Irresistibile attrazione: Harmony Collezione
Di Jane Porter
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Jane Porter
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Irresistibile attrazione - Jane Porter
successivo.
1
«Mezzo milione di dollari?» ripeté Daisy Collingsworth, incredula. «Mi dissanguerebbe più facilmente tagliandomi i polsi, conte Galvàn.»
Strinse la labbra, cercando di controllare l'ansia che si era impadronita di lei.
Concentrò l'attenzione sul trio di purosangue che stavano passando lì accanto e sui fantini dall'aria altera. Gli zoccoli dei cavalli alzarono una polvere fine e rossiccia.
Dante Galvàn non si lasciò distrarre.
«Non voglio distruggervi. Voglio solo ciò che mi spetta.»
«La parte del leone» corresse lei con fierezza, strisciando i tacchi degli stivali nella polvere. Non riusciva ad accettare che il destino e gli errori di suo padre avessero sconvolto le loro vite fino a quel punto. Le sembrava di vivere in un incubo dal quale non poteva risvegliarsi.
La fattoria era sempre appartenuta alla sua famiglia, e non doveva essere venduta, né ora né mai.
Il suo interlocutore, però, sembrava indifferente. «Prendo solo ciò che è mio.»
Questo la fece infuriare.
Va bene, era il potente Dante Galvàn, il figlio di uno dei soci di suo padre, ma questo non bastava per intimidirla.
«Mi rivolgerò a un avvocato e le darò battaglia.»
«Gli avvocati costano, signorina Collingsworth, e in questo caso sarebbe un vero spreco di soldi.» Alzò una mano, bloccandola prima che lo interrompesse. «Anche con un buon avvocato non avrebbe alcuna possibilità» continuò, con un'espressione quasi amichevole sul viso attraente. «Suo padre ha firmato un contratto. Ho fornito lo stallone. La vostra giumenta ha partorito un puledro, ed è venuto il momento che paghiate il prezzo per la monta.»
Daisy non doveva guardare il contratto per ricordare la somma esorbitante che i Galvàn avevano preteso. Era una richiesta così assurda che lei era scoppiata a ridere quando l'aveva scoperto.
«Quasi mezzo milione di dollari, conte Galvàn? Andiamo, cerchiamo di essere seri. Nessun cavallo vale una cifra del genere per una monta.»
«Suo padre sembrava pensarla così.»
Lei arrossì.
«Mio padre...» Si interruppe, e inspirò a fondo, cercando di dominare la nausea che stava per sopraffarla. «Mio padre non era in condizioni di ragionare con chiarezza.»
Era la cosa più vicina alla verità che fosse disposta ad ammettere. Non voleva rivelare la sua personale tragedia, soprattutto non a un uomo egoista e calcolatore come il conte Dante Galvàn.
Gli occhi di Dante si ridussero a due fessure sottili, e la sua espressione si indurì.
«Non mi interessano le sue scuse. Suo padre sapeva quello che stava facendo.»
«Dica piuttosto che era il suo a sapere cosa faceva. Sa bene quanto mio padre lo rispettasse e avesse fiducia in lui...»
«Se spera di fare appello alla mia sensibilità e al mio buon cuore» la interruppe lui con asprezza, «sta sbagliando approccio. Tra me e mio padre non c'è mai stato amore.»
«Neppure ora che non c'è più?»
«Specialmente ora. La morte non è certo una scusa per l'incompetenza.»
«Lei è di una freddezza mostruosa.»
«Non del tutto.» Si portò le mani ai fianchi, spostando i lembi della giacca, e sorrise ironico. «Non sono immune alla supplica di una bellissima, giovane donna che deve affrontare la bancarotta e il fallimento. Capisco benissimo perché suo padre abbia mandato lei invece di venire di persona.»
Daisy fissava il suo sorriso, pensando che sembrava piuttosto il ringhio di un lupo.
«Il suo compito è quello di ammorbidirmi, in modo da ottenere condizioni migliori o un rinvio?»
Lei scosse la testa.
«Se mio padre avesse voluto ammorbidirla, avrebbe mandato sicuramente Zoe. Mia sorella è il miele della famiglia. Io sono l'aceto.»
Dante Galvàn scoppiò a ridere, gettando il capo all'indietro; la tensione sembrò allentarsi e quando la guardò sembrava rilassato e completamente a suo agio.
«Non cercherà di ammorbidirmi? Non chiederà favori?»
Daisy lo guardò con aria critica. Indossava un maglione dai toni autunnali sotto la giacca aperta; la lana era morbida e metteva in risalto le sue spalle larghe e il petto muscoloso.
