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La finta fidanzata del capo: Harmony Collezione
La finta fidanzata del capo: Harmony Collezione
La finta fidanzata del capo: Harmony Collezione
E-book148 pagine2 ore

La finta fidanzata del capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un finto fidanzamento col suo capo? Perché no?



Aleksi Kolovsky, noto milionario playboy, lascia di stucco il mondo intero con l'annuncio del suo fidanzamento ufficiale. Nessuno sa che l'anello al dito della promessa sposa, però, non significa necessariamente per sempre. Aleksi deve a tutti i costi entrare in possesso dei beni della Maison Kolovski, così suggerisce alla bella Kate, sua assistente personale, di considerare il loro fidanzamento di facciata come una sorta di promozione, con tutti i benefici che ne conseguono. Compreso quelli meno evidenti, che lei non aveva considerato, come per esempio scoprire di persona se la straordinaria reputazione di Aleksi sia fondata. E la parola straordinario acquista di colpo un significato del tutto nuovo per lei.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975343
La finta fidanzata del capo: Harmony Collezione
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    La finta fidanzata del capo - Carol Marinelli

    Prologo

    Se lo sentiva, che non doveva entrare in quella stanza.

    Soprattutto nelle sue condizioni.

    Kate Taylor avanzò con passo esitante. Aveva il cuore a mille e le guance in fiamme. Non si era mai sentita così imbarazzata. Le mani le tremavano vistosamente, mentre serviva il caffè al suo capo, Levander Kolovsky, e al fratellastro più giovane Aleksi.

    Nessun uomo le aveva mai fatto quell’effetto. E dire che era incinta di otto mesi!

    In viaggio da Londra, Aleksi Kolovsky si era fermato nella sede australiana di Melbourne della Maison Kolovsky, la fabbrica del lusso di proprietà della famiglia di origine russa, per parlare d’affari con il fratellastro.

    Era un personaggio noto. La stampa si era occupata spesso di lui, per la sua bellezza tenebrosa, i modi decisi, al limite della spregiudicatezza e i successi con le donne di ogni età e livello sociale. Per Kate non si trattava certo di uno sconosciuto, eppure si sentì rimescolare, quando Aleksi alzò gli occhi dalle carte e la guardò con aperta sorpresa.

    «Forse non dovresti star qui» le disse. Aveva una voce bassa e profonda, con un lieve accento russo. E le aveva dato del tu, con una naturalezza sorprendente.

    «Chiedo scusa?» reagì lei, con una punta d’impertinenza. Lavorava alla Maison da quattro mesi, aveva imparato a stare al suo posto, solo che... quell’uomo le provocava reazioni inaspettate.

    «Sembra quasi che tu debba farlo da un momento all’altro» fu il commento divertito di lui.

    «Fare che cosa?» Kate aggrottò la fronte, fingendo di non capire.

    Lui distolse gli occhi.

    «Scodellare il tuo bambino!» intervenne Levander, con uno dei suoi rari sorrisi. «A quanto pare, sei riuscita a risvegliare l’interesse del mio affascinante fratello, Kate. Non è un’impresa facile, te lo assicuro.»

    «Come mai la tieni ancora qui in ufficio?» volle sapere Aleksi.

    Levander si strinse nelle spalle.

    «In questi pochi mesi Kate si è rivelata un aiuto prezioso» riconobbe. «Precisa, ordinata, perfetta con i clienti, una segretaria fantastica! Non so proprio come farò, quando rimarrà a casa in maternità» sospirò.

    «Prima o poi tornerà...»

    «No, è un’assunzione temporanea» spiegò Levander. «Kate ha rotto con il fidanzato, padre del bambino che aspetta, e si è trasferita a Melbourne solo per questo periodo. Non ha intenzione di riprendere a lavorare, dopo la nascita del figlio.»

    Fu tutto. Dopo quel breve scambio di informazioni sulla sua vita, i due uomini s’immersero di nuovo nel lavoro, senza badare a lei.

    Kate realizzò con una punta di delusione che Aleksi non le aveva più rivolto la parola. Non l’aveva neanche ringraziata per il caffè...

    In seguito accadde qualcosa che non si sarebbe mai immaginata. A sorpresa, nelle due settimane seguenti lui tornò tutti i giorni, fermandosi ogni volta per salutarla e per scambiare qualche parola con lei, in attesa che Levander tornasse dalla sua corsa mattutina.

