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Né carne né pesce
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E-book512 pagine3 ore

Né carne né pesce

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Info su questo ebook

Vegetariani e vegani ai fornelli

Direttamente dalla trasmissione televisiva

Prefazione di Umberto Veronesi

Il primo tour gastrovegetariano dello stivale direttamente dalla trasmissione Né carne né pesce in onda su Sky

Perché Dacia Maraini, lo chef stellato Pietro Leemann e il geologo Mario Tozzi sono diventati vegetariani? Quali sono le ragioni etiche, animaliste, religiose e salutiste che motivano una scelta sempre più in ascesa nel nostro Paese? Attraverso le interviste a personaggi illustri, che hanno deciso di seguire la dieta vegetariana e vegana, ecco un percorso ricco di ricette sane e gustose, facili per chi ha poco tempo, o più elaborate per gli appassionati di cucina e una mappa ai luoghi d'Italia che offrono cibo senza carne e pesce. Una vera e propria guida completa per chi vuole diventare vegetariano e per chi lo è già.

Tra le ricette:

• Friggitelli alla greca

• Vellutata di piselli e menta

• Gnocchi integrali al pesto di menta

• Risotto avocado e lime

• Scarola ripiena

• Tofu allo zenzero e mela

• Cronuts al cioccolato vegan

• Cupcake tropicali vegan

Lara Rongoni

è produttrice e autrice di documentari tra cui Raunch Girl, A casa non si torna, L’eresia dei Magnacucchi. Vegetariana sin dall’adolescenza, è autrice e conduttrice della serie TV Né carne né pesce per il Gambero Rosso Channel (Sky), un viaggio alla scoperta della cultura vegetariana e vegana. Ha un blog sul fattoquotidiano.it.
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2014
ISBN9788854170315
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    Anteprima del libro

    Né carne né pesce - Lara Rongoni

    200

    Prima edizione ebook: settembre 2014

    © 2014 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    Fotografie: © Lara Rognoni

    Fotografie delle pagine 141, 143, 145, 147, 233, 243, 247,

    247, 249, 251, 253, 255, 261, 263, 265: © Martina Trovato

    ISBN 978-88-541-7031-5

    www.newtoncompton.com

    frontespizio

    Prefazione

    Essere vegetariani fa bene? Dovrebbero bastare le testimonianze contenute in questo libro per rispondere. Donne e uomini del mondo della cultura, dell'arte, dello sport che hanno smesso di mangiare carne – in alcuni casi qualsiasi prodotto di origine animale – per motivi etici, ambientali o di salute.

    Come loro, almeno sette milioni di persone in Italia hanno compiuto una scelta vegetariana, me compreso. E il numero, stando alle proiezioni statistiche, è destinato a crescere. C'è chi la definisce una rivoluzione incruenta e di certo la tendenza a ridurre, quando non azzerare, il consumo di carne può portare cambiamenti cruciali.

    Il primo è di tipo etico. Lev Tolstoj, con un passato da cacciatore, nel suo scritto Il primo gradino raccontò della visita a un macello, e commentò: «È orribile non solo la sofferenza e la morte di questi animali ma il fatto che l'uomo, senza alcuna necessità, fa tacere in sé il sentimento di simpatia e compassione verso le altre creature viventi e diviene crudele, facendo violenza a se stesso». Sono cresciuto in una cascina delle campagne lombarde, con cani, gatti, galline, vitelli. Gli animali sono stati i miei primi compagni di giochi e mi ripugna l'idea di ucciderli (senza alcuna necessità) per mangiarli.

    Il secondo cambiamento è di tipo ambientale. Siamo ormai sette miliardi di esseri umani che hanno il diritto a cibo e acqua pulita. Un miliardo di persone soffre la fame e la denutrizione, mentre un miliardo soffre delle malattie della sovralimentazione, come diabete, cardiopatie, tumori. Non possiamo più permetterci di consumare quindicimila litri d'acqua per ogni chilo di carne prodotto (ne bastano mille per produrre un chilo di cereali), né di destinare quasi la metà delle calorie prodotte in agricoltura a carburanti e mangimi per quattro miliardi di animali d'allevamento oltre a venti miliardi di polli.

