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Luna di primavera
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E-book280 pagine3 ore

Luna di primavera

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Info su questo ebook

Delusa dall'uomo che amava, Isabella ha deciso di rinunciare all'amore per gli uomini e di prendere i voti.
Anche il giovane industriale milanese Riziero Manfredi, venuto a conoscenza dei tradimenti della moglie, non crede più nell'amore.
Ma quando Isabella e Riziero incroceranno le loro strade, scopriranno che l'amore ha ancora molte sorprese in serbo per loro...
"Ombre Rosa" è una collana e insieme un viaggio alla riscoperta di un'intera generazione di scrittrici italiane che, tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, hanno posto le basi del romanzo rosa italiano contemporaneo. In un'era in cui finalmente si colgono i primi segnali di un processo di legittimazione di un genere letterario svalutato in passato da forti pregiudizi di genere, lo scopo della collana è quello di volgere indietro lo sguardo all'opera di quelle protagoniste nell'ombra che, sole, hanno reso possibile arrivare fino a questo punto, ridando vita alle loro più belle storie d'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2024
ISBN9788727146195

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    Anteprima del libro

    Luna di primavera - Mariangela Camocardi

    Mariangela Camocardi

    Luna di primavera

    SAGA Egmont

    Luna di primavera

    Cover image: Freepik

    Copyright ©1999, 2024 Mariangela Camocardi and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788727146195 

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Prologo

    Stresa, autunno 1897 

    Dal balconcino dell’Hotel des Iles Borromées si godeva la vista spettacolare di un ampio scorcio del Lago Maggiore, illuminato da una luna piena che sembrava indugiare alla sommità del cielo per il vezzo di specchiarsi ancora un po’ nelle scintillanti, ondose acque che si stendevano sotto di lei.

    Ma l’uomo che sostava immobile appena al di là dei vetri della porta finestra, fissava con aria assente quel pittoresco paesaggio quasi che di fronte ai suoi occhi non ci fosse che un desolante, nebbioso nulla. Nel suo cervello in tumulto turbinavano pensieri inquietanti, ed era così scioccato da ciò che aveva scoperto poco prima da non capacitarsene quasi. La delusione provata era tale da risentirne fisicamente, e il tremito irrefrenabile che gli scuoteva le membra ne era una prova sconvolgente. Cristo santo, pensò, tirando rabbiose boccate dal sigaro che stringeva tra le dita, quello era un incubo che la sua mente non aveva neppure concepito!

    Mai era stato anche soltanto sfiorato dal dubbio che la donna che aveva bruscamente abbandonato nella lussuosa camera da letto di quella suite d’albergo potesse non essere pura e innocente come l’aveva creduta fino a quella notte.

    E invece non lo era. Qualcun altro le aveva preso la verginità, defraudandolo di qualcosa che aveva dato per scontato, e cioè che nessuno, a esclusione di lui, il legittimo marito, avesse potuto anche solo posare un dito sulla donna che aveva sposato. L’immagine della sua bellissima, seducente moglie gli balenò davanti allo sguardo, scatenando un’altra ondata di dolore e incredulità.

    Dannazione, si sentiva ingannato e tradito, esattamente come il protagonista di una favola a cui è stato promesso il lieto fine, del quale viene poi scaltramente derubato. Un violento moto d’ira lo travolse, e dovette ricorrere alla propria ferrea volontà per dominare l’impulso di precipitarsi di là, dove lei giaceva scomposta e seminuda, per estorcerle le dovute spiegazioni. Doveva assolutamente calmarsi, prima, perché se avesse oltrepassato la soglia di quella stanza ora, avrebbe trasceso, e non solo a parole.

    Sì, bisognava recuperare la padronanza di sé, si esortò, lasciando prudentemente sbollire quel terrificante furore, e l’indomani, allorché si fosse svegliata, quando quell’infernale notte di nozze avesse ceduto il passo a un nuovo giorno, avrebbe preteso da lei la verità, a costo di strappargliela di bocca.

    Del resto, e a partire da quel preciso momento, lui non si sarebbe più coricato al suo fianco fino a che non gli avesse detto, e in maniera esauriente, a chi si era concessa in passato.