    Aleksi le raccontò della sua vita a Londra, dove guidava il mercato inglese della Maison Kolovsky. Non le nascose che gli piaceva divertirsi e partecipare a feste e balli.

    Kate gli confidò le sue preoccupazioni di madre single, con i genitori che non potevano aiutarla, perché vivevano lontano, e scarse prospettive per il futuro. Non gli nascose di avere pochi risparmi da parte e di non poter contare sul padre della bambina, troppo spensierato per occuparsi di una figlia.

    E arrivò l’ultima mattina prima del ritorno di Aleksi in Inghilterra. Aleksi arrivò alla Maison Kolovsky di pessimo umore. Lo aspettava una spiacevole riunione di famiglia, alla quale avrebbe rinunciato volentieri. Si aspettava la rasserenante presenza di Kate, e invece si ritrovò davanti una bionda tutta curve, dal trucco troppo carico e dall’aria svampita.

    «Dov’è Kate?» la apostrofò, con la voce più alta del dovuto.

    La bionda sbatté le lunghe ciglia.

    «Chi? Ah, la segretaria temporanea! Ha partorito stanotte.»

    «Bene! Ha avuto un maschio o una femmina?»

    «Non ne ho assolutamente idea...» La bionda si strinse nelle spalle. «A ogni modo, grazie di avermelo ricordato. Chiamerò l’ospedale. Levander vuole mandare dei fiori.»

    L’incontro di famiglia fu interminabile. Non capitava spesso che i tre fratelli e i genitori si trovassero tutti insieme. Josef, il gemello di Aleksi, aveva dovuto prendere un permesso dall’ospedale dove lavorava. Ascoltarono in silenzio il padre Ivan parlare della sua malattia, purtroppo incurabile, e della necessità di tenere la cosa segreta.

    «Ma papà, non c’è niente di cui vergognarsi...» provò a dire Josef, subito zittito dalla madre Nina.

    «Un Kolovsky non può mostrare debolezze» proclamò lei, in un tono che non ammetteva repliche.

    Poi il discorso si spostò sul lavoro. Mentre parlavano di progetti e modelli di abiti, borse e altri accessori, Aleksi non ascoltava più. Si sentiva l’amaro in bocca. Era tornato bambino, con le voci severe dei suoi genitori che gli intimavano di non lamentarsi se sentiva male, di non parlarne con nessuno, di non azzardarsi a piangere.

    Era ancora sconvolto, quando se ne andò.

    Nell’atrio c’era un grosso cesto con fiori, champagne, e una copertina di seta della Maison Kolovsky, rosa pallido.

    Dunque, era una femmina.

    Per Kate, le ultime ventiquattro ore erano state un incubo.

    Aveva sopportato dodici ore di inutile, doloroso travaglio, seguite da un cesareo d’urgenza, perché la sua bambina si presentava in una posizione non adatta al parto naturale.

    Ora la piccolina dormiva nella piccola culla accanto al letto, con i pugnetti chiusi vicino al faccino grinzoso, eppure lei si sentiva la donna più sola del mondo.

    La spossatezza e il dolore della ferita non erano niente, rispetto alla malinconia che la prendeva nell’orario di visita, come in quel momento.

    Le sue compagne di stanza erano circondate da parenti e amici, avevano ricevuto cesti di fiori, vestitini da neonato, regali e palloncini, mentre lei...

    Nel momento in cui lo vide, per un attimo Kate credette di sognare.

    Fra i mormorii d’ammirazione delle altre neomamme, Aleksi si avvicinò al suo letto.

    «Mi spiace tanto, tesoro!» si scusò con un sorriso. Posò in un angolo il magnifico cesto della Maison Kolovsky, poi si dedicò a Kate.

    La trovò stanca e sudata, con la faccia gonfia e gli occhi rossi per lo sforzo di spingere. Aleksi pensava che le donne dimagrissero, dopo il parto, invece lei sembrava il doppio di prima.

    «Potrai mai perdonarmi per non essere arrivato in tempo?» disse ancora, alzando la voce, a beneficio delle altre puerpere.

    Kate gli rivolse un sorriso riconoscente.

    «Smettila, se no penseranno che sei tu il padre.»

