolo milanese

    Prima di entrare nel merito e nello specifico delle opere dell’uomo che hanno modificato il territorio, occorre accennare alla morfologia dello stesso. Quello milanese è certamente un territorio caratterizzato da una grande abbondanza di acque che sono sempre state sfruttate per i vari fabbisogni.

    I sedimenti che ne caratterizzano il sottosuolo sono di tipo fluvio-glaciale: negli strati più superficiali abbondano i materiali di tipo ghiaioso e sassoso che scendendo in profondità diventano più fini da un punto di vista granulometrico. Questa tipologia di terreno condiziona naturalmente le riserve idriche sotterranee. Man mano che si scende nel sottosuolo il terreno e gli strati diventano naturalmente sempre meno permeabili e gli strati più isolati.

    Tale conformazione ha permesso di sfruttare le risorse idriche sotterranee che risultano depurate naturalmente nel loro percorso che dalla superficie le porta a giungere in profondità.

    Fino a 100 metri di profondità ci sono le falde che rientrano nel cosiddetto Acquifero Tradizionale. Si tratta degli strati che sono stati sfruttati maggiormente, più permeabili agli apporti irrigui provenienti dai corsi d’acqua e anche dalle contaminazioni di vario tipo.

    Pertanto l’approvvigionamento idrico della città, per ovvie ragioni, nel tempo è andato a captare le acque sempre più in profondità, sia grazie alle nuove tecnologie, sia per intercettare le acque migliori e più pure.

    Attualmente si adotta il seguente schema formato da orizzonti permeabili acquiferi, che sono separati tra loro da orizzonti impermeabili composti da limo e argilla:

    – il primo acquifero, fino ai 40 metri di profondità, trattiene le acque più superficiali per i suoi strati fortemente permeabili;

    – il secondo acquifero, la cui profondità varia dai 30-40 metri fino ai 100 metri, ha gli strati costituiti da materiali di media e alta permeabilità;

    – il terzo acquifero, la cui profondità inizia dai 100 metri per arrivare ai 200 metri e oltre, ovvero quello delle falde più profonde, è caratterizzato da strati di materiali di media e bassa permeabilità.

    Vale la pena accennare brevemente, visto che si parla di acque sotterranee e di falda, ai fattori legati a quest’ultima e alle sue variazioni che condizionano la vita della città. Naturalmente l’abbondanza di acqua a pochi metri dal piano di calpestio, dal punto di vista speleologico, non ha facilitato la presenza di vasti ipogei come quelli che si posso trovare in altre città d’Italia, dove magari il terreno è principalmente costituito da formazioni tufacee. Questo fatto però non ha neppure impedito che venissero costruite cavità artificiali in determinate zone della città.

    La falda milanese vive in simbiosi con la città, con il suo fabbisogno idrico. Le acque sono talmente abbondanti che per tenerle sotto controllo è necessario che i milanesi usino le risorse idriche e a volte anche questo non basta. In questi ultimi decenni si è assistito a un netto innalzamento della falda nella zona sud della città, in quartieri quali Forlanini, Ponte Lambro, Santa Giulia ecc., che ha portato a pesanti infiltrazioni e allagamenti nelle cantine e nei box delle case, senza contare le infiltrazioni che hanno interessato anche alcune tratte della metropolitana.

    Il mistero dell’innalzamento della falda è presto svelato. Con la dismissione di molte industrie un tempo presenti nella zona e che attingevano alla falda tutto è cambiato e la falda segue inoltre un andamento naturale da nord a sud che non fa altro che peggiorare tale situazione. In molte zone la falda è arrivata a tre metri dal piano di campagna e la tendenza sembra irreversibile. Si è calcolato che negli ultimi venticinque anni la falda è risalita verso la superficie di ben 5,7 metri, circa 22 centimetri l’anno. Secondo una media matematica il territorio milanese risulta essere a quota 105 metri s.l.m., mentre la falda oggi è attestata a 100 metri s.l.m. circa. Tra i vari interventi attuati per mantenere all’asciutto la città ci sono attivi ben 93 pozzi di compensazione che prelevano acqua e la immettono nel sistema delle acque reflue per mantenere il livello della falda sotto controllo nelle zone più a rischio.

    Il mondo sotterraneo: una discreta varietà d’ipogei

    La ricerca e lo studio delle opere sotterranee ci ha fatto comprendere che queste sono molteplici, anche in una città di pianura come Milano.

    Queste opere realizzate dall’essere umano sono state denominate cavità artificiali per distinguerle dalle grotte, ovvero dalle cavità naturali¹. Ora vediamo che cosa siano nello specifico.

    In primo luogo la cavità artificiale per eccellenza è l’opera architettonica ottenuta mediante l’asportazione, nel suolo e nel sottosuolo, di terreno o di roccia con l’intento di realizzare un ambiente sotterraneo avente almeno due pareti, una volta e un piano di calpestìo destinato a una specifica funzione. La cavità artificiale può autosostenersi se scavata nella roccia, data la compattezza di questo materiale. In caso contrario, se scavata in un terreno incoerente come quello di Milano, può essere dotata di strutture di contenimento, o portanti, e rivestita nell’intento di renderla adeguata alle caratteristiche richieste. Basti pensare alle classiche cantine, alle cripte, ai rifugi antiaerei, oppure a taluni canali sotterranei.

    Ma la cavità artificiale è anche e soprattutto il semplice scavo del terreno praticato per realizzare un canale irriguo, un bacino artificiale, oppure il frutto dello scavo per estrarre argilla o sabbia, ovvero la semplice e comunissima cava. Cavità artificiali sono innanzitutto le opere estrattive, ovvero le miniere.

    Come si può immaginare la varietà delle cavità artificiali, denominate anche opere ipogee, è decisamente ampia e ogni ambiente ha o aveva una sua specifica funzione. Abbiano quindi pensato che per poter meglio comprendere e studiare le opere ipogee fosse bene classificarle in base alla loro tipologia, ovvero le abbiamo suddivise in tipi. Se andate al supermercato ne avrete un chiaro esempio e non siate stupiti dal paragone. Gli scaffali d’una corsia contengono tutti i condimenti: le salse di pomodoro, i sughi, i ragù. In un’altra corsia avrete vari tipi di pasta e in quella successiva i prodotti per la pulizia della casa. E così via. Visto e studiato un ipogeo, si può andare a collocarlo nel suo apposito scaffale e confrontarlo agevolmente con gli altri.

