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C'era una volta, sul mare (eLit)
C'era una volta, sul mare (eLit)
C'era una volta, sul mare (eLit)
E-book152 pagine3 ore

C'era una volta, sul mare (eLit)

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Info su questo ebook

I tre Principi di Mardivino 3
Quella fiabesca isola nel Mediterraneo non ha mai subito invasioni. Almeno fino a quando i regnanti, i tre Principi di Mardivino, non vengono assediati da occhi incantevoli e suadenti voci femminili.
L’inizio è quello classico delle favole: un principe affascinante e potente, una bellissima ragazza in attesa dell’uomo dei sogni, un meraviglioso castello, un amore forte e inaspettato. Un inizio tanto perfetto da far pensare a Millie, neosposa dell’erede al trono di Mardivino Alberto Fantone, di essere finita dritta dritta in una fiaba. Ma in un libro di fiabe i principi azzurri si comportano in un modo tanto misterioso e incomprensibile? E le principesse sono tanto ardite da uscire dalle pagine di quel libro, per affrontare incredibili rivelazioni?
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2021
ISBN9788830526921
C'era una volta, sul mare (eLit)
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    C'era una volta, sul mare (eLit) - Sharon Kendrick

    Copertina. «C'era una volta, sul mare» di Kendrick Sharon

    Immagine di copertina:

    Depositphotos / nejron

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Future King’s Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2005 Sharon Kendrick

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-692-1

    Frontespizio. «C'era una volta, sul mare» di Kendrick Sharon

    1

    Alberto non aveva mai avuto problemi quando si era scelto un’amante.

    La prescelta doveva essere, ovviamente, bella e intelligente ma, per ovvie ragioni, anche discreta. Le candidate disponibili per quella posizione non ufficiale, e nemmeno riconosciuta, erano sempre state numerose, e non c’era da sorprendersi. Perché, anche non tenendo conto degli inquieti occhi scuri che illuminavano un viso freddo e bellissimo e del corpo snello e muscoloso, nessuna donna al mondo si sarebbe lasciata sfuggire l’opportunità di diventare l’amante di un principe.

    Un principe che, un giorno, sarebbe stato re di Mardivino, l’incantevole isola mediterranea che la sua famiglia governava dal tredicesimo secolo. Un principe che possedeva palazzi, aerei e macchine veloci, oltre a una scuderia di cavalli da corsa di prima classe. Alberto aveva tra le mani una ricchezza inestimabile e chi avrebbe biasimato le donne che non sognavano altro che quelle stesse mani le accarezzassero con passione?

    Ma ora la ricerca era differente e lo spaventava. Si trovava a dover prendere la decisione più importante della vita e non poteva dilazionare oltre l’inevitabile. Non era un’amante che stava cercando, ma una moglie. E la scelta doveva essere quella giusta.

    I suoi due fratelli erano già sposati e avevano avuto dei figli, e proprio questo era il rischio. C’era un unico mezzo per assicurare che il suo sangue scorresse nelle vene dell’erede di Mardivino.

    Doveva sposarsi e mettere al mondo un figlio.

    Il cuore pesante, si guardò intorno nella camera che gli era stata assegnata quando era arrivato, il giorno precedente. L’architettura era diversa da quella di Rainbow Palace, anche se si trattava di una bellissima stanza, tipicamente inglese.

    Le finestre immense erano dotate di montante e traverse a lunetta, e i pannelli di vetro catturavano e riflettevano la luce del sole dalle diverse angolazioni, tanto che l’interno arioso somigliava a una gabbia di uccelli. Ma era una voliera dalla quale difficilmente sarebbe evaso.

    Caius Hall, una splendida dimora del sedicesimo secolo, era proprietà delle sorelle de Vere, la maggiore delle quali lui intendeva sposare. Lady Lucinda de Vere, soprannominata Lulu, aveva tutto ciò che lui chiedeva a una moglie. Il sangue era puro come il suo, inoltre era bionda e bellissima.

    Le rispettive famiglie si conoscevano da anni. I loro padri avevano studiato insieme all’università e si erano sempre tenuti in contatto benché, inevitabilmente, col tempo gli incontri si fossero diradati. Alberto aveva persino trascorso una vacanza in quella proprietà, ma le due ragazze all’epoca erano molto giovani, anzi, una era addirittura una bimba.

