Sensuale melodia: Harmony Collezione
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Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Anteprima del libro
Sensuale melodia - Susan Stephens
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Ruthless Billionaire’s Virgin
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Harlequin Books S.A.
Special thanks and acknowledgement are given to Susan Stephens
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-027-8
1
Si dice che la fiducia in se stessi sia il più potente degli afrodisiaci, ma per l’uomo conosciuto nell’ambiente del rugby con il nome di The Bear, l’Orso, la sicurezza era solo il punto di partenza. Poi c’era il coraggio, una qualità che Ethan Alexander dimostrava di possedere ogni volta che affrontava il mondo con il volto deturpato dalle cicatrici.
Qualcosa cambiò impercettibilmente nell’atmosfera fra gli spalti dello stadio Flaminio, a Roma, quando Ethan prese posto in panchina per assistere alla partita Italia-Inghilterra del girone di andata del torneo internazionale di rugby. Gli uomini raddrizzarono la schiena, le donne si sistemarono i capelli e si inumidirono le labbra con la punta della lingua prima di atteggiarle in un sorriso civettuolo.
Senza la presenza di The Bear, una partita, persino un evento di tanta importanza, mancava del brivido che Ethan portava inevitabilmente con sé. Alto, scuro, segnato da terribili cicatrici, non era solo un acceso tifoso di rugby, ma era anche un multimilionario, un uomo che superava gli standard secondo i quali gli altri abitualmente erano giudicati. Il suo viso poteva anche essere sfigurato, ma possedeva il fascino conferito da una vivida intelligenza e da una volontà di acciaio. Nei suoi occhi grigi rilucevano fiamme nelle quali le donne si sarebbero bruciate volentieri, e che gli uomini avrebbero voluto spegnere, ma quel giorno la passione era offuscata dalla frustrazione derivata dalla contemplazione dell’umana fragilità. Com’era possibile che un semplice mal di gola arrivasse a impedire a una diva del calibro di Madame de Silva di cantare l’inno nazionale inglese in apertura di una partita così importante?
Nello stesso modo in cui una spina dorsale danneggiata aveva posto la parola fine alla sua carriera di giocatore di rugby professionista, fu informato Ethan con brutalità dalla voce della sua coscienza.
Aveva scritturato una giovane cantante esordiente per sostituire Madame de Silva. Savannah Ross di recente era stata messa sotto contratto dalla casa discografica di sua proprietà, un’attività su cui aveva investito, spinto dal suo amore per la musica. Non aveva ancora conosciuto Savannah, ma Madame de Silva l’aveva caldamente raccomandata, e i suoi discografici erano certi che la ragazza fosse destinata a un grande successo.
Che poteva anche essere una previsione giusta, ma, al momento, Savannah Ross era in ritardo. Ethan lanciò un’occhiata all’orologio che incombeva sullo stadio con il suo enorme quadrante luminoso. Convocare una giovane senza alcuna esperienza per un’occasione così importante serviva solo a ricordargli perché lui preferisse non correre mai rischi inutili. All’inizio aveva reputato una buona idea concedere un’occasione a una esordiente, in quel momento, però, non ne era più così sicuro. Savannah Ross sarebbe stata all’altezza del compito che le era stato affidato? Forse sì, ma, in ogni caso, dov’era finita? Le aveva messo a disposizione per il viaggio il suo jet privato, ed era stato avvisato del suo arrivo allo stadio.
Ethan scosse la testa. Poiché la partita sarebbe stata trasmessa in mondovisione, tutto doveva funzionare alla perfezione. Non erano ammessi contrattempi di alcun genere. Nessun errore doveva essere commesso, e soprattutto nessun errore dovuto a un attacco di panico dell’ultimo momento. Savannah Ross aveva accettato l’incarico, e ora doveva esibirsi.