    Certamente a Milano esiste ogni tipologia di cavità artificiale, ma come vedrete non tutte le sotto-tipologie sono rappresentate. Ovvero, tornando al supermarket, se uno scaffale contiene il necessario per la colazione e la merenda, vediamo che i tipi di confezioni dei biscotti e delle merendine sono molteplici, ma quelli esposti non sono tutti quelli esistenti in commercio.

    Occorre poi considerare che un’opera non è sempre il frutto di un intervento unico e può risultare rimaneggiata e ampliata nel corso del tempo. Inoltre non sempre ha mantenuto l’iniziale destinazione d’uso e, ad esempio, una cantina è stata trasformata in rifugio antiaereo oppure in un garage. Ma non è tutto, perché talune architetture, pur non essendo propriamente sotterranee, come già detto a proposito di cave e canali, possono rientrare nella categoria delle cavità artificiali.

    Opere da considerare cavità artificiali

    A questo punto diciamo che si possono considerare e censire come cavità artificiali le opere sotto elencate:

    A. Opere architettoniche che s’inoltrano nel suolo e nel sottosuolo.

    B. Opere costruite all’interno di trincee e coperte a lavoro ultimato come, ad esempio, taluni acquedotti oppure alcune opere difensive.

    C. Opere realizzate a cielo aperto e successivamente dotate di copertura come, ad esempio, i corsi d’acqua e i canali artificiali dotati di volta, sia questa coeva o posteriore all’impianto idraulico stesso.

    D. Opere costruite fuori terra e successivamente ricoperte sia artificialmente sia in seguito a eventi naturali, come ad esempio uno smottamento di terreno.

    E. Particolari ambienti come casematte e opere di mina e contromina, realizzati generalmente nelle costruzioni militari all’interno degli alzati, oppure ricavati successivamente mediante lo scavo in rottura di muro.

    F. Cavità naturali interessate dall’attività estrattiva, le così dette grotte-miniere.

    G. Cavità naturali antropizzate, ovvero le grotte che recano tracce di ampliamento o di semplice adattamento per mano umana.

    H. Ogni scavo del suolo e del sottosuolo che rimane a giorno, come cave, canali, bacini artificiali ecc.

    Le tipologie delle cavità artificiali

    Ora qualcuno di voi si starà chiedendo perché mai le cavità artificiali destino così tanto interesse, per non dire fascino. Il sottosuolo è certamente legato a miti e leggende, il buio terrorizza alcuni, ma per lo più suscita curiosità e desiderio d’andare a scoprire che cosa celi. Stando con i piedi per terra si può senz’altro affermare che l’Italia sia uno scrigno di testimonianze storiche, architettoniche, archeologiche ed esiste un mondo sotterraneo, frutto di attività economiche e sociali, di vita quotidiana e di cultura, che generazioni di maestranze di cavatori e muratori hanno lasciato a testimonianza del proprio passaggio. Così come ha costruito in superficie, nel corso del tempo l’essere umano ha perforato il sottosuolo creando spazi e lasciando architetture sostanzialmente integre, leggibili e pertanto studiabili, recuperabili e talora fruibili. In pratica ha creato veri e propri mondi sotterranei.

    Le tipologie dei nostri ipogei, con la varietà delle forme create, risultano tra le più interessanti che in Europa si possa rinvenire. L’affermazione non è né azzardata né tantomeno di sapore campanilista e ve lo dimostriamo subito. Nell’arco dei soli ultimi tremila anni sul nostro territo si sono avvicendate culture che hanno lasciato tangibili tracce architettoniche, oltreché culturali. Gli etruschi, legati al mondo ctonio, hanno lasciato innumerevoli e uniche opere come le vie cave, necropoli con tombe dipinte, pozzi, cisterne anche monumentali, nonché ampi vuoti minerari dovuti all’asportazione del minerale utile. Greci e romani, anch’essi maestri d’idraulica, hanno scavato acquedotti ipogei e monumenti sotterranei. I Nur, gli antichi sardi, hanno costruito alcuni pozzi sacri ancora oggi oggetto di studi e le caratteristiche domus de janas. I celti hanno senz’altro sfruttato suolo e sottosuolo nell’attività mineraria, tant’è che Plinio il Vecchio definì i loro scavi come opera di Titani. E questo solo per citare le maggiori evidenze. Nel campo dell’architettura militare si può ricordare che la fortificazione bastionata è italiana e le opere difensive hanno interessato anche il sottosuolo.

    Parlando delle città è quasi obbligatorio menzionare Napoli, la patria delle cavità artificiali scavate nel tufo, con chilometri di cave sotterranee, acquedotti, cisterne e rifugi antiaerei ricavati anche dall’adattamento di opere preesistenti. Milano è l’eccellenza in fatto di canali, poi coperti, ma conserva anche numerose cripte e rifugi antiaerei ricavati soprattutto nelle cantine. E certamente a Milano sono presenti, come già detto, tutte le tipologie degli ipogei, ma non tutte le sotto-tipologie. Intanto, ecco l’elenco tipologico delle cavità artificiali.

    1. opere di estrazione

    cava, miniera.

    2. opere idrauliche

    2 a. presa e trasporto delle acque

    acquedotto, canale artificiale sotterraneo, canale artificiale voltato, condotto di drenaggio, cunicolo di deflusso, corso d’acqua naturale voltato, emissario sotterraneo, galleria filtrante, pozzo di collegamento.

    2 b. perforazioni ad asse verticale di presa

    pozzo artesiano, pozzo a gradoni, pozzo a scalinata, pozzo graduato, pozzo ordinario, pozzo ordinario a raggiera.

    2 c. conserva

    cisterna, ghiacciaia, neviera.