    Voltando repentinamente le spalle al panorama, l’uomo si risolse a rientrare nell’accogliente salottino ed emise un lungo, profondo sospiro. Un nodo di emozioni contraddittorie gli serrava la gola. Rammarico, sconcerto e rabbia infuriavano dentro di lui, rendendolo un teso groviglio di nervi. Non avrebbe dormito, si disse spegnendo il sigaro nel posacenere d’argento massiccio posato sul tavolino, ma poteva perlomeno sdraiarsi su uno dei comodi divani che componevano l’elegante arredamento e, mentre rifletteva su quel matrimonio che iniziava con la più sgradevole delle sorprese, avrebbe in qualche maniera tentato di allentare la tensione che lo opprimeva, Dio solo sapeva come, cercando nello stesso tempo di capire che razza di persona avesse sposato.

    Ammesso che ci riuscisse.

    Milano, inverno 1898 

    — Si direbbe che la condizione matrimoniale proprio non vi si addica, mio caro, e che incida negativamente sul vostro appetito.

    La pigra osservazione della donna ruppe d’un tratto il pesante silenzio che gravava sulla sala da pranzo, fluttuando oltre la barriera che sembrava ergersi, invalicabile come una parete, tra i due commensali che sedevano composti alla tavola elegantemente apparecchiata.

    L’uomo che era appena stato interpellato da quella irriverente voce femminile non sollevò neppure lo sguardo dal piatto quasi intatto che aveva davanti a sé. — Vi sarei oltremodo grato, Nives, se evitaste di rivolgervi a me con ridicoli vezzeggiativi — si limitò a rispondere in tono privo di inflessione, irrigidendo impercettibilmente le ampie spalle. — Visti i rapporti che intercorrono tra noi, non è affatto necessario sfoggiare parole o atteggiamenti affettuosi di cui non si avverte l’esigenza. Ed è del tutto superflua la vostra preoccupazione per il mio appetito — concluse seccamente.

    — Del tutto superflua, dite? — Lei emise una risatina divertita e lo studiò per un momento. — Diamine, da come piluccate il cibo ultimamente, Riziero, se ne trae l’impressione che temete contenga del veleno, oppure che vi state così struggendo d’amore per la vostra sposa da non sentire alcun bisogno di nutrirvi.

    — Temo che né l’una né l’altra ipotesi siano la causa di quello che è, semplicemente, un transitorio periodo di inappetenza. Sarà capitato anche a voi, suppongo.

    — No, mai. Nessuna contrarietà potrebbe farmi rinunciare ai piaceri della buona cucina. Se talvolta qualcosa mi rende di malumore, non è digiunando che miglioro il mio stato d’animo, tutt’altro!

    — Se il vostro vuol essere un consiglio, ribadisco che non avete motivo di angustiarvi.

    — Davvero, mio caro?

    — Ma quante volte dovrò ripeterlo di astenervi dal chiamarmi in questo modo? — sbottò lui con irritazione. — O il vostro è un tentativo di ravvivare la conversazione che languisce?

    — Cielo, non vi credevo capace di fare dell’ironia! — esclamò Nives. — Avete un senso dell’umorismo terribilmente limitato, ve l’hanno mai detto? — Stuzzicare quel consorte così compassato, nonostante avesse poco più di trent’anni, si stava rivelando uno spasso impagabile. Riziero, oltretutto, era assurdamente risoluto nel voler mantenere le distanze tra loro, frapponendo una formalità addirittura anacronistica a quelle sue provocatorie schermaglie, il che rappresentava una vera e propria sfida per lei. Lo osservò di sottecchi attraverso la folta frangia delle ciglia e si complimentò con se stessa per aver sposato un uomo tanto maschio. Riziero irraggiava un’autentica, intrigante virilità. Il suo volto non aveva forse la classica bellezza da medaglia romana, ma qualunque donna avrebbe trovato irresistibile quel naso pronunciato, quella bocca carnosa così restia al sorriso, quelle mascelle perennemente contratte in un cipiglio severo, quegli occhi scuri come la notte, e che mai aveva visto addolcirsi o farsi meno sospettosi, quando si posavano sulla sua persona. Deponendo la forchetta, Nives riprese: — Vi dà dunque fastidio anche la mera cortesia, se viene da me? Siete mio marito, perciò in quale altra maniera dovrei parlarvi, se non affettuosamente?

    — Vostro marito, già… — rimarcò Riziero con voluta freddezza, sollevando infine il capo per lanciarle un’occhiata carica d’insofferenza. — Il fatto di essere riuscita a procurarvene uno, deve inorgoglirvi parecchio, presumo.