Non era simile al backstage di nessuno dei teatri in cui aveva cantato, e nemmeno alle sale da concerto. Era una fredda galleria piastrellata in cui aleggiava tensione, mista a uno sgradevole odore di sudore. Non aveva a sua disposizione neanche un vero camerino, non che la cosa fosse importante, ovviamente, perché era un grande onore trovarsi lì. Incredibile, ma proprio lei avrebbe cantato l’inno nazionale inglese prima dell’inizio della partita di rugby... O, almeno, lo avrebbe fatto se avesse trovato qualcuno in grado di dirle dove andare.
Sporgendo la testa dalle tende che delimitavano quell’anomalo camerino, Savannah chiamò. Nessuno rispose, ma non c’era da sorprendersi, considerando che il locale si trovava in quel buio tunnel che conduceva al campo di gioco. La donna che all’ingresso le aveva consegnato un lasciapassare le aveva spiegato quali spogliatoi erano destinati ai componenti delle squadre. Poiché Madame de Silva si spostava sempre con un buon numero di persone al seguito, incluse la sua parrucchiera personale e una ragazza che si occupava dell’adorato chihuahua, Savannah supponeva che il direttore dello stadio fosse stato felice di dover riservare a lei un unico camerino. Se così si poteva definire quella nicchia nella parete, davanti alla quale qualcuno aveva frettolosamente appeso una tenda.
Ma, in quel momento, aveva problemi ben più importanti della sua sistemazione, per esempio l’orologio che scandiva i secondi mancanti all’inizio della partita. Era stata completamente dimenticata, il che poteva essere comprensibile dato che aveva preso il posto di Madame de Silva all’ultimo momento, e che nessuno la conosceva. Certo, qualcuno l’aveva scortata nel suo buco, ma poi era stata lasciata sola, e lei non aveva alcuna idea di cosa dovesse fare. Cantare? Certo, quello era ovvio. Ma quando doveva fare la sua apparizione sul campo? E doveva aspettare che un incaricato la chiamasse, o era previsto che si incamminasse da sola lungo il tunnel?
Le serviva aiuto, realizzò, sollecitata dai cori dei tifosi. Sporse la testa fuori dalla tenda quando sentì delle voci riecheggiare poco distante. Alcuni uomini stavano percorrendo la galleria e avanzavano nella sua direzione. Avrebbe chiesto delucidazioni a uno di loro, decise.
«Scusatemi...» esordì, ma fu spinta senza tanti complimenti verso la parete. Gli uomini erano così impegnati nel loro discorso da non averla neppure notata. Parlavano di un tizio che chiamavano The Bear, il quale era andato da solo a prendere posto sugli spalti mentre loro decidevano chi lo avrebbe scortato.
The Bear...
Savannah sentì un brivido correrle lungo la schiena. Quello era il soprannome del milionario che le aveva messo a disposizione il suo aereo personale. Ethan Alexander, fanatico del rugby, ricchissimo, indimenticabile, le cui foto apparivano regolarmente su quelle riviste di cronaca rosa che lei comprava quando voleva sognare di uomini irraggiungibili. Non si sapeva molto sulla sua vita privata e, naturalmente, più evitava la pubblicità, più il suo personaggio diventava affascinante per il pubblico.
Però doveva smettere di pensare a Ethan Alexander, e concentrarsi sul suo problema attuale. Per guadagnare tempo avrebbe indossato l’abito da scena e sarebbe andata a cercare aiuto.
Ma anche la vista del suo bel vestito non poté distrarla dal pensiero del milionario. Da quello che gli uomini stavano dicendo di lui, la sua presenza alla partita era paragonabile a quella di un componente della famiglia reale, o forse anche di più, giacché The Bear era un re indiscusso. Con il suo fascino magnetico e il suo fisico imponente, vinceva anche nel paragone con i giocatori grossi come montagne della squadra inglese. Era sicuramente il più micidiale di tutti.
Savannah rabbrividì al pensiero di tanta concentrata virilità. Quando infine infilò il vestito, era ridotta ormai a un ammasso di nervi. Ma non era una reazione sorprendente, si disse per tranquillizzarsi, visto che alla fine del tunnel l’aspettava il campo da gioco dove l’aggressività era il sentimento che predominava.