    2 d. smaltimento

    fognatura, pozzo chiarificatore (o biologico), pozzo di drenaggio, pozzo nero, pozzo perdente.

    3. opere di culto

    cripta, eremo rupestre, eremo sotterraneo, favissa, luogo di culto rupestre, luogo di culto sotterraneo, mitreo.

    4. opere di uso funerario

    catacomba, cimitero, colombario, domus de janas, foiba, mausoleo, morgue, necropoli, ossario, putridarium, tomba.

    5. opere di uso civile

    abitazione rupestre, abitazione sotterranea, apiario rupestre, butto, cantina, carcere, camera dello scirocco, colombaia, cripta, criptoportico, diurno, frantoio ipogeo, fungaia, galleria ferroviaria, galleria pedonale, galleria stradale, granaio a fossa, grotta artificiale, grotta tamponata, insediamento rupestre, insediamento sotterraneo, ipogeo a fossa, magazzino, ninfeo, palmento ipogeo, polveriera, sotterraneo, strada in trincea, Tempio della Notte.

    6. opere di uso militare

    bastione, batteria, batteria corazzata, batteria in caverna, blocco, blockaus, bunker, capponiera, casamatta, caverna per proiettore, cofano, contromina, corona e covalo, cupola, flack tower, forte, fossato, galleria, galleria di controscarpa, galleria di demolizione, galleria stradale, grotta di guerra, grotta fortificata, magazzino, malloppo, mina, mina di demolizione, opera in caverna, opera Tipo 7000, osservatorio in caverna, polveriera, pozzo alla Boule, pusterla, ridotta, ridotto, rifugio anti bombardamento, rifugio antiaereo, rifugio per sommergibili, ringstände, riservetta, rivellino, sotterraneo, tobruk, traditore, traversa, trincea.

    7. opere non identificate

    opere di cui s’ignora l’esatta funzione.

    1 Gianluca Padovan (a cura di), Archeologia del sottosuolo. Lettura e studio delle cavità artificiali, British Archaeological Reports, International Series 1416, Oxford 2005.

    2. LE OPERE DI ESTRAZIONE

    Tra cave e miniere

    La Scienza Mineraria è rivolta a individuare e a sfruttare i giacimenti utili all’attività umana, esistenti alla superficie e nel sottosuolo della Terra, applicando la gran parte delle scienze nel conseguimento del risultato. È stata anche chiamata arte mineraria perché richiede non solamente la conoscenza, ma anche una particolare attitudine per risolvere al meglio i molteplici fattori che s’incontrano nello scavo del sottosuolo.

    Detto questo, vediamo che i tipi di opere estrattive sono sostanzialmente due: la cava e la miniera. Con il primo termine s’indicano le coltivazioni di rocce incoerenti e coerenti, con il secondo quello di minerali utili.

    Le opere di estrazione sono quindi il risultato di operazioni di ricerca destinate alla coltivazione del minerale o della roccia utili e con la parola coltivazione si indicano i lavori con i quali tali materiali vengono estratti o, meglio, coltivati.

    Le coltivazioni possono avvenire sia a cielo aperto sia nel sottosuolo, anche utilizzando contemporaneamente entrambi i sistemi, perché non di rado vi sono cave e miniere a giorno che si sviluppano successivamente in profondità.

    La natura e la giacitura di ciò che s’intende estrarre, la sua dislocazione, l’organizzazione dei cantieri e il sistema con cui si procede all’estrazione, determina il metodo di coltivazione. Si consideri che in tempi recenti la scelta di aprire solo cantieri sotterranei viene dettata anche dall’impatto ambientale che altrimenti si causerebbe coltivando a giorno e quindi asportando ampie porzioni di suolo.

    Le coltivazioni a giorno si distinguono a seconda della loro collocazione e tralasciando le coltivazioni in falda abbiamo: coltivazioni di pianura e coltivazioni di monte (pedemontane, a mezza costa, culminali), suddivise tra coltivazioni di materiali incoerenti e coltivazioni di materiali coerenti, quest’ultima a sua volta suddivisa a seconda che si voglia una forma regolare o irregolare del prodotto.

    A seconda di cosa e di come si estrae avremo quindi vari tipi di coltivazione, tenendo presente che uno o più tipi possono essere adottati in un medesimo impianto. In linea di massima possiamo avere:

    coltivazione a uno o più gradini: per materiali sciolti o poco coerenti, come ghiaia e sabbia, e in cave d’argilla;

    coltivazioni a gradini: applicabile, generalmente, in ammassi affioranti o poco profondi;

    coltivazione ad anfiteatro: generalmente per cave di lapidei, tenute a gradini e a forma d’anfiteatro;

    – inoltre: coltivazione a gradone unico o a fronte unico, coltivazione a gradini o a gradoni multipli, coltivazione a fossa, coltivazione a gradini con trasporti sotterranei ecc.

    Per semplicità d’esposizione si può dire che le coltivazioni in sotterraneo siano generalmente costituite da cavità con le seguenti funzioni: accesso, circolazione, cantiere. L’accesso avviene attraverso pozzi verticali, pozzi inclinati, discenderie, gallerie a mezza costa; da queste si diramano le gallerie di carreggio principali dalle quali si staccano le gallerie di carreggio secondarie conducenti ai cantieri di coltivazione. I metodi di coltivazione in sotterraneo sono molteplici e la loro articolazione è spesso complessa, soprattutto nelle miniere di età industriale.

    Vista la composizione del terreno geologico di Milano possiamo trovare solo innumerevoli cave di ghiaia, sabbia e argilla. Tralasciando quindi le miniere (ma solo per poche pagine) parliamo ora delle cave, accennando anche a quante di esse siano state recuperate a verde pubblico in questi ultimi decenni.

    Con il termine di cava s’indica tanto lo scavo del materiale utile per le costruzioni civili quanto, per estensione, il luogo di lavoro che può essere sia a cielo aperto sia nel sottosuolo. Abbiamo cave di materiali incoerenti (ghiaie, sabbie, pozzolane ecc.) e di rocce di origine magmatica (graniti, dioriti, porfidi, basalti ecc.), sedimentaria (conglomerati, arenarie, calcari, tufi ecc.) e metamorfica (gneiss, marmi, scisti, skarn ecc.).