Era affascinante, con quei capelli lunghi e l'aria noncurante. Tuttavia quell'uomo non lasciava niente al caso, per quanto cercasse di apparire indifferente.
Era consapevole del proprio fascino e ora stava assaporando il potere che aveva su di lei.
La collera ribolliva in Daisy: era furiosa e indignata. Lui aveva già tutto, ma non avrebbe rinunciato a togliere alla sua famiglia anche quel poco che le rimaneva.
«Non lo definirei un favore» commentò. «Abbiamo bisogno di tempo. Non abbiamo mezzo milione di dollari; forse riusciremmo a racimolarne cinquemila dai nostri conti correnti. Potremmo studiare un piano di pagamenti rateali...»
«Suo padre ha detto lo stesso un anno fa, ma non ho ancora visto un dollaro.»
«Le ho mandato un assegno il mese scorso.»
«Sì, ed era scoperto.»
Il sarcasmo di lui la fece impallidire.
Lo stomaco le si contrasse violentemente, e abbassò lo sguardo, piena di imbarazzo.
Quell'assegno era il risultato di uno stupido errore.
Aveva fatto un prelievo per saldare alcune fatture, dimenticando di aver emesso l'assegno per i Galvàn da quello stesso conto. Per quanto il prelievo non fosse ingente, era stato sufficiente perché la banca bloccasse l'assegno.
Daisy si maledisse per l'ennesima volta: se solo avesse controllato il saldo del conto prima di fare quel prelievo, ora non si sarebbe trovata in una posizione così umiliante.
Se i Galvàn avessero incassato l'assegno, avrebbero tacitamente accettato il pagamento rateale e i Collingsworth avrebbero avuto una possibilità per risollevare la loro situazione economica.
Invece il conte Galvàn era di fronte a lei, ed era assetato di sangue.
Daisy rialzò la testa, decisa a fronteggiare l'interlocutore. «L'assegno sarebbe stato coperto il giorno dopo, se lei mi avesse dato il tempo per farlo, ma naturalmente non ci ha nemmeno pensato.»
Lui non sembrò sentirsi in colpa.
«No di certo. Ho imparato la lezione: non eravate seri a proposito del pagamento. Stavate solo prendendomi in giro...» osservò.
«Non è vero!» esclamò Daisy. La protesta le era uscita dalla bocca prima di potersi fermare. Il rossore le salì immediatamente alle guance. «Non è affatto così» proseguì incerta.
Dante abbassò lo sguardo, esaminando con attenzione il viso arrossato della sua interlocutrice. Abbassò la voce, rivolgendosi a lei in tono quasi carezzevole. «E come sarebbe allora, Daisy Collingsworth? Me lo può spiegare?»
Le stava chiedendo una spiegazione, a parole, ma l'espressione dei suoi occhi sembrava volere qualcosa di diverso. Stava cercando di passare dal piano professionale a quello personale, dal lavoro a lei.
Daisy sentì un'onda di calore diffondersi nel suo stomaco, una mescolanza di adrenalina e tensione nervosa. Non aveva mai dovuto trattare con uomini come Dante Galvàn, non sapeva come gestire la situazione.
Trasse un breve respiro, affondando le unghie nei palmi. «Posso darle un altro assegno a copertura dei pagamenti di questo mese e del prossimo, Le prometto che non accadrà più, ha la mia parola.»
Il conte Galvàn scrollò le spalle con aria di scusa. «Non posso accettarlo, mi dispiace.»
Daisy ebbe l'impressione di aver ricevuto un pugno nelle costole. Cercò di restare indifferente. Lui non aveva idea dei sacrifici che aveva dovuto fare per mettere insieme una somma sufficiente a coprire due rate. Era già difficile risparmiare abbastanza per pagare una rata sola.
Respinse le lacrime, stringendo le palpebre con rabbia. Cosa poteva sapere il conte Galvàn della fatica di contare ogni centesimo, negandosi anche il più insignificante acquisto per mettere da parte solo pochi spiccioli? Era nato ricco, era un uomo di successo, era un egoista avido e senza scrupoli.
Per quale motivo darsi tanta pena per saldare il debito, per salvare la fattoria dalla bancarotta?
In fin dei conti si trattava solo di una fattoria, anche se apparteneva alla sua famiglia da quattro generazioni.
Daisy si rimproverò all'istante per quei pensieri: lei amava quel posto, era la sua vita.
Era cresciuta in quella casa, aveva scorrazzato per la proprietà fin da bambina, e conosceva per nome tutti i cavalli.
