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L orgoglio di Kat: Harmony Collezione
L orgoglio di Kat: Harmony Collezione
L orgoglio di Kat: Harmony Collezione
E-book164 pagine3 ore

L orgoglio di Kat: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Sinonimo di stile, fascino e ora anche scandalo, le sorelle Balfour, ultime eredi dell'antica dinastia, adesso hanno una bella lezione da imparare...



Kat Balfour, reginetta della vita mondana, viene mandata dal padre Oscar sullo yacht di Carlos Guerrero, affascinante milionario spagnolo, e solo quando le mettono in mano un grembiule capisce di non trovarsi lì per una rilassante crociera, ma per lavorare! Kat si scopre così intrappolata nel bel mezzo del Mar Mediterraneo, accanto a uno degli uomini più sexy che abbia mai incontrato, ed è costretta ad affrontare, per la prima volta nella sua vita, impegni e responsabilità. Carlos è turbato dalla bellezza della sua nuova cameriera di bordo, e anche se è costretto a farla lavorare sodo sono altre le mansioni che vorrebbe affidarle. Per farlo, scopre però di dover domare il suo carattere infuocato.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788858974902
L orgoglio di Kat: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    L orgoglio di Kat - Sharon Kendrick

    1

    Persino i brillanti raggi del sole del Mediterraneo non riuscivano a illuminare il suo umore.

    Con un sospiro, Kat respinse una ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso e si appoggiò allo schienale del comodo sedile della limousine. Una settimana era trascorsa, ma le memorie di quella notte erano ancora troppo vivide. Una notte durante la quale le accuse, e le repliche a esse, erano vorticate assordanti nell’aria come le pale di un elicottero. E un altro segreto di famiglia aveva manifestato la sua brutta presenza.

    Se solo...

    Se solo il tutto non fosse successo nel bel mezzo del Ballo di beneficenza dei Balfour, quando la metà dei rappresentanti della stampa mondiale erano stati accampati fuori la residenza, in paziente attesa dell’immancabile scoop. Kat chiuse gli occhi per un istante. Scommetteva che quei giornalisti ancora non riuscivano a credere di avere avuto tanta fortuna.

    Già il ballo dell’anno precedente era stato tremendo, perché lei aveva dato un ben misero spettacolo di sé in presenza di quell’arrogante spagnolo, Carlos Guerrero, ma almeno nessuno aveva testimoniato al fatto tranne suo padre. Questa volta purtroppo gli eventi erano stati decisamente peggiori, perché la sua gemella aveva annunciato che la loro amata sorella Zoe era stata generata non da Oscar ma da un altro uomo, e che quindi non era una Balfour.

    Come cani da caccia che inseguivano la loro preda, i cronisti avevano stazionato nei dintorni della residenza Balfour per giornate intere, e ancora una volta il cognome Balfour era apparso sulle pagine di tutti i giornali. Quelle parole usate in relazione alla sua famiglia, a cui ormai suo malgrado si era abituata, erano diventate ancora una volta l’argomento del giorno. Parole che avevano ancora il potere di ferire, non importava quante volte le avesse ascoltate.

    Scandalo.

    Vergogna.

    Segreti.

    E in verità, sì, i Balfour avevano avuto scandali, e segreti. Ma solo perché erano ricchi, non significava che fossero anche immuni del dolore. Erano come tutti gli altri esseri umani. Però l’atteggiamento dignitoso che continuavano a mantenere in pubblico e quella maschera impassibile che indossavano a beneficio della stampa facevano sì che nessuno se ne rendesse conto del loro turbamento, e nel suo caso ancora di meno. Kat si permise un amaro sorriso. Perché quando una persona soffriva, diventava vulnerabile, e la vulnerabilità era la cosa più pericolosa. Lei lo aveva sperimentato sulla sua pelle.

    Si voltò verso il finestrino e ripensò a come aveva reagito all’ultimo oltraggio, ossia allo stesso modo di come aveva sempre fatto. Era fuggita dalla residenza di famiglia. Non era andata lontano, in verità, soltanto a Londra, dove aveva preso una camera in un albergo sotto falso nome nascondendosi dietro un paio di grandi occhiali da sole.

    Poi, il giorno prima, suo padre aveva telefonato per offrirle un’opportunità.

    Perché aveva provato quella vaga sensazione di sospetto?, si chiese Kat. Forse perché Oscar, pur essendo suo padre biologico, non le era mai stato caro come il suo adorato patrigno, Victor?

    Kat respinse con decisione le lacrime che le bruciavano gli occhi, e le sostituì con quell’espressione di sfida che le era propria. Ora non avrebbe pensato a Victor, e nemmeno al passato. Perché era lì che erano racchiuse tutte quelle emozioni angosciose che lei tentava accanitamente di dimenticare.

    «Che tipo di opportunità, papà?» aveva replicato con tono poco convinto.