    Si distinguono in cave a cielo aperto, a loro volta suddivise a seconda del metodo consentito dal tipo di roccia e dalla sua giacitura, e cave in sotterraneo. A noi interessa innanzitutto il primo tipo, ma di certo il secondo potrebbe riservare interessanti sorprese.

    Le cave costituiscono un innegabile e dannoso impatto ambientale, senza contare quanti siano i casi in cui hanno intercettato o cancellato cavità naturali e artificiali, o demolito parzialmente o totalmente insediamenti o edifici d’interesse archeologico, storico e architettonico.

    Partiamo da un testo assai interessante pubblicato nel 1973 dal Comitato coordinatore per le acque della Provincia di Milano: Indagine sulle zone umide in Provincia di Milano. Sul finire del boom economico degli anni Sessanta già si pensava di rimediare ai danni provocati al territorio dall’industrializzazione sfrenata, ma pure dallo sfruttamento selvaggio per estrarre materiale da costruzione: ghiaia e sabbia. Nella Relazione tecnica leggiamo:

    In questo ultimo secolo, lo sfruttamento della natura da parte dell’uomo è stato condotto in modo indiscriminato: l’uomo ha sacrificato allo sviluppo industriale e tecnologico le acque, l’aria, il verde e, complessivamente, la bellezza del paesaggio naturale ed umano, e la sopravvivenza di numerose specie animali. Ma ora l’uomo ha capito che, per vivere, ha bisogno, oltre che di beni di consumo, anche di un ambiente salubre e piacevole, da lasciare in eredità ai propri discendenti e da condividere con le altre specie viventi. L’iniziativa per il censimento delle cave esistenti nella conurbazione milanese va inquadrata appunto in questa nuova sensibilità ecologica della società e si propone di segnalare all’attenzione della Pubblica amministrazione e dei cittadini una delle componenti maggiormente degradate del paesaggio milanese e peraltro suscettibile di un recupero e di una valorizzazione. Fra le attività umane che maggiormente incidono sul paesaggio è da annoverare l’industria estrattiva. Nelle zone ove predomina questo tipo di attività, si può dire che la superficie terrestre perda completamente il suo aspetto originario per gli imponenti scavi a cielo aperto ed il conseguente accumulo di detriti. Aggiungasi, per le cave del Milanese, l’uso, pressoché generalizzato, di adibire le parti non più coltivate alla discarica di rifiuti. Le cave milanesi presentano peraltro un aspetto in sé gradevole, ossia frequentemente sono caratterizzate da specchi liquidi, in corrispondenza al piano di intersezione della falda freatica; esse possono quindi essere considerate come zone umide artificiali. È noto che la produttività biologica degli specchi d’acqua e quindi il loro valore ecologico sono assai elevati. Purtroppo, nell’ultimo secolo, le zone umide italiane sono diminuite ben al di là dei limiti che potevano essere consigliati da ragioni igieniche e socio-economiche, con conseguente complessivo grave impoverimento biologico del territorio naturale. La ricostruzione e l’oculato sfruttamento, per fini multipli, di un sufficiente patrimonio di zone umide potrebbe quindi rappresentare un’operazione assai opportuna².

    Ora vediamo quali cave sono state censite alla data del 1973, pur considerando che alcuni scritti affermano che le cave storiche di Milano fossero ben diciotto, cinque in più di quelle riportate nel sopra citato libro. Inoltre vi erano numerose cave minori, alcune delle quali destinate all’estrazione dell’argilla. Ve le proponiamo sotto forma di schede, indicandone i dati principali perché oggi fanno, a buon diritto, parte della storia della città. Ma prima d’iniziare ricordiamo che numerose cave hanno poi favorito l’istituzione di parchi pubblici e uno di questi, terzo per grandezza, è il Parco delle Cave situato nella periferia ovest. La sua storia è interessante e si può dire che cominci agli inizi del xx secolo, come riportato nel sito web del Parco delle Cave:

    Ancora quando non si parlava di Parco le attività estrattive di ghiaia e sabbia iniziate negli anni ’20 formarono i famosi laghetti chiamati Cave. In questa area si insediarono due Società sportive di pesca, la U.P. Aurora Arci nel 1929 presso l’omonima cava e l’Associazione Il Bersagliere nel 1933 presso la Cava Casati. Negli anni ʼ50 e ʼ60 si sono cominciate a scavare le cave Cabassi e Quinto Romano: la cava Cabassi è poi stata parzialmente richiusa fino all’anno 1977, mentre le cave di Quinto Romano (Ongari e Cerruti) hanno terminato l’estrazione pochi anni fa. Sull’area c’è ancora attiva l’attività agricola svolta presso la Cascina Caldera dall’Azienda Agricola Caldera (di Zamboni Franco e Campi Paolo) che da oltre 50 anni lavora i terreni attorno alla Cascina Linterno e nel Parco delle Cave mantenendo attive anche le preziose marcite. L’idea di creare il parco nacque negli anni ʼ70 e il Comune di Milano cominciò ad interessarsi per iniziare il risanamento dell’area mentre alcuni volenterosi riuscirono a coinvolgere il Consiglio di Zona 18 (ora Consiglio di Zona 7 [Municipio 7, n.d.a.]). Nacque il Comitato Minimarcia, che organizzò per anni la manifestazione denominata Minimarcia per il Futuro Parco delle Cave (…). Oggi il Parco delle Cave è un parco urbano inserito nel più vasto Parco Agricolo Sud, attualmente ha una superficie di 135 ettari ed è collocato tra i quartieri di Baggio, Barocco, Quarto Cagnino e Quinto Romano³.

    cava di via caldera

    Ubicazione. Via Caldera.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 64, 72, 78 e 80.

    Visita. Fa parte del Parco delle Cave; l’area non è cintata ed è sempre visitabile.