Un pensiero che la riportò a Ethan. Il senso di potere che emanava dalla sua persona, persino dalle sue fotografie, lo rendeva irresistibile. Certo, doveva essere molto più anziano di lei, e il suo viso era devastato dalle cicatrici, ma non era la sola donna al mondo a pensare che quegli sfregi lo rendessero ancora più interessante. Ethan Alexander era sempre in cima alle liste degli uomini più desiderati redatte dalle riviste di cronaca rosa.
Ovviamente, per una ragazza semplice e priva di esperienza come lei, era del tutto inutile sprecare tempo fantasticando sull’Orso. No, decise Savannah, lei era semplicemente attratta dall’aura di pericolo e di mistero che lo circondava, anche se le cicatrici lo rendevano ai suoi occhi più reale e più umano.
Oh, davvero?Allora è per questo che, quando pensi a lui, ti senti come avvolta dalle fiamme?
Saggiamente, Savannah scelse di non dare una risposta alla domanda che la sua coscienza le aveva posto. Infilò di nuovo la testa oltre la tenda. Non c’era nessuno nei paraggi, e le possibilità a sua disposizione si stavano esaurendo in fretta. Se avesse continuato a urlare, non le sarebbe rimasta voce sufficiente per cantare. Se si fosse infilata di nuovo jeans e maglietta per andare a cercare aiuto, sarebbe arrivata in ritardo sul campo. E non poteva deludere Madame de Silva, che l’aveva raccomandata così caldamente. Non poteva deludere la squadra, e meno che mai poteva deludere il signor Alexander, l’uomo che aveva firmato il suo contratto. E neppure suo padre e sua madre, che avevano dato fondo ai loro risparmi per comprarle l’abito da scena che ora aveva addosso. In quel momento, sarebbe stata molto più felice nella fattoria con loro, magari affondata nel fango fino alle ginocchia, ma non avrebbe mai distrutto i loro sogni arrendendosi a quel desiderio.
Mentre il viso di sua madre si materializzava nella sua mente, Savannah si rese conto che non era la prospettiva di esibirsi durante una diretta mondiale che la terrorizzava, bensì la possibilità di mettere in imbarazzo i suoi genitori commettendo qualche passo falso. Come molti altri allevatori, anche loro avevano attraversato un periodo difficile quando il bestiame era stato decimato da una violenta epidemia di afta. Adesso la sua più grande ambizione era riportare il sorriso sulle loro labbra.
Sentire il suo nome pronunciato dalla voce gracchiante diffusa dall’altoparlante servì soltanto a farle tendere ulteriormente i nervi. Lo speaker la stava descrivendo come la ragazza rivelazione dall’ugola d’oro, d’oro come i suoi capelli, e lei strinse i denti, pensando che ora aveva un ottimo motivo per tingere la folta chioma di un bel rosa shocking. La folla applaudì con entusiasmo, un entusiasmo che purtroppo sarebbe scemato del tutto quando avrebbe fatto finalmente la sua apparizione, perché, lungi dall’essere la bionda fatale che l’annunciatore aveva appena presentato, lei era solo una timida e rotondetta ragazza di campagna afflitta da seri problemi di autostima. Una ragazza che in quel momento avrebbe preferito trovarsi ovunque, ma non lì.
Coraggio!, ordinò a se stessa con impazienza. I suoi genitori avevano fatto sacrifici per comprarle quel vestito dal costo esorbitante, e ora non poteva tradire le loro aspettative. Con mano che tremava, cercò la zip sulla schiena per chiuderla. L’abito le donava molto, creato proprio per adattarsi al suo fisico florido, ed era del suo colore preferito, il rosa. Le morbide pieghe nascondevano i chili di troppo, ecco perché andava sempre in una piccola città del nord dell’Inghilterra per comprare i suoi vestiti, perché lì le sarte facevano miracoli.
«Non puoi cantare con quel vestito addosso!»
Savannah sobbalzò mentre la tenda si apriva all’improvviso. «Mi scusi?» replicò. Si strinse le braccia intorno al corpo e guardò un uomo