    «Che lo pensino pure...» Aleksi le cercò lo sguardo. «Allora, è stato così terribile?»

    «Ancora di più» mormorò lei, con un improvviso sussulto.

    «Che cosa c’è?»

    «La ferita mi fa male. Mi hanno fatto il cesareo.»

    «E quando ti mandano a casa?»

    «Entro questa settimana, credo.» La voce di Kate rivelava tutta la sua apprensione per i giorni che la aspettavano.

    «Non sarà un po’ presto?» si preoccupò Aleksi.

    La neonata si svegliò in quel momento. Agitò le minuscole braccia e voltò il viso tondo verso i due adulti. Ancora senza capelli, la piccola aveva gli occhi azzurri e le labbra piene della mamma.

    «Com’è bella!»

    Kate accennò un sorriso.

    «I bambini che nascono con il cesareo hanno il faccino più disteso» spiegò. Respirò a fondo, prima di passare alla madre di tutte le domande. «Si può sapere che cosa diavolo ci fai qui?»

    «Ero di strada, per andare all’aeroporto» improvvisò lui. Quando capì di non averla convinta, decise di essere sincero. «Dopo cinque ore di riunione con i miei familiari alla Maison, avevo bisogno di un diversivo.» Indicò la neonata. «Non piange?»

    «Non è ancora l’ora della poppata» mormorò lei. «Fra mezz’ora, sentirai che strilli! Vuoi prenderla in braccio?»

    «Non sono molto esperto di bambini» si scusò Aleksi. Poi si curvò sulla culla e sollevò la neonata con delicatezza.

    Kate stava per raccomandargli di sostenerle la testa, ma si accorse che lui l’aveva già fatto. Per qualche istante si cullò nell’assurda illusione che loro tre fossero una vera famiglia. Aleksi era così compreso nella parte di papà orgoglioso, che quella fantasia per pochi istanti si confuse con la realtà.

    «Mio padre ha un male incurabile» si lasciò sfuggire lui. Passò l’indice sulla guancia della piccola, la vide curvare la bocca in una specie di sorriso, e provò un’emozione sconosciuta.

    «Mi spiace.»

    «Non deve saperlo nessuno» si raccomandò Aleksi, sorpreso di aver rivelato quel segreto a una donna che conosceva da poco. Alzò lo sguardo. «Come l’hai chiamata?»

    «Georgie.»

    «Georgie» ripeté Aleksi, adagiandola di nuovo nella culla. Sorrise a Kate. «Sarai una brava madre.»

    «Come fai a dirlo?» Kate si ritrovò con gli occhi pieni di lacrime. «Ci proverò, anche se non potrò darle tutte le comodità che...»

    Lui non la lasciò proseguire.

    «Ce la farai, Kate. I miei genitori non avevano problemi di denaro, eppure non sono riusciti a farsi amare da noi figli. Tu dovrai superare un sacco di difficoltà, ma sono sicuro che ce la farai.»

    «Ti ringrazio.»

    Poi di nuovo tutto accadde come in un sogno.

    In quell’attimo, che lei avrebbe ricordato per sempre, Aleksi si chinò verso di lei e la prese fra le braccia, per stringerla quasi con cautela. Kate avvertì il profumo della sua colonia al legno di sandalo, Maison Kolovsky, mischiata a un particolare odore di maschio, che la fece arrossire, come al loro primo incontro.

    «Togliamo ogni dubbio al nostro pubblico» bisbigliò lui.

    E la baciò. Non con passione, certo. Piuttosto con tenerezza. Dopotutto, lei aveva partorito da meno di ventiquattro ore!

    Nel bacio di Aleksi c’erano affetto e calore. Ah, la sensazione della sua bocca morbida, il tepore del suo respiro, il languore del suo tocco...

    Lui si ritrasse, con naturalezza.

    «Adesso devo andare, o perderò l’aereo» si rammaricò, poi.

    Se stava recitando, era un attore da Oscar, si disse Kate. Perché sembrava davvero dispiaciuto di doversene andare.

    Rimasta sola, Kate si abbandonò contro i cuscini, con un lungo sospiro di beatitudine. Di colpo, il futuro non sembrava più così cupo. In un modo o nell’altro, sentiva di poter contare su Aleksi Kolovsky.

    E quando le infermiere vennero ad avvertirla che la trasferivano nel reparto a pagamento della clinica, rimase

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