    Contatti. Parco delle Cave, sito web: parcodellecave.it.

    Di proprietà privata, la cava era già in fase di esaurimento nel 1973. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 130.000 circa, di cui mq. 70.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 250 circa – larghezza massima ml. 200 circa – profondità massima mt. 20 dal piano di campagna (…). La cava trovasi in aperta campagna ed è limitata da folta vegetazione. Nei pressi scorrono il fontanile Patellano ed un terziario Villoresi. La cava funziona come discarica di rifiuti solidi. Nei dintorni esiste una cabina elettrica di trasformazione. Lo specchio d’acqua, suddiviso in tre parti, si trova in buone condizioni»⁴.

    ex cava casati

    Ubicazione. Via Pompeo Marchesi.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 49, 64, 78 e 80.

    Visita. Fa parte del Parco delle Cave; l’area non è cintata ed è sempre visitabile.

    Contatti. Parco delle Cave, sito web: parcodellecave.it.

    Di proprietà privata, la cava era già in fase di esaurimento nel 1973. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 130.000 circa, di cui mq. 70.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 250 circa – larghezza massima ml. 200 circa – profondità massima mt. 20 dal piano di campagna (…). La cava trovasi in zona molto suggestiva e ricca di vegetazione, nei pressi dei fontanili Patellano e Marconi. La cava non funziona come discarica di rifiuti solidi; nelle vicinanze vi sono linee elettriche a bassa tensione. Da sette anni la cava è gestita dall’enal che ha costruito un piccolo imbarcadero per la pesca sportiva ed un bar-ristorante»⁵.

    ex cava casati

    Ubicazione. Via Bonaventura Broggini.

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 67.

    Visita. Fa parte del Parco delle Cave; l’area non è cintata ed è sempre visitabile.

    Contatti. Parco delle Cave, sito web: parcodellecave.it.

    Nel 1973 la cava era già dismessa ed era di proprietà dell’Unione Pescatori Aurora. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 80.000 circa, di cui mq. 45.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 150 circa – larghezza massima ml. 300 circa – profondità massima mt. 15 dal piano di campagna (…). La cava è ubicata in una zona molto bella e ricca di vegetazione. Nei pressi si trova il fontanile Ghiglio (inquinato). La cava non funziona come discarica di rifiuti solidi; nei dintorni vi sono linee elettriche a bassa tensione. Il laghetto viene alimentato anche con acqua potabile pompata sul posto»⁶.

    cava cabassi

    Ubicazione. Via delle Forze Armate.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 49, 63, 67 e 78; metropolitana M1 (St. Bisceglie).

    Visita. Fa parte del Parco delle Cave; l’area non è cintata ed è sempre visitabile.

    Contatti. Parco delle Cave, sito web: parcodellecave.it.

    Nel 1973 la cava era già «spenta e con acqua inquinata». Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 150.000, di cui mq. 40.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 350 circa – larghezza massima ml. 150 circa – profondità massima mt. 20 dal piano di campagna (…). La parte a Nord della cava è ricca di vegetazione e confina con il laghetto Unione Pescatori Aurora; la parte Sud è urbanizzata. Nei pressi della cava scorre il fontanile Borione. La cava funziona come discarica di rifiuti solidi e nei pressi si trovano le linee elettriche a bassa tensione. Da poco tempo vengono immesse nella cava acque inquinate del fontanile Ghiglio»⁷.

    cava di via triboniano e barzaghi

    Ubicazione. Via Triboniano – via Francesco Barzaghi.

    Mezzi pubblici. Linea tranviaria 14; linee automobilistiche 40 e 72.

    Visita. Visibile dall’esterno.

    Contatti. Comune di Milano, sito web: comune.milano.it.

    Di proprietà del Comune di Milano, la cava era già in fase di esaurimento nel 1973 ed era indicata come già quasi colma di rifiuti cimiteriali; oggi è sostanzialmente scomparsa. Eccone i dati tecnici: «Superficie totale mq. 120.000 circa, di cui mq. 90.000 di superficie secca e riempita in parte. Profondità massima mt. 10 dal piano di campagna»⁸. Oggi non è più riconoscibile come cava.

    cava cascina guasconcina

    Ubicazione. Via Guascona (via Guasconcina è oggi parte di via Guascona).

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 63.

    Visita. Fa parte del Parco della Cava di Muggiano (indicato anche come Parco della Cava di Muggiano e Trezzano), di proprietà comunale.

    Contatti. Parco della Cava di Muggiano, sito web: comune.milano.it.

    Di proprietà del Comune di Milano e dell’Impresa Costruzioni Lodigiani, la ex cava era indicata come riserva di pesca nel 1973 ed era denominata Cava presso Cascina Guasconcina; oggi lo specchio d’acqua è noto come Lago dei Cigni. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 120.000 circa, di cui mq. 80.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 500 circa – larghezza massima ml. 160 circa – profondità massima mt. 12 dal piano di campagna (…). La cava si trova in una zona molto bella e suggestiva, ricca di vegetazione arborea, nei pressi del fontanile Brianzino. La cava non funziona come discarica di rifiuti solidi; nei pressi si trovano linee elettriche a bassa tensione. Trattasi di ex cava di prestito coltivata per la formazione dell’Autostrada Tangenziale Ovest Milano. Nei pressi è stata costruita una bambinopoli»⁹.

    immobiliare cave trezzano

    Ubicazione. Via per Baggio – via Martirano.

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 63.

    Visita. Fa parte del Parco della Cava di Muggiano (indicato anche come Parco della Cava di Muggiano e Trezzano), di proprietà comunale.

    Contatti. Parco della Cava di Muggiano, sito web: comune.milano.it.