    Poi, verso la fine dell’anno precedente, aveva rivisto la maggiore a una partita di polo.

    Non era stato un caso. L’incontro era stato programmato da amici comuni, che avevano ritenuto che fosse giunto il momento per lui di frequentare una giovane del suo rango. Quasi senza riflettere, Alberto aveva innalzato le difese, ma era rimasto colpito dalla sicurezza di Lulu e dalla sua straordinaria bellezza.

    «Ci conosciamo già!» aveva esclamato Lulu quando si era chinato a baciarle la mano. «Non sei stato ospite a casa mia qualche anno fa?»

    «Molto tempo fa.» Alberto aveva aggrottato la fronte. «Avevi le treccine, mi sembra...»

    «Oh, terribile!»

    Eppure quell’incontro di anni prima gli dava un certo senso di sicurezza, era un punto fermo, vitale per un uomo nella sua posizione. Lulu non era una sconosciuta con motivazioni nascoste, lui aveva frequentato la sua famiglia. Il matrimonio avrebbe avuto l’approvazione generale.

    Da quel giorno si erano incontrati diverse volte ai party che erano stati organizzati con quell’intento. Qualche volta Alberto si domandava se, chiedendo la luna, una squadra di astronauti di Mardivino sarebbe partita nel tentativo di accontentarlo.

    Nel corso delle conversazioni si era creata un’intesa inespressa riguardo alle loro necessità e ai loro desideri. Lui voleva una moglie che gli desse un erede, e lei desiderava diventare principessa. Era il sogno di tante giovani aristocratiche inglesi. Semplice.

    Così quel giorno, dopo il pranzo, avrebbe chiesto formalmente il consenso di corteggiare Lulu. E, una volta superata quella linea sottile, non c’era possibilità di ritorno. Dietro le quinte, sia a Mardivino, sia in Inghilterra, sarebbero iniziate lunghe trattative politiche, insieme ai preparativi per la cerimonia. Com’era giusto che fosse.

    Nel giro di qualche ora non sarebbe più stato libero.

    Si permise un sorriso tirato. Non più libero? Quando mai lo era stato? Un principe ereditario può anche godere di ricchezza e potere, ma la libertà, che gli uomini danno per scontata, per lui non era contemplata.

    Controllò l’orologio. Mancava un’ora al pranzo e provava una certa inquietudine. Non aveva voglia di essere coinvolto in una di quelle stupide conversazioni senza senso che assorbivano gran parte della sua vita di principe.

    Uscì dalla camera e si avviò lungo uno degli interminabili corridoi, finché raggiunse il giardino dove respirò a pieni polmoni l’aria primaverile.

    La brezza era leggera e profumata; nel prato i fiori gialli e azzurri esibivano orgogliosi le loro corolle. Gli alberi erano un trionfo di boccioli rosa e bianchi e, ai loro piedi, si stendevano le campanule di un blu magico, dalla fioritura breve ed esplosiva.

    Imboccato un vialetto, Alberto si allontanò a passo deciso dal giardino vero e proprio fino a raggiungere i campi cintati, sempre all’interno della proprietà.

    In lontananza percepiva il suono attutito degli zoccoli di un cavallo al galoppo e in quell’attimo avrebbe voluto essere lui stesso in sella, a percorrere le spiagge deserte di Mardivino.

    Osservò un cavallo sfrecciare in lontananza e sbarrò gli occhi incredulo quando si avvide che il cavaliere si apprestava a saltare la siepe.

    Trattenne il fiato, sgomento. Troppo alta. Troppo veloce. Troppo... L’istinto gli suggeriva di gridare per fermare il cavallo, ma sempre l’istinto lo dissuase, perché sapeva che l’avrebbe spaventato e un animale impaurito è ancora più pericoloso.

    Il fantino spronò il cavallo e lui fu testimone di uno di quei rari momenti irripetibili della vita. Con un movimento che sfidava la forza di gravità, lo stallone si alzò, inarcandosi. Per un attimo parve restare a mezz’aria, prima di superare l’ostacolo di qualche centimetro appena e atterrare dall’altra parte con eleganza e leggerezza.

    Alberto espulse lentamente il fiato che aveva trattenuto, riconoscendo con riluttanza il coraggio del cavaliere, la temerarietà e... la stupidità.

