Il fascino del milionario: Harmony Collezione
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Tutti scattano a un suo semplice cenno. Nessuno può resistergli. Almeno fino a quando...
Ambizione e determinazione hanno portato Giancarlo De Vito nell'invidiabile posizione che ricopre, ma lui non ha dimenticato le difficoltà che ha dovuto superare nella vita né la sua sete di vendetta, che una sola persona può aiutarlo a placare. Solo che, abituato a donne che fanno qualunque cosa per compiacerlo, Giancarlo è confuso da Caroline Rossi, che non sembra proprio voler stare al suo gioco. Per raggiungere il suo scopo, Giancarlo dovrà quindi sfoderare il leggendario fascino dei De Vito.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
Il fascino del milionario - Cathy Williams
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Truth Behind his Touch
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Cathy Williams
Traduzione di Alessandra Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-233-8
www.harlequinmondadori.it
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1
Caroline si fece stancamente aria con la guida che stringeva in mano come un talismano da quando era scesa dal treno alla Stazione Centrale di Milano e si guardò intorno. Da qualche parte, incastonato tra quegli edifici storici e le piazze eleganti, doveva esserci quello che stava cercando. Sapeva di doversi recare lì immediatamente, superando la tentazione di fermarsi a bere qualcosa di fresco, anche se era accaldata, esausta e affamata.
«Impiegherai pochissimo tempo!» aveva detto Alberto, per incoraggiarla. «Un breve viaggio in treno, Caroline. Un taxi... Magari una passeggiata per trovare il suo ufficio, ma vedrai delle cose bellissime. Il Duomo. Di certo non hai mai posato gli occhi su un edificio tanto spettacolare. I palazzi e i negozi. Be’, sono trascorsi molti anni dall’ultima volta che sono stato a Milano, ma ricordo ancora lo splendore della Galleria Vittorio Emanuele.»
Caroline lo aveva guardato con aria scettica e l’anziano aveva avuto il buongusto di arrossire timidamente, perché quel viaggio a Milano non era certo una gita turistica. In realtà, sarebbe tornata entro quarantotto ore e le si strinse il cuore all’idea della responsabilità che le gravava sulle spalle. Avrebbe dovuto incontrare Giancarlo De Vito, indurlo a ragionare e, in qualche modo, convincerlo a tornare al lago di Como con lei.
«Andrei io stesso, mia cara» aveva mormorato Alberto. «Ma le mie condizioni di salute non lo permettono. Il dottore mi ha ordinato di rimanere a riposo il più possibile. Il colpo al cuore... non mi sento molto bene, capisci...»
Caroline si domandò, non per la prima volta, come l’uomo fosse riuscito a convincerla a intraprendere quella missione, ma ormai non aveva più importanza. Era a Milano, adesso, circondata da migliaia di persone, sudata per la torrida temperatura di luglio, ed era troppo tardi per essere colta da un attacco di nervi.
Il fatto era che non avrebbe dovuto essere una sua preoccupazione, il successo o il fallimento di quella missione. Lei era solo un messaggero. Alberto sì che ne avrebbe patito le conseguenze, ma lei era solo la sua assistente personale con un compito davvero bizzarro.
Si era vestita in modo inappropriato, per il viaggio, ma in riva al lago il clima era più fresco. In città invece, il caldo era soffocante e i pantaloni beige cominciavano ad attaccarsi alle gambe come colla. La semplice camicetta gialla con le maniche a tre quarti le era sembrata un abbinamento soddisfacente per quei pantaloni, ma adesso avrebbe preferito aver scelto qualcosa senza maniche. Avrebbe dovuto anche pettinare i capelli in un’acconciatura raccolta, anziché sistemarli in una lunga treccia che adesso le scaldava il collo.
Distratta dal disagio fisico e dal pensiero di ciò che la attendeva, notò a malapena la splendida cattedrale con i contrafforti impressionanti, le guglie e le innumerevoli statue, mentre camminava velocemente trascinando il trolley come se si trattasse di un bambino recalcitrante.