    Di proprietà privata e ancora attiva nel 1973, oggi fa parte del Parco della Cava di Muggiano, come già detto. Eccone i dati tecnici e ambientali: «La cava si estende per mq. 240.000 in territorio di Milano e per mq. 180.000 in territorio di Trezzano sul Naviglio. La coltivazione avviene solo in territorio di Milano. Superficie totale mq. 420.000, di cui mq. 180.000 di specchio d’acqua in ottime condizioni. Lunghezza massima ml. 600 circa – larghezza massima ml. 200 circa – profondità massima mt. 18 dal piano di campagna (…). La cava è ubicata in aperta campagna. Nei dintorni si trovano alcuni fontanili. Per il momento, la cava non funziona come discarica di rifiuti solidi»¹⁰.

    cava tre castelli

    Ubicazione. Via Tre Castelli.

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 47.

    Visita. Area visibile dall’esterno.

    Di proprietà privata, nel 1973 era indicata come «cava spenta». Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 100.000 circa, di cui mq. 25.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 180 circa – larghezza massima ml. 160 circa – profondità massima mt. 20 dal piano di campagna (…). La cava confina a Nord con la ferrovia [e il Naviglio Grande, n.d.a.], a Sud con la Via Tre Castelli ed alcune cascine. Nei pressi si trova la roggia Bordone. La cava funziona come discarica di rifiuti solidi e nei dintorni si trovano linee elettriche. È un luogo squallido. La discarica non è controllata e nello specchio d’acqua esiste una quantità di sostanze solide in sospensione»¹¹. Oggi risulta colmata.

    cava ronchetto

    Ubicazione. Via Buccinasco n. 45.

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 47.

    Visita. Area visibile dall’esterno.

    Contatti. Cava di Ronchetto s.r.l., sito web: reteimprese.it.

    Di proprietà privata, oggi è ancora attiva. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 280.000 circa, di cui mq. 60.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 500 circa – larghezza massima ml. 200 circa – profondità massima mt. 25 dal piano di campagna (…). La cava trovasi in aperta campagna, in una zona ricca di vegetazione, nei pressi della roggia Bordone. La cava non funziona come discarica di rifiuti solidi; nei dintorni esiste una cabina elettrica di trasformazione. Una parte della cava, per esigenze di cantiere, è stata colmata. L’acqua trovasi in ottime condizioni; vi sono molti pesci»¹². È situata a sud del Lambro Meridionale e in un’area che conserva ancora alcune cascine storiche¹³.

    cava di macconago

    Ubicazione. Via Macconago.

    Mezzi pubblici. Linea tranviaria 24; linea automobilistica 99.

    Visita. Area privata in concessione a Lago Verde Milano – maneggio e pesca sportiva.

    Contatti. Lago Verde Milano, sito web: lagoverdemilano.com.

    Area data in gestione privata è indicata come «cava ripristinata» già nel 1973. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 45.000 circa, di cui mq. 25.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 175 – larghezza massima ml. 125 circa – profondità massima mt. 15 dal piano di campagna (…). La cava si trova in una zona molto bella nei pressi della cascina Macconago. La cava non funziona come discarica di rifiuti solidi; nei dintorni vi sono linee elettriche a bassa tensione. Da alcuni mesi la cava viene adibita alla pesca sportiva. Esiste pure un maneggio e una bambinopoli»¹⁴. Oggi la ex cava è conosciuta come Lago Verde e nel sito web possiamo leggere che lo specchio d’acqua esiste dal 1962 ed è «attrezzato e gestito in forma privata (autorizzazione della Provincia di Milano). Tra parte idrica e verde occupa 60.000 metri quadri, le sue acque possono raggiungere una profondità massima di 8 metri e sono popolate da diverse specie di pesce d’acqua dolce in special modo da carpe, pesci gatto, tinche, carassi, storioni e trote. Il ripopolamento avviene ogni settimana»¹⁵.

    cava di camporgnaghino

    Ubicazione. Via Giuseppe Ripamonti n. 588 – via Camporgnago.

    Mezzi pubblici. Linea automobilistica 99.

    Visita. Libera.

    Indicata nel 1973 come «cava in fase di ripristino». Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 45.000 circa, di cui mq. 30.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 200 circa – larghezza massima ml. 150 circa – profondità massima mt. 25 dal piano di campagna (…). La cava si trova in una zona molto bella, vicino alla cascina Novaresco. Non vi sono corsi d’acqua nelle vicinanze; la cava non funziona come discarica di rifiuti solidi. Nei dintorni si trovano linee elettriche a bassa tensione. La cava verrà adibita alla pesca sportiva»¹⁶.

    cava porto di mare

    Ubicazione. Via Sant’Arialdo e via San Dionigi.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 77 e 104.

    Visita. Libera.

    Contatti. Comune di Milano, sito web: comune.milano.it.

    Proprietà del Consorzio Canale Navigabile nel 1973. Eccone i dati tecnici: «Superficie totale mq. 700.000, di cui mq. 60.000 circa di specchio d’acqua. Profondità massima mt. 8 dal piano di campagna (…). Trattasi di una vasta area parzialmente cavata in previsione della costruzione del porto del canale navigabile Milano-Cremona-Po»¹⁷. La sua storia è assai interessante e richiama il grande progetto, purtroppo mai attuato, di collegare con una grande arteria d’acqua la città di Milano al mare Adriatico. Già 110 anni fa il Comune di Milano aveva incaricato il Genio Civile d’individuare l’area adatta a costruire un nuovo porto artificiale che doveva sostituire l’oramai troppo piccola Darsena di Porta Ticinese. Da Porto di Mare l’idrovia sarebbe poi giunta al fiume Po mediante il canale Milano-Cremona. Ma poi la prima guerra mondiale e la conseguente crisi economica raffreddano ogni buon proposito. Negli anni Trenta il tutto è ripreso in mano e riprogettato in forma a dir poco faraonica, ma la nuova guerra mondiale e ben altre questioni da risolvere fanno arenare il tutto. Certamente nel frattempo gli interessi vengono orientati verso la costruzione di nuove autostrade e il traffico è su gomma, con il risultato che ancora oggi un bancale con bidoni di vernice viaggia a 90 chilometri orari su strada, invece di essere trasportato in modo più economico e meno inquinante su di un barcone fluviale. Nel 1972 un moto dinamico risveglia i sopiti intendimenti e la Regione Lombardia fa scavare circa 30 chilometri di canale in direzione di Cremona. Il tutto inspiegabilmente si ferma. All’ennesimo abbandono la cava è utilizzata come discarica non impermeabilizzata causando l’inquinamento dei sottostanti acquiferi. Senza farla troppo lunga, tra il 2005 e il 2015 si elabora il progetto per un grande parco pubblico di circa 374.000 metri quadrati di superficie e oggi l’area è il Parco Agricolo Urbano della Vettabbia. L’originario specchio d’acqua è oggi un grazioso laghetto.

    cava redaelli

    Ubicazione. Via Monte Popera.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 84, 88 e 95.