    La terza è di tipo salutistico. Ormai ci sono pochi dubbi che un regime alimentare povero di carne e ricco di vegetali sia più adatto a mantenerci in salute. Frutta e verdura rispondono perfettamente ai bisogni del nostro organismo e contribuiscono a proteggerlo. Oltre a fornire pochi grassi, contengono molte fibre, che agevolano il transito del cibo e riducono l'esposizione a eventuali agenti dannosi che ogni giorno immettiamo nel corpo attraverso ciò che mangiamo. In questi prodotti della terra abbiamo scoperto risorse preziose, vitamine, antiossidanti e inibitori della cancerogenesi come i flavonoidi e gli isoflavoni. Studiamo le funzioni protettive delle molecole contenute in alcuni alimenti, come il licopene nei pomodori maturi contro i tumori della prostata, il resveratrolo nell'uva e nel vino rosso per i tumori gastrointestinali, gli isotiocianati e l'indolo delle crucifere che hanno mostrato un'azione antitumorale in varie forme di cancro. Diversi dati scientifici indicano un nesso fra il consumo di carni, specie quelle rosse e lavorate, e alcune malattie croniche, come tumori o patologie cardiovascolari. Lo stesso dicasi per l'obesità. È vero che i vegetariani tendono ad avere uno stile di vita più salutare in genere, non fumare, bere poco, fare movimento, per cui è difficile attribuire certi benefici alla sola alimentazione. Ma tutte le evidenze puntano lì: chi mangia poco e vegetariano vive più a lungo e più in salute.

    Professor Umberto Veronesi

    Introduzione

    Non sono una cuoca e nemmeno una nutrizionista, sono infatti autrice e produttrice di film documentari.

    Recentemente ho realizzato e condotto un programma dal titolo Né carne né pesce andato in onda su Gambero Rosso Channel. Tra ospiti e piatti prelibati, insieme allo chef vegano Paolo Petralia, abbiamo scelto di parlare di cultura vegetariana ironicamente, ma allo stesso tempo in maniera approfondita. Abbiamo incontrato chef, produttori, storici e personaggi molto noti, che ci hanno raccontato i perché di questa scelta e si sono anche messi alla prova dietro i fornelli. Con questo viaggio siamo stati testimoni di una crescita esponenziale della cultura vegetariana e vegana in Italia. Negli ultimi anni sono nati molti ristoranti, fast food, pasticcerie, negozi totalmente vegani e persino le grandi catene che forniscono cibo hanno creato sezioni ad hoc indirizzate a chi nella vita ha scelto di nutrirsi senza carne o pesce. Ognuna delle persone che abbiamo incontrato ha fatto una scelta importante e personale.

    Io non mangio carne da quando sono bambina, non ho mai mangiato una bistecca. Crescendo ho smesso anche di mangiare il pesce. Mi sento vegetariana, provo a essere vegana, cucinando quando posso senza latte né uova, ma credo di non essere ancora pronta a rinunciarvi del tutto.

    La mia scelta è dovuta a un fatto personale, i miei nonni possedevano animali (mucche, galline, conigli e maiali) ai quali mi affezionavo e che riconoscevo, ma che a un certo punto sparivano.

    Diventando grande ho acquisito più informazioni in merito agli allevamenti intensivi (che nulla hanno a che fare con quelli dei miei nonni): un’infinità di animali ammassati in gabbie o capannoni puzzolenti e sporchi, senza finestre, che conducono una vita terribile per poi essere macellati con crudeltà.

    Ancora peggiori sono gli effetti di una dieta carnivora sull’ambiente: gli allevamenti intensivi sono infatti una delle maggiori cause di inquinamento del nostro pianeta oltre a costituire uno sperpero di energia e acqua incredibile. Se decidessimo di destinare i terreni, ora riservati alla produzione di cibo per il bestiame da allevamento, alla coltivazione di cereali e verdure per nutrire noi stessi, si ridurrebbero i costi per il pianeta e si offrirebbe un valido aiuto per la ridistribuzione delle risorse alimentari.