    — Sì, in effetti — ammise la moglie con sfacciato compiacimento, piegandosi deliberatamente verso di lui per esibire la voluttuosa curva dei seni, che quasi traboccavano dalla profonda scollatura del vestito che indossava. Lo scintillio dei diamanti che aveva al collo e alle orecchie rivaleggiò, nello sfolgorio delle candele che ardevano al centro della tavola, con quello degli occhi chiari. — Avere un marito come voi, mio caro, renderebbe orgogliosa qualsiasi moglie, ve lo assicuro!

    Quell’aperta esternazione di apprezzamento, piuttosto che rabbonire l’uomo, parve esacerbarlo maggiormente. — Provate un perverso piacere nel rammentarmelo in continuazione, non è vero?

    Inclinando la testa in una posa civettuola, Nives replicò con vivacità: — Perverso piacere? È così che definite la mia sollecitudine? E che c’è di riprovevole nel manifestare quanto il fatto di avervi sposato mi colmi di soddisfazione?

    — Oh, questo è più che palese; solo che le vostre affettate moine non producono il risultato che forse auspicate, sicché risparmiatele a me e a voi stessa, ve ne prego! Per ciò che concerne il poco appetito a cui vado soggetto da un po’ di tempo in qua, non fatene un pretesto per accattivarvi la mia attenzione, dato che fallireste lo scopo.

    — Siete ingiusto nel reputare la mia ansia per voi un espediente, Riziero. Vi ridurrete pelle e ossa insistendo a riempirvi lo stomaco di rabbia, anziché delle prelibate pietanze che la cuoca prepara appositamente per voi.

    — Se vi opprime l’idea che mi lasci morire d’inedia infliggendovi una precoce vedovanza, tranquillizzatevi! — ritorse lui in tono tagliente, piegando la bocca in una smorfia sarcastica. — Occorre ben altro per spedirmi prematuramente in una fossa.

    — Vi garantisco che un simile pensiero non mi sfiora neppure. Non ho molte amiche, ma la ristretta cerchia di signore che frequentano il mio salotto sono impallidite per l’invidia nel vedere il mio affascinante marito — cinguettò Nives, lo sguardo che indugiava sui tratti induriti di lui. — Apprenderlo potrà stupirvi, ma ci tengo a ostentarvi sotto il loro naso ancora per un bel pezzo, non dubitatene.

    — Non posso proibirvelo, Nives, ma ostentarmi, all’occasione, sarà l’unica prerogativa che, in virtù di questo nostro strampalato matrimonio, potrete carpire a un uomo che non vi concederà altro, sappiatelo.

    — Oh, ne sono anche troppo consapevole, Riziero, ma per il momento mi basta.

    — Contenta voi… — borbottò lui tra i denti.

    — Più che contenta — gli confermò Nives. — Mi rincresce soltanto che il vostro atteggiamento dia adito a seccanti pettegolezzi tra la servitù.

    — Pettegolezzi? — sottolineò lui, aggrottando le sopracciglia.

    — Proprio così… o pensavate che la nostra situazione passasse inosservata? Ah, Riziero, non oso congetturare ciò che si mormora a proposito del fatto che dormiamo in camere separate, né tantomeno quali volgari battute corrano sulle bocche dei domestici nel vedere che vengo trattata da voi alla stregua di un’estranea — si lagnò la moglie.

    — Io potrò anche stare, e a buon diritto, sulle mie, Nives, ma voi siete straordinariamente brava nel porvi rimedio con ogni mezzo — obiettò lui acidamente, indicando con un gesto eloquente la tavola. — Un osservatore casuale giurerebbe, notando con quale cura sono stati disposti candelabri e fiori, che è in pieno svolgimento una romantica cenetta tra voi e me. Avete perfino congedato la cameriera che avrebbe dovuto servirci, pur di non avere interferenze di sorta. E comunque, ero convinto che non deste eccessiva importanza alle ciance del personale.

    — M’importa, invece — lo contraddisse la moglie con un puerile moto di stizza. — Vi costa così tanto mostrarvi un po’ più affabile?

    — Perché mai dovrei simulare una cordialità che non vi siete meritata? Noi siamo estranei, Nives, niente di più, e non fingerò di essere qualcosa di diverso per zittire chi è al vostro servizio!