    Visita. Libera.

    Indicata nel 1973 come «cava spenta» di proprietà privata. Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 55.000 circa, di cui mq. 40.000 di superficie secca. Lunghezza massima ml. 300 circa – larghezza massima ml. 140 circa – profondità massima mt. 10 dal piano di campagna (…). Nei pressi si trova la roggia Gerenziana. La cava funziona come discarica di rifiuti solidi»¹⁸. Oggi la cava risulta colmata e l’area riqualificata.

    cava parco forlanini

    Ubicazione. Viale Enrico Forlanini.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 84, 88 e 95.

    Visita. Libera.

    Contatti. Comune di Milano, sito web: comune.milano.it.

    Di proprietà del Comune di Milano, nel 1973 risulta come «cava ripristinata». Eccone i dati tecnici e ambientali: «Superficie totale mq. 1.000.000 circa, di cui mq. 50.000 di specchio d’acqua. Lunghezza massima ml. 300 circa – larghezza massima ml. 250 circa – profondità massima mt. 15 dal piano di campagna (…). Trattasi del nuovo Parco Forlanini, che si estende ai confini del Comune di Segrate e di Peschiera Borromeo. Nella zona sono in costruzione vasti impianti sportivi»¹⁹.

    ex cava di via trevi

    Ubicazione. Via Trevi.

    Mezzi pubblici. Linee automobilistiche 70 e 82; metropolitana M3 (St. Dergano).

    Visita. Area visibile dall’esterno.

    A lato est di via Pellegrino Rossi, appena dopo il ponte della ferrovia, si stacca via Trevi e prima dell’angolo retto che forma verso il fondo abbiamo una vecchia cava. Si tratta di un’area rettangolare di circa 50 × 60 metri, posta a circa 4-5 metri al di sotto del piano stradale, oggi abbandonata. All’interno vi sono alcune vecchie strutture di mattoni con la copertura in vecchi coppi. Stando alle informazioni raccolte dovrebbe trattarsi di una cava d’argilla aperta ai primi del Novecento, per la fabbricazione di tegole e mattoni.

    A proposito delle cave d’argilla si possono riportare le parole del geologo di fama europea Scipione Breislak (Roma 1750 – Milano 1826): «Alla distanza di circa quattro miglia da Milano, fuori dalla Porta Tosa nel luogo detto l’Ortica [oggi nel Municipio 3, n.d.a.], sotto pochi piedi di terra vegetale si vede uno strato di argilla, colla quale si preparano i mattoni e le tegole: la sua altezza è di 4 in 5 piedi, e posa sopra un letto di sabbia, la di cui parte superiore è consolidata in quella sostanza che dicesi ferretto»²⁰. Non sappiamo dove tale cava fosse esattamente ubicata e lasciamo a voi il piacere di scoprirlo.

    2 Comitato coordinatore per le acque della Provincia di Milano, Indagine sulle zone umide in Provincia di Milano. Volume 1°: Cave e laghi artificiali, Provincia di Milano, Milano 1973, pp. 11-12.

    3 Sito web del Parco delle Cave: http://www.parcodellecave.it/storia.asp.

    4 Comitato coordinatore per le acque della Provincia di Milano, Indagine sulle zone umide in Provincia di Milano. Volume 1°: Cave e laghi artificiali, cit., p. 51.

    5 Ivi, p. 52.

    6 Ibidem.

    7 Ivi, pp. 52-53.

    8 Ivi, p. 51.

    9 Ivi, p. 53.

    100 Ivi, p. 77.

    11 Ivi, p. 53.

    12 Ibidem.

    13 Gianluca Padovan, Forse non tutti sanno che a Milano…, Newton Compton editori, Roma 2016, pp. 306-310.

    14 Comitato coordinatore per le acque della Provincia di Milano, Indagine sulle zone umide in Provincia di Milano. Volume 1°: Cave e laghi artificiali, cit., p. 54.

    15 Sito web: lagoverdemilano.com.

    16 Comitato coordinatore per le acque della Provincia di Milano, Indagine sulle zone umide in Provincia di Milano. Volume 1°: Cave e laghi artificiali, cit., pp. 54-55.

    17 Ivi, p. 55.

    18 Ibidem.

    19 Ivi, p. 56.

    20 Scipione Breislak, Descrizione geologica della provincia di Milano. Milano 1822, ristampa anastatica, a cura di Claudio M. Tartari, Parco Agricolo Sud Milano, Prometheus Editrice, Milano 1996, p. 48.

    3. L’ORO FANTASMA

    Oro e fortezze dei celti

    Cominciamo con la carrellata delle citazioni che ci condurranno a comporre il nostro ragionamento sull’oro celta. Lo storico greco Polibio (230 circa a.C. – 120 circa a.C.) scrive dei celti transpadani, tra cui menziona anche i celti insubri, affermando:

    Abitavano in villaggi non fortificati, essendo estranei a ogni altra forma di civiltà. Poiché dormivano su giacigli di paglia e si nutrivano di carne, e poiché inoltre non praticavano nessuna attività a eccezione della guerra e dell’agricoltura, infatti, conducevano una vita semplice, non essendo assolutamente conosciuta presso di loro nessuna altra scienza o arte. In effetti gli averi di ciascuno erano bestiame e oro²¹.

    Polibio ci ha così confezionato un bel quadretto, non c’è che dire. All’atto pratico risulta quindi assai strano che le ben organizzate e civili legioni di Roma impieghino decenni, o meglio secoli, per avere ragione d’un pugno di barbari. In ogni caso Polibio sottolinea due averi dei celti: bestiame e oro. Il primo si alleva, ma il secondo si coltiva.