    Era seguito un lungo silenzio. E aveva forse solo immaginato quelle note gelide nella voce di suo padre?

    «Il tipo di opportunità che non devi lasciarti scappare» aveva risposto infine Oscar. «Non mi hai per caso detto l’altra sera al ballo che eri stanca della vita che conduci, Kat?»

    Lo aveva detto? Forse in un momento di debolezza era stata così stupida da confessare al patriarca dei Balfour che una corrente di malinconia scorreva impetuosa nelle sue vene?

    «L’ho fatto?» aveva chiesto.

    «Certo. Così, perché non afferrare al volo la possibilità di cambiare scenario e aria per un poco? Cosa ne pensi di una crociera nel Mediterraneo?»

    Pensava che era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Mare e una via di fuga. E anche se suo padre aveva rifiutato di fornirle altri dettagli al riguardo, lei sapeva che si trattava di un’occasione fantastica. Perché, nonostante l’impazienza che a volte Oscar manifestava nei confronti delle sue figlie, non c’era nulla che gli piacesse di più del viziarle e offrire loro il meglio della vita.

    Ecco perché in quel momento era in una lussuosa limousine diretta al porto di Antibes, mentre il brillante sole della Provenza rendeva indimenticabili le vacanze dei ricchi turisti. Il mare era dello più splendido colore cobalto, e il porto era affollato da barche a vela e motoscafi. Ma così era il sud della Francia, ragionò. Bellezze naturali, lusso e divertimenti per chi poteva permetterseli.

    Con un’abilità perfezionata negli anni, Kat respinse tutti i pensieri negativi mentre la limousine parcheggiava sul molo riservato alle imbarcazioni di lusso.

    «È quella, signorina» disse l’autista, indicando la barca più grande di tutte, sul ponte della quale camminavano due membri dell’equipaggio in uniforme bianca.

    Ogni preoccupazione dimenticata, Kat, guardò quello che era il panfilo più bello che avesse mai visto. Con la sua forma affusolata e la prua appuntita, sembrava un enorme uccello marino in procinto di spiccare il volo. Scorgeva una piscina alla fine del ponte, e su quello più alto la pista per l’atterraggio degli elicotteri.

    «Oh... Wow!» esclamò, le labbra atteggiate in un vero sorriso. Da sempre frequentava la società che contava, e sapeva che un panfilo del genere testimoniava la ricchezza smisurata del suo proprietario. E quello che aveva davanti era assolutamente unico. Era... spettacolare.

    Alcuni turisti si erano fermati per fotografarlo. Di nuovo Kat si chiese a chi apparteneva una simile meraviglia, e perché suo padre avesse ostinatamente rifiutato di dirglielo.

    Il nome della barca forniva pochi indizi. Corazón Frio, Cuore di Ghiaccio, era scritto a lettere scure sulla fiancata. Il che significava cosa? Non aveva una particolare propensione per le lingue straniere, ma anche lei capiva che erano parole spagnole. Il suo cuore ebbe un tuffo. Era spagnolo anche l’uomo che l’aveva umiliata in pubblico.

    E che da allora aveva tormentato i suoi sogni. Un uomo dal fisico atletico, con una massa di capelli neri e gli occhi più freddi che lei avesse mai visto.

    Allontanando quel ricordo per lei ancora più imbarazzante degli eventi del ballo della settimana precedente, Kat mosse qualche passo sulla banchina e non poté fare a meno di notare che diverse persone si erano fermate per guardarla.

    D’altra parte, le persone la guardavano sempre. Vedevano di lei solo la parte esteriore, cioè gli abiti di alta sartoria o comunque sottilmente provocanti che preferiva, e che per lei erano quasi un’armatura che impediva alla gente di avvicinarsi troppo, cioè, quello che, in fin dei conti, era il suo scopo.

    In quel momento indossava un paio di short di jeans sbiaditi e una maglia bianca tanto corta da lasciar scoperta buona parte del ventre piatto e abbronzato. I capelli castani le ricadevano sulle spalle e fino alla vita in morbide onde e gli occhi blu tipici dei Balfour erano nascosti da un paio di lenti da sole. Non aveva avuto dubbi nello scegliere l’abbigliamento per quella crociera. Indumenti che, pur nella loro semplicità, dichiaravano a gran voce il suo status sociale.

    «Vuole prendere le mie valigie, per favore?» chiese all’autista prima di incamminarsi con passo sicuro, nonostante le zeppe altissime dei sandali che calzava, verso la passerella accanto alla quale era fermo un uomo in uniforme dai capelli biondi. «Salve» lo apostrofò. «Probabilmente aspettate me. Sono Kat Balfour.»

    L’uomo, un piccolo diamante che gli adornava il lobo dell’orecchio, annuì. «Sì, ero certo che fosse lei.»

    Kat si guardò intorno. «Gli altri ospiti sono già arrivati?»

    «No.»