    Per me imbarcarmi in questo viaggio non ha significato assolutamente fare del proselitismo. Sono atea in tutti i sensi, ma credo davvero che non sia concepibile nel nostro secolo, in senso etico e civile, cibarsi ancora di animali.

    Questa vuole essere, senza pretese, una piccola guida per affrontare una diversificazione alimentare per chi è cresciuto avvalendosi di una dieta onnivora.

    Ad aprire questo libro, l’oncologo Umberto Veronesi, il quale ci rassicura sul fatto che non dobbiamo aver paura anche solo di ridurre il consumo di carne a favore di un utilizzo più consistente di verdure e proteine vegetali, anzi semmai ci guadagniamo.

    Poiché non esiste una motivazione uguale per tutti riguardo alla scelta vegetariana, ho pensato di raccogliere diverse interviste a testimonianza delle ragioni che spingono una persona a rinunciare alla carne. Alla base di una nutrizione prevalentemente vegetale ci possono essere convinzioni di tipo animalista, ambientale, salutista o anche religioso.

    Mi piaceva l’idea di far parlare direttamente i fautori di questa scelta, per conoscere i perché, le difficoltà, i vantaggi e anche i consigli che sentono di poter dare.

    Le ricette che trovate nel mio libro invece appartengono a me, ad amici o parenti vegetariani e non solo... perché mangiare bene e sano è una pratica che tutti dovremmo abbracciare.

    Mangiare vegetariano non significa mangiare triste, chi mi conosce sa che uno dei miei peggior difetti è che sono golosissima, se volete litigare con me fatemi saltare un pranzo, potrei mettervi nella mia lista nera per l’eternità.

    Le ricette che vi propongo sono quasi tutte facili e veloci e sono adatte a tutti: per lo studente con poche risorse e tempo, per una cena di famiglia e perché no, per una cena sfiziosa tra amici.

    Una sezione è interamente dedicata alla preparazione di bevande vegetali e tisane, tutte testate da me, che ne bevo in quantità.

    Infine, poiché il cibo è una gioia della vita e va sperimentato in tutte le sue forme, ho preparato una lista di luoghi dove poter mangiare vegetariano e vegano lungo lo Stivale; dall’alta cucina di Pietro Leemann a Milano a quella più tradizionale dell’osteria fiorentina Il vegetariano.

    Lara

    Le interviste

    Pietro Leemann

    Pietro Leemann è lo chef titolare del ristorante di alta cucina naturale Joia di Milano, primo ristorante vegetariano in Europa ad aver ricevuto la famosa stella Michelin.

    L: Perché e quando hai deciso di diventare cuoco?

    PL: È successo circa all'età di quindici anni, dopo aver assaggiato una bavarese di vaniglia fatta da Angelo Conti Rossini, due stelle Michelin all'epoca. Il suo piatto era sublime e da quel momento ho deciso di occuparmi di cucina. Grazie a lui ho potuto muovere i primi passi nelle cucine di alcuni tra i più importanti ristoranti europei e, dopo un lungo percorso, diventare lo chef che sono oggi.

    L: Come si è sviluppato questo cammino negli anni e come hai elaborato la tua personale idea di fare cucina?

    PL: Ho imparato iniziando dalla cucina tradizionale italiana e quella francese, ma l'Europa a un certo punto mi è stata stretta. Mi sentivo abbastanza realizzato dal punto di vista della manualità, ma trovavo la cucina europea troppo livellata a uno standard ormai determinato. Non mi bastava più quel tipo di creatività e ho sentito l'esigenza di esplorare nuovi mondi; ho pensato di partire per l'Oriente, un luogo che avevo già visitato in passato e che mi ha aperto le porte al vegetarianesimo. Tornato in Italia, non ho più potuto abbandonare la nuova concezione di cibo che avevo acquisito in Oriente, e così ho aperto il Joia.

    L: Come ha preso questa tua decisione Gualtiero Marchesi, che tra l'altro è stato anche uno dei tuoi maestri in passato?