    Quando le legioni di Roma premono per la conquista delle terre celte e quindi anche dell’Insubria, ovvero principalmente della parte inferiore e pianeggiante dell’odierna Lombardia, i celti insubri assoldano per ben due volte un forte contingente di truppe mercenarie provenienti da oltralpe: i gesati. Il iii secolo a.C. si sta lentamente consumando e sui fatti d’arme ancora Polibio dice:

    (…) gli Insubri e i Boi, trovato un accordo, mandavano inviati ai Galli stanziati sulle Alpi e presso il fiume Rodano, chiamati Gesati per il fatto che prestavano servizio militare a pagamento: questa parola, infatti, in senso stretto indica questo. Avendo immediatamente offerto ai re di questi ultimi, Concolitano e Aneoresto, una grande quantità d’oro, e mostrando loro, in prospettiva futura, la notevole prosperità dei Romani e la grande quantità di beni che sarebbero loro toccati [ecc., n.d.a.]²².

    Con che cosa li avranno pagati? Con formaggelle di vacca insaporite da erbette di campo, ninnoli intagliati nel legno di quercia e sacchi di ghiande? Dal momento che l’essere umano pare nutrire da lunghissimo tempo il desiderio per il denaro, non essendovi titoli di Stato, azioni e pacchi di banconote con cui onorare le prestazioni guerresche dei gesati, questi saranno stati pagati con oro (come dice Polibio) e forse anche con argento sonanti. Se poi qualcheduno sostiene che la parola gesati derivi dalla particolare lancia in ferro con cui erano armati, ovvero il gaesum, chiamato dai romani soliferreum, ciò non toglie che combattessero dietro compenso.

    La domanda sorge spontanea: gli insubri dove avranno trovato tutto quel denaro, o meglio, tutto quel minerale? La risposta dovrebbe essere semplice: dal terreno geologico che costituisce la pianura lombarda e di cui Milano era la capitale.

    Torniamo alle vicende e vediamo che nel 225 la battaglia presso Telamon, odierna Talamone, è fatale per la coalizione celta e al calare della sera migliaia di loro giacciono sul campo:

    Il comandante romano inviò a Roma le spoglie accumulate, mentre restituì il bottino a coloro i quali spettava (…). E ornò il Campidoglio con i vessilli e con le collane – questo è il cerchio d’oro che i Galli portano al collo [il torques, n.d.a.]²³.

    Le legioni di Roma premono ancora e nel 223 a.C. gli insubri di Milano portano in battaglia anche le loro insegne d’oro considerate «inamovibili»:

    Quando dunque ebbero raccolto tutte le truppe disponibili nello stesso luogo, portato via dal santuario di Atena i vessilli d’oro che erano detti inamovibili e svolto gli altri preparativi nel modo dovuto, in seguito, con impressionante coraggio, si accamparono di fronte ai nemici, in numero di circa cinquantamila²⁴.

    Siamo alle battute finali, o almeno così sembra, e nel 222 a.C. gli insubri assoldano un altro contingente di gesati per fronteggiare le legioni incombenti. Infatti Roma rifiuta le proposte di pace portate dagli ambasciatori celti:

    Quelli, delusi nel loro intento e decisi a tentare le ultime speranze, si misero di nuovo ad assoldare soldati tra Galli Gesati sul Rodano, circa trentamila²⁵.

    A questo punto facciamo quadrare il cerchio con le parole di un altro storico, Tito Livio (Padova 59 a.C. – 17 d.C.) e a proposito ancora dell’oro e in subordine dell’arretratezza dei celti espressa da Polibio. Dopo la presunta conquista di Milano da parte delle legioni gli insubri non sono ancora vinti e nel 197-196 a.C. anche in Lombardia si registrano vari scontri, tra cui quello avvenuto nel territorio di Como che vede la sconfitta di celti insubri e comensi:

    Valerio Anziate scrive che in quella battaglia furono uccisi oltre quarantamila uomini, catturate ottocentosette insegne militari, settecentotrentadue carri e molte collane d’oro, una delle quali, di gran peso, a quanto scrive Claudio, fu collocata come dono votivo a Giove nel tempio sul Campidoglio²⁶.

    In pratica, dopo anni, o meglio decenni, di lotte incessanti i celti possiedono ancora oro, tanto da potere indossare i loro torques aurei. Ci si è mai chiesti da dove lo estraessero quest’oro?

    La coltivazione dell’oro

    Talune popolazioni celte erano versate nella coltivazione dell’oro e nell’idraulica. Il discorso è lungo, ma noi cercheremo di sintetizzarlo in tre soli punti su cui riflettere.

    1. Focalizziamo l’attenzione sull’impiego dell’idraulica nello sfruttamento dei bacini auriferi. Numerosi studi hanno comprovato l’estrazione dei minerali auriferi sia mediante gli scavi sotterranei, sia utilizzando ingenti quantità d’acqua per la coltivazione delle sabbie aurifere, soprattutto nei depositi morenici e alluvionali, impiegando il metodo della ruina o arrugia montium, ovvero letteralmente sbancando ampie porzioni di suolo e sottosuolo. Ad esempio, lo storico e naturalista comasco Gaio Plinio Secondo (23-24 – 79), ex ufficiale di cavalleria e noto come Plinio il Vecchio, afferma: «C’è poi un altro lavoro altrettanto impegnativo e perfino più dispendioso: per lavare questi detriti hanno tirato giù corsi d’acqua dalle sommità delle montagne, per lo più a distanza di cento miglia»²⁷. Dice inoltre che il lavoro di coltivazione «sembra quasi superare le imprese dei Giganti»²⁸.

    Nei giacimenti secondari, ovvero dove l’oro si trova disperso nei terreni alluvionali, l’acqua è raccolta in bacini situati nella parte sommitale del giacimento, all’interno del quale si scavano trincee oppure gallerie. L’acqua viene

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