Qualunque altra persona meno ottimista di lei avrebbe maledetto il proprio datore di lavoro, invece Caroline – seppure stanca, accaldata e affamata – era fiduciosa di poter portare a termine quel compito.
Rischiò di non vedere l’edificio. Non sapendo esattamente che cosa aspettarsi, aveva immaginato qualcosa di simile ai palazzi per uffici di Londra. Semplici, con forse un po’ troppo vetro e poca fantasia.
Tornando sui suoi passi, controllò l’indirizzo che aveva accuratamente scritto su un foglio e osservò l’antica facciata in pietra rosa, ornata da sculture squisite e fiancheggiata da due colonne.
Giancarlo non poteva essere una persona tanto dura, se lavorava in quel posto meraviglioso, rifletté la ragazza col cuore più leggero.
«Non posso dirti niente, di Giancarlo» aveva tristemente risposto Alberto, quando lei aveva chiesto dei dettagli. «Non lo vedo da molti anni. Posso mostrarti delle foto, ma sono datate. Sarà cambiato, in tutto questo tempo... Se avessi un computer... Ma un vecchio come me come potrebbe imparare a utilizzare quel genere di marchingegni?»
«Se vuoi, posso andare a prendere il mio portatile» si era offerta lei istantaneamente, ma Alberto aveva fatto segno di no con la testa.
«No, no. Non mi piacciono quegli aggeggi. Per quanto riguarda la tecnologia, il massimo che posso accettare sono il telefono e la televisione.»
Segretamente, Caroline era d’accordo con lui. Utilizzava il computer solo per la posta elettronica. In ogni caso, era quasi impossibile accedere alla connessione internet, da casa.
Così non aveva informazioni. Sospettava che Giancarlo fosse ricco, perché di sfuggita Alberto aveva detto che era diventato qualcuno. I suoi sospetti furono confermati quando varcò l’ingresso ultra moderno dell’edificio. La facciata sembrava appartenere a una costruzione medievale, all’interno invece il ventunesimo secolo aveva lasciato il segno. Solo il marmo chiaro del pavimento e gli affreschi sulle pareti accennavano all’età della costruzione.
Naturalmente, non era attesa. Il fattore sorpresa sarebbe stato fondamentale, secondo il parere di Alberto. «Altrimenti si rifiuterebbe di riceverti, ne sono certo!» l’aveva avvertita.
Caroline impiegò più di trentacinque minuti a convincere l’elegante receptionist, posizionata come un cane da guardia dietro il bancone di legno e marmo, a non cacciarla fuori.
«Che cosa desidera? Ha un appuntamento?»
«Non esattamente...»
«Si rende conto che il signor De Vito è una persona molto importante?»
«Io...» Facendosi coraggio, nonostante l’italiano esitante, tentò di spiegare il proprio legame con Giancarlo e mostrò diversi documenti che la donna esaminò in silenzio. Poi, finalmente, la macchina si mise in moto.
Ma lei dovette aspettare.
Tre piani più in alto, Giancarlo, nel bel mezzo di una riunione con tre finanzieri, fu interrotto dalla sua segretaria che gli mormorò qualcosa all’orecchio. L’uomo raggelò, gli occhi duri come acciaio.
«Sei sicura?» domandò con voce tagliente. Elena Carli raramente commetteva errori. Era questo il motivo per cui lavorava per lui da più di cinque anni. Svolgeva il suo lavoro con efficienza mozzafiato e obbediva agli ordini senza fare domande. Quando lei annuì, Giancarlo balzò in piedi, porse le sue scuse – senza esagerare, giacché i finanzieri avevano bisogno di lui più di quanto ne avesse lui di loro – e sciolse la riunione. Quando gli uomini uscirono dall’ufficio, lui si avvicinò alla finestra e osservò il cortile privato interno.