    PL: Gualtiero è una persona di grande cultura e siamo molto amici, però secondo lui non è possibile fare una cucina di alto livello limitando alcuni ingredienti di base. Io la vedo diversamente: la cucina vegetariana è addirittura liberatoria, nel senso che la presenza di un ingrediente come la carne limita le potenzialità di uno chef costringendolo a focalizzare l'attenzione su quell'unico protagonista. Di solito, infatti, il piatto carnivoro nasce per esaltare il sapore principale e la costruzione della ricetta ruota intorno a questo. In questo modo, lo spettro di combinazioni possibili, per quanto numeroso, non è mai ampio quanto quello che a mio avviso offre il prodotto naturale: verdura, frutta, cereali, semi, fiori, spezie. La mia cucina è pioniera di una nuova generazione di chef che si sta evolvendo in una direzione sempre più tesa all'utilizzo di materie prime vegetali. Trovo molto più interessante la cucina naturale perché celebra la vita e i suoi prodotti stagionali e non la morte dell'animale. Per fortuna oggi si stanno sviluppando anche ottime abitudini come quelle di fare la spesa dal contadino e coltivare piccoli orti casalinghi.

    L: Pensi sia opportuno da vegetariano imporre una scelta in questa direzione, per esempio ai bambini?

    PL: Secondo i miei princìpi, la libertà di scelta è un concetto fondamentale per tutto ciò che si fa nella vita, alimentazione compresa. Le mie figlie sono tendenzialmente vegetariane ma non impongo loro di esserlo, la stessa cosa vale per i miei collaboratori. Qualcuno di loro è naturalmente vegetariano, qualcuno lo sta diventando e altri quando lavorano qui lo diventano. Se proponi una cucina vegetariana e lo fai attraverso una determinata filosofia è naturale a un certo punto abbracciare una strada in tal senso anche a livello personale. La credibilità di un ristorante come il nostro passa anche da questo probabilmente, ma il valore della libertà di scelta è irrinunciabile e dunque resto saldamente legato alla convinzione che una decisone così importante, e che cambia la vita, debba essere fatta in modo autonomo, mai imposta.

    L: Il tuo motto è Siamo ciò che mangiamo. Pensi che i vegetariani siano più evoluti degli onnivori?

    PL: Non mi piace accusare e giudicare perché un tempo anche io sono stato onnivoro. Penso però che la cucina vegetariana sia più evoluta rispetto a quella che presuppone l'uccisione di animali, perché nella mia scala di valori la non violenza ha grande rilevanza.

    L: È più difficile diventare chef stellati se si fa unicamente cucina vegetariana o vegana?

    PL: Senz'altro è più impegnativo, ma non tanto perché la cucina vegetariana non sia all'altezza di quella onnivora, quanto per il fatto che non essendo ancora stata codificata l'ispettore che viene a mangiare non ha dei termini di paragone e può avere maggiori difficoltà nell'emettere un giudizio.

    L: Un aspetto non secondario dei tuoi piatti è quello di avere moltissime proposte senza latte e senza uova adatte sia a vegani che agli intolleranti di questi generi alimentari.

    PL: Ce ne sono anche per chi non può mangiare glutine. Diciamo che cerco di avvicinarmi alle esigenze delle persone, mai rinunciando all'eccellenza da un punto di vista del gusto, perciò un piatto che ad esempio non può fare a meno del latticino resta nel menu così com'è fino al momento in cui sono pronto a riproporlo con ingredienti diversi senza alterazioni di gusto.

    L: Come nasce un tuo piatto?

    PL: I miei piatti nascono da un'idea, prima che dagli ingredienti. Dall'idea si passa agli ingredienti, un po' come succede nel mondo dell'arte. Ecco perché il risultato produce un piatto che racchiude un significato importante.

    L: Come ci si avvicina a una ricetta così ricca di contenuti? Si è liberi di impugnare la forchetta e mangiare, oppure ci si prepara in qualche modo?

    PL: Un tempo la maggior parte delle persone dicevano una preghiera prima di mangiare e io continuo a farlo. Ringraziare per ciò che si riceve ci predispone a una migliore attitudine nei confronti del cibo.

    L: Cosa si aspetta il cliente che viene da voi e che sensazione vorreste portasse con sé?

    PL: L'aspettativa riguarda un'esperienza attraverso il gusto e le sensazioni che il cibo offre. Ciò che ci auguriamo quando i nostri clienti lasciano la tavola è che siano felici e magari alleggeriti dalle preoccupazioni con cui erano entrati.