    «E... Il proprietario dello yacht?» chiese ancora lei un po’ imbarazzata, perché le sembrava una follia che non conoscesse neanche il suo nome. Ma perché mai non aveva costretto suo padre a rivelarglielo? Perché eri troppo impegnata a ingraziartelo, le suggerì la voce della sua coscienza. Perché avevi capito che era di uno strano umore e di conseguenza temevi che avrebbe smesso di versarti il tuo assegno mensile, e cosa avresti fatto poi in quel caso? Scosse la testa e si rese conto che l’uomo in uniforme la fissava con una strana espressione sul viso e capì che si sarebbe resa ridicola ai suoi occhi se adesso avesse domandato a lui il nome del suo anfitrione. «Lui è già qui?» aggiunse.

    «No, non ancora.»

    «Le dispiacerebbe portare le mie valigie?»

    «Perché non lo fa da sola?»

    Kat lo fissò, sbalordita. «Credo di non aver capito» mormorò.

    «Io sono l’ingegnere di bordo, non il facchino.»

    In qualche modo, Kat riuscì a tenere il sorriso fermo sulle labbra. Una discussione con un marinaio non l’avrebbe portata a nulla, ma sicuramente avrebbe riferito quell’insolente comportamento al suo datore di lavoro. Così il tizio avrebbe imparato che nessuno poteva rivolgersi a una Balfour con quei toni. «Allora forse sarebbe così gentile da mostrarmi la mia cabina» provò ancora.

    «Con piacere.» L’uomo sorrise. «Mi segua.»

    Kat non provvedeva a portarsi i bagagli da sola da quando era stata espulsa l’ultima volta da scuola. Quelli che aveva preparato per la crociera erano ingombranti, e camminare con pesi simili in mano in bilico sui tacchi altissimi senza rinunciare all’abituale grazia dei suoi movimenti non era certo l’impresa più facile del mondo.

    E se l’inizio non era stato dei migliori, la situazione degenerò velocemente perché, quando arrivarono nella cabina, Kat si guardò intorno incredula. Era da molto tempo che non era ospite su uno yacht, ma nel passato le era sempre stato riservato il miglior alloggio possibile. Una cabina sul ponte, così che di mattina, appena sveglia, aveva avuto la possibilità di uscire e ammirare l’infinita distesa del mare. O anche una camera più interna, ma dove si avvertiva di meno il rollio delle onde.

    Ma quella...

    Quella cabina era piccola, si rese conto Kat. C’era appena posto per una cuccetta e un minuscolo armadio. Nessun quadro alle pareti e, peggio, nessun oblò! E qualcuno aveva appeso sulla porta un indumento non meglio identificato. Lasciò cadere le valigie per terra e si girò verso l’uomo. «Ascolti...»

    «Mi chiamo Mike» la interruppe lui. «Mike Price. Possiamo anche darci del tu.»

    Kat avrebbe voluto dirgli che non le interessava affatto sapere il suo nome e che, se continuava a rivolgersi a lei con quel tono sfrontato, entro la fine della giornata si sarebbe ritrovato senza un lavoro, ma in quel momento aveva cose più importanti in mente dell’inefficienza e della boria di quel tipo. «Ritengo che ci sia un errore» riprese.

    «In che senso?»

    «Questa cabina è troppo piccola.»

    «Ma è quella che ti è stata assegnata» obiettò Mike Price, scrollando le spalle. «Farai meglio a parlarne con il capo.»

    Kat strinse i denti. Se solo avesse saputo chi era il capo! Ma ovviamente non poteva chiederlo a quell’uomo. «Credo che lei non capisca, signor Price...»

    «Mi chiamo Mike» ribadì l’ingegnere. «E sei tu che non capisci» la rimbrottò poi con tono brusco. «Il capo desidera che i suoi dipendenti facciano il loro lavoro senza lamentarsi, ecco perché li paga così bene.»

    «Ma io non sono una dipendente» ragionò Kat. «Sono un’ospite.»

    L’uomo socchiuse gli occhi e poi rise, quasi lei gli avesse appena raccontato una barzelletta. «Non penso proprio. O almeno, non è questo che mi è stato detto.»

    «Ma di cosa sta parlando?» domandò Kat, avvertendo i primi sintomi dell’apprensione.

    Mike prese l’indumento che lei aveva notato entrando nella cabina e glielo porse.

    «Che cos’è?» chiese Kat.

    «Che cosa ti sembra?»

    Le ci volle un momento per capirlo, poiché non era proprio un indumento che le fosse familiare. «Un... Grembiule?» balbettò Kat. Strinse la ruvida stoffa fra le dita prima di restituirlo a Mike, il cuore che le martellava nel petto. «Ma che diavolo sta succedendo qui?»

    Una ruga solcò la fronte dell’ingegnere. «Forse faresti meglio a seguirmi.»

    Cos’altro poteva fare, se non accettare quel suggerimento? Magari togliere i suoi costosi vestiti dalle valigie e tentare

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