    Lui stesso era un cavallerizzo esperto, e avrebbe preso in considerazione di dedicarsi totalmente all’equitazione se quella disgraziata nascita non l’avesse designato principe ereditario, ma non era così incosciente. Senza rendersene conto si ritrovò a seguire le orme degli zoccoli verso le stalle.

    Avrebbe ammonito il fantino, spiegandogli che esiste una gran differenza tra il coraggio e la follia e... poi probabilmente gli avrebbe chiesto se voleva correre nella sua scuderia a Mardivino.

    Avvicinandosi alle stalle colse l’odore caratteristico, i nitriti e il suono di una voce femminile.

    Una voce argentina, che mormorava al cavallo quel genere di sciocchezze tipico delle donne.

    «Tesoro mio! Sei stato proprio bravo!»

    Alberto gelò.

    Era stata una donna a saltare la siepe?

    Con aristocratico dispregio entrò nella stalla e notò l’inconfondibile figura di una giovane - una ragazza! - che dava uno zuccherino al cavallo.

    «Ma è impazzita?» la assalì.

    Millie voltò il capo e il suo sangue si fece prima freddo e poi bollente.

    Sapeva chi era, naturalmente. Millie era spesso accusata di avere la testa tra le nuvole, ma anche lei si era resa conto che un principe era ospite a casa loro. E che sua sorella Lulu era decisa a sposarlo.

    La dimora era stata dotata di guardie del corpo armate, e lei stessa aveva sentito sua madre lamentarsi che le due ragazze del villaggio, assunte per aiutare in quei giorni, non combinavano nulla perché l’aria era così satura di testosterone!

    La sera precedente Millie era riuscita a esimersi dal partecipare alla cena adducendo un’emicrania, per evitare un’occasione che sicuramente l’avrebbe intimorita, mentre sua sorella si era paludata come se fosse all’asta e il principe il maggior offerente. Ma adesso lui era lì e non c’era modo di evitarlo.

    Non era come l’aveva immaginato.

    Non aveva l’aspetto del principe, con quei pantaloni aderenti e la camicia, indubbiamente di seta, sbottonata sul collo a rivelare una lieve peluria scura. Era forte e muscoloso come qualsiasi ragazzo di stalla, con i capelli neri che risplendevano come i suoi stivali, gli occhi ancora più scuri, che esprimevano riprovazione.

    «Mi ha sentito?» ringhiò Alberto. «Le ho chiesto se è impazzita!»

    «L’ho sentita.»

    La voce era così flebile che Alberto udì a malapena la risposta. Notò che la giovane era madida di sudore, scorse la leggera camicetta umida che le aderiva al seno e, inaspettatamente, una vena gli pulsò sul collo. Non c’era deferenza nella voce della giovane... Diavolo, non sapeva chi era?

    «Allora, è matta?» la rimproverò con veemenza.

    Millie scrollò le spalle con noncuranza. Fin da quando era piccola si sentiva rimproverare di cavalcare da spericolata. «Dipende dal suo punto di vista, immagino» rispose cauta.

    Lui si avvide che gli occhi erano immensi e azzurri, come i fiori ai piedi degli alberi, e che la pelle era la più bianca che avesse mai visto, priva di trucco eppure illuminata da una luce naturale dovuta all’esercizio fisico e alla giovinezza. Si ritrovò a domandarsi di che colore fossero i capelli, costretti sotto il cap da amazzone, e ora il cuore gli martellava nel petto in modo assurdo, tanto da fargli girare la testa.

    «Cavalca molto bene» concesse e, senza rendersene conto, avanzò di un passo verso di lei.

    Millie s’impose di non arretrare, ma quella vicinanza la metteva a disagio. La turbava. Il principe era forte e robusto come i mozzi di stalla, d’accordo, ma era dotato di qualcos’altro, qualcosa che non riusciva a definire. Quando Lulu aveva parlato del suo principe, l’aveva fatto apparire niente più di un titolo...

    Di certo non aveva menzionato quella pericolosa tracotanza, l’aria virile che ora le faceva battere il cuore in modo incontrollato. Si concentrò su quegli occhi scuri e cercò di riprendersi.

    «Grazie.»

    «Tuttavia le avranno insegnato

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