    L: Perché quell'esperienza culinaria può definirsi anche sensoriale?

    PL: I miei piatti sono ideati per stimolare tutti e cinque i sensi: l'olfatto attraverso la percezione degli odori, il tatto che si esprime nella consistenza del cibo e l'udito viene coinvolto in vari modi, anche grazie a un suono come quello croccante, ad esempio. In merito al gusto, cerco sempre di utilizzare almeno tre elementi tra acido, amaro, dolce, salato e piccante. Facciamo inoltre molta ricerca e combinazione di elementi crudi perché solo con il crudo molto spesso si ha un apporto di vitamine specifiche al nostro benessere e dunque ci piace molto abbinare elementi crudisti tra loro ma anche utilizzarli insieme a cibi cotti, e i nostri piatti sono una festa di colori, un godimento per la vista.

    L: La cucina è secondo te un mezzo efficace per veicolare il messaggio che è alla base della scelta vegetariana?

    PL: La cucina funziona meglio di molte teorie. Mangiando con gusto ci si chiede con naturalezza il perché di una certa scelta e nasce la curiosità per quei valori etici che sottendono a una dieta rispetto alla quale si nutrono dei pregiudizi. Qui al Joia non si rinuncia al piacere e alla gioia di mangiare, anzi, la ricerca che ci poniamo è finalizzata a far star bene le persone, nel corpo e nell'anima.

    L: Come ti poni nei confronti dei tuoi amici chef, cerchi di convincerli ad andare in una direzione più vegetariana?

    PL: A dire la verità molti di loro tendono a farlo anche se spesso è il mercato a condizionare le scelte dei consumatori e di conseguenza anche dei ristoranti. In virtù del principio di libertà di cui abbiamo parlato prima, penso sia giusto cercare il più possibile di non farci imporre determinati alimenti, soprattutto quelli zuccherati che creano addirittura una sorta di dipendenza. Viviamo in una società di consumo ma noi non siamo fatti solo di materia. C'è una sostanza spirituale che ci anima e che va nutrita con un'attitudine pacifica e amorevole verso ogni cosa.

    Claudia Zanella

    Claudia Zanella è un'affermata attrice italiana, amante degli animali, appassionata di cucina vegan e naturopatia.

    L: Claudia, perché sei vegetariana?

    C: Sono diventata vegetariana perché amo profondamente gli animali e non sopporto l'idea che debbano soffrire. Provo una pena immensa per ciò che accade nei macelli, ma anche per i cani costretti alla vita nei canili.

    L: Ti è mai capitato di salvarne qualcuno?

    C: Faccio del mio meglio, certo. Penso che piangersi addosso sia inutile quando si può agire. Ho alcuni amici che salvano gli agnellini dai macelli e spesso me li portano a casa. Sono anche volontaria in un canile. Quando posso vado a fare le coccole ai cani e me li porto un po' a spasso. Mi è capitato anche di utilizzare il mio profilo facebook per promuovere qualche adozione e sono riuscita ad accasarne qualcuno.

    L: Agire per amore degli animali per te significa anche non mangiarli?

    C: Assolutamente. Penso che non ci sia differenza tra noi e loro. Ho deciso di eliminare anche i latticini dalla mia dieta, perché negli allevamenti le mucche vengono ingravidate in continuazione per produrre il latte. Il parto non avviene in modo naturale e queste bestie sono rinchiuse per poter essere munte. Il latte che arriva sulle nostre tavole servirebbe agli agnelli che hanno partorito, né più né meno come succede nel mondo degli esseri umani. Da animalista penso che il latte delle mucche sia adatto agli agnelli, ma anche analizzando la cosa dal punto di vista della naturopatia, in cui mi sto diplomando, dico che il latte pieno di lattosio e caseina non fa bene.

    L: Fai molta ricerca sui temi legati all'alimentazione?

    C: Sì, oltre alla naturopatia, ho letto e leggo tantissimi libri in merito. Tempo fa ho conosciuto un'insegnante di yoga vegana che mi fatto capire l'importanza di essere

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