Non avrebbe permesso a Dante Galvàn di rubargliela, e se credeva di poterlo fare si sbagliava di grosso.
Si voltò bruscamente verso il suo nemico, la schiena dritta e le gambe ben piantate al suolo.
«La mia parola non significa niente per lei, ma le sto dicendo che sarà pagato. Non è quello che vuole? Le stacco l'assegno e vengo con lei in banca.»
«E cosa succederà il mese prossimo? Possono accadere tante cose in trenta giorni.»
Stava cercando di umiliarla, ma Daisy non si sarebbe lasciata scoraggiare. «Verrà pagato puntualmente.»
«E il mese dopo?»
«Basta.» Daisy comprese di essere stata brusca, ma non riuscì a sorridergli per ammansirlo. Era troppo stanca, e non aveva la pazienza necessaria. Suo padre le aveva creato problemi quella notte, e lei aveva preferito non svegliare Zoe per farsi aiutare.
La sua sorellina aveva bisogno di riposo, ma Daisy stava pagando ora quel gesto generoso. Era distrutta dalla stanchezza e il comportamento del conte Galvàn stava mettendo a dura prova i suoi nervi.
Dante sorrise.
«Signorina Collingsworth, non voglio offenderla. Sto solo cercando di farle capire che non posso attendere per essere pagato. La vostra fattoria ha grossi problemi, e se non regoliamo ora il debito, temo che non verrà mai saldato.»
Daisy era alta, per una ragazza, ma dovette alzare la testa per fissarlo negli occhi. Sollevò il mento e lo sfidò con lo sguardo. «Le piacciono i colpi bassi.»
«Non lo farei mai con una donna, soprattutto con una donna come lei.»
Lei distolse lo sguardo, socchiudendo gli occhi e rinnegando la sensazione di piacevole calore allo stomaco.
«La casa è di nostra proprietà, non stiamo per perderla.»
«Ma avete già tre ipoteche sulla proprietà, e siete in ritardo anche con i pagamenti alla banca.»
Come fa a saperlo? Il cuore di Daisy accelerò improvvisamente i suoi battiti.
«Ho preso accordi con la banca per un nuovo piano di pagamento» obiettò.
«Esattamente come ha fatto con me.»
Per un attimo Daisy credette di non controllare la nausea che la assalì; deglutì e strinse i denti, scacciando l'impulso di imbrattare quegli eleganti stivali con i residui della sua colazione.
Non riusciva a immaginare una peggiore forma di tortura: proprio lei, orgogliosa com'era, doveva fronteggiare la condiscendenza e il disprezzo di Dante Galvàn.
Quei poveri Collingsworth...così sfortunati, così ostinati...
No, non ci sarebbe cascata. Stavano affondando, ma non avevano ancora raggiunto il fondo. Avrebbe trovato una via d'uscita per la proprietà, salvando la famiglia.
Non aveva importanza come.
Daisy si tolse il cappello da cowboy, liberando la lunga coda di cavallo color miele. «Conte Galvàn, mi rendo conto che le dobbiamo quasi mezzo milione di dollari. Capisco anche come il pagamento di due mesi le sembri una goccia nell'oceano, ma sto cercando di saldare questo debito. Comunque, se non ha intenzione di collaborare con me, mi rivolgerò al mio avvocato che saprà consigliarmi sul piano legale...»
«Legale?» Il tono di lui era pericolosamente dolce.
«Per il ricatto» continuò Daisy, fingendo di non notare che l'espressione di Dante era diventata dura come granito.
«Ragazza, tu non vuoi davvero portarmi in tribunale.»
La sua voce aspra le fece correre un brivido lungo la schiena come se l'avesse sfiorata con la punta delle dita; lei tremò, più scossa di quanto avrebbe voluto ammettere.
«Posso ottenere una certa protezione mentre riorganizziamo l'azienda. Se il giudice ci darà ragione, i nostri debiti saranno congelati e non vedrete un centesimo per anni.»
Lui non replicò. Rimase fermo a fissarla con una miscela di ammirazione e disgusto negli occhi.
Lo aveva stupito.
Daisy invece non aveva la sensazione di aver vinto una battaglia; per la verità era preoccupata. Solo uno sciocco si sarebbe inimicato i Galvàn: erano una famiglia troppo potente. Suo padre aveva sempre cercato di mantenere buoni rapporti con il vecchio Tino Galvàn.
Grazie al cielo il cellulare di Dante cominciò a squillare e lui recuperò il minuscolo apparecchio da una tasca interna della giacca di pelle.
Daisy non fu