Così il passato che aveva creduto di essersi lasciato alle spalle stava tornando. Il buonsenso gli consigliò di voltare la schiena a quella inaspettata intrusione nella sua vita, ma era curioso. Che male c’era a indulgere un poco nella curiosità? Nella sua vita di ricchezza inimmaginabile e vasto potere, la curiosità era un visitatore raro, dopotutto.
Giancarlo De Vito era sempre stato ferocemente concentrato sull’obiettivo e spietatamente ambizioso, per arrivare dove si trovava ora. Non aveva avuto scelta. Sua madre aveva avuto bisogno di essere mantenuta e, dopo una serie sfortunata di amanti, l’unico che se ne potesse prendere cura era lui. Si era laureato con il massimo dei voti e si era lanciato nel mondo della finanza con competenze tali che non aveva dovuto attendere a lungo prima che le porte cominciassero ad aprirsi. Dopo tre anni dalla laurea, era già stato in grado di scegliere il proprio datore di lavoro e, dopo cinque, non ne aveva nemmeno più avuto bisogno perché si era messo in proprio e aveva cominciato lui stesso ad assumere. Adesso, a poco più di trent’anni, era diventato miliardario, aveva ramificato i suoi interessi con successo gratificante e si era costruito una reputazione che lo rendeva praticamente intoccabile.
Sua madre era stata testimone solo di una parte del suo enorme successo, perché era morta sei anni prima, sul sedile del passeggero dell’auto di un suo giovane amante, vittima – per come la vedeva lui – di una vita andata male. Essendo il suo unico figlio, Giancarlo sapeva che avrebbe dovuto avere il cuore più spezzato di quanto non fosse, ma sua madre era stata una donna difficile e capricciosa, interessata a sperperare il denaro e mai soddisfatta. Lui aveva ritenuto abbastanza sgradevole il suo volteggiare da un amante all’altro, ma non l’aveva mai criticata. Del resto quella donna non aveva sopportato già abbastanza?
Non abituato a perdersi nei ricordi, Giancarlo si riscosse con una certa impazienza da quella introspezione. Probabilmente doveva biasimare la donna che stava per incontrare per la perdita di autocontrollo. Con la mente di nuovo lucida, premette l’interfono.
«Può salire, adesso» disse la receptionist a Caroline, che sarebbe rimasta volentieri seduta un altro paio d’ore in quell’ingresso con l’aria condizionata. I piedi le dolevano da morire e finalmente stava cominciando a non sentire più tanto caldo. «La signora Carli la aspetta al terzo piano e la accompagnerà nell’ufficio del signor De Vito. Se vuole, può lasciare qui il suo... bagaglio.»
Caroline pensò che l’ultima cosa che quella ragazza desiderasse era che il suo vecchio trolley rimanesse nel foyer, a ogni modo ne aveva bisogno lei.
Adesso che finalmente era arrivato il momento, provò un po’ di nervosismo alla prospettiva di ciò che la attendeva. Non voleva tornare al lago a mani vuote. Alberto aveva avuto un attacco di cuore, alcune settimane prima, e la sua salute era precaria. Il medico le aveva confidato che l’anziano non doveva subire altri stress.
A testa alta, Caroline seguì l’assistente personale in silenzio, oltrepassando diversi uffici eccezionalmente silenziosi, occupati da personale laborioso che non notò nemmeno la sua presenza.
Tutti sembravano molto curati. Le donne magre, di bell’aspetto e serie, con i capelli raccolti e i vestiti che gridavano di denaro molto ben speso.
In confronto, Caroline si sentì sovrappeso, bassa e spettinata. Non era mai stata magra, nemmeno da bambina. A volte s’illudeva di essere formosa e voluttuosa ma, guardandosi allo specchio, era difficile convincersi. Anche i capelli erano ingestibili, lunghi e ricci, impossibili da domare. Sapeva che, in quel momento, delle ciocche erano volate selvaggiamente fuori dalla treccia improvvisata.
A un tratto Elena aprì la porta di un ufficio così squisito che, per qualche secondo, Caroline non si rese nemmeno conto di esservi