    — Andiamo, non siate così inflessibile — lo blandì lei, cambiando tono. Non mi sembra di esigere molto nel chiedervi di mitigare quel livore che vi anima nei miei riguardi. Sprizzate biasimo da ogni poro, mio caro, e questo non è appropriato per una coppia di sposi che è, si può dire, ancora in luna di miele.

    — Una luna di miele che si è rivelata spiacevolmente amara, non siete d’accordo?

    — Ebbene, non è dipeso da me se l’avete trovata tale — lo rimbeccò lei, e mentre un barlume di scherno le saettava nello sguardo, soggiunse polemica: — In fondo, avrei potuto tranquillamente mentirvi, raccontandovi una lacrimevole storiella a cui avreste sicuramente creduto. Viceversa, ho preferito imboccare il sentiero della più schietta onestà, dovreste apprezzarlo.

    — Apprezzarlo! — Troppo allibito da quell’impudenza, Riziero si mise a contemplare con assoluto disincanto la bellissima donna seduta al capo opposto della tavola: contro lo sfondo di seta damascata color oro della tappezzeria, Nives, avvolta in un abito di lucido raso azzurro cupo, con le chiome corvine che risaltavano nel contrasto, sembrava il conturbante soggetto di un dipinto creato per ammaliare chi lo guardasse. Era la femmina più incantevole che avesse mai conosciuto, con un viso e un corpo che avrebbero eccitato la fantasia di ogni uomo, e un aspetto tanto innocente da trarre in inganno anche il più scaltro di essi. Quel perbenismo esteriore, però, celava l’indole di una prostituta, e benché Nives la mistificasse dietro una grazia capace di sedurre chiunque, era veramente una poco di buono che non aveva avuto remore nell’intrappolare in un matrimonio infelice l’imbecille con cui stava amabilmente conversando in quel momento, ovvero lui.

    Maledizione, stentava ancora a capacitarsi di come avesse potuto sbagliarsi tanto grossolanamente sul suo conto! Imprecando per la propria dabbenaggine, si domandò di nuovo quale maligno demone lo aveva fatto incapricciare di una come Nives, dissoluta al punto da rovinargli irrimediabilmente l’esistenza.

    Il fidanzamento era stato troppo breve per permettergli una esplorazione più approfondita della personalità della sua futura moglie. Così, abbagliato da quel suo bel viso, si era accontentato della superficialità del loro rapporto, non subodorando minimamente che al di là di quell’ingenuità apparente, oltre le raffinate maniere da signorina impeccabilmente educata, si nascondesse una sgualdrina. Perdio, lei aveva perfino avuto la spudoratezza di salire all’altare in un casto abito bianco, sebbene fosse corrotta sino al midollo.

    Ovviamente, durante il corteggiamento aveva badato con cura estrema a non far trapelare nulla della sua sfrenatezza sessuale, e lui non aveva avuto di che eccepire alla pudica ritrosia che Nives aveva opposto ai suoi appassionati abbracci. In verità, tra sé aveva approvato l’irreprensibilità di lei, naturale in ogni donna che intende concedersi solo a colui che diventerà suo marito. Chissà che risate si era fatta dell’idiota che l’aveva rispettata fino alle nozze! A propria discolpa poteva solo dire che gli era sembrata genuinamente sincera nel sottrarsi a qualche effusione più audace del consentito, nelle rare occasioni in cui si erano intrattenuti senza la vigile presenza della madre di lei. E alla fine l’insieme di quei dettagli, e cioè la modestia verginale di Nives, la discreta ma costante sorveglianza dei genitori, le sobrie regole di comportamento sancite dal padre, un serio banchiere con scarsa propensione alla mondanità, avevano semmai rafforzato l’ottima impressione che si era fatto della fidanzata, rendendolo persuaso che fosse tanto virtuosa da onorare lui e il nome rispettabile che avrebbe acquisito divenendo sua moglie.

    Aveva provato un’immediata, fortissima attrazione quando Angelo Casati, il padre di lei, gliel’aveva presentata, dopo che si era imbattuto in loro nei pressi di una rinomata sartoria del centro. E gli sguardi che Nives gli aveva scoccato mentre chiacchieravano di argomenti banali gli avevano dato la certezza che la cosa era reciproca. Un uomo intuisce subito se una donna è sensibile a un certo tipo di approccio, e da come lo fissava, lei lo era eccome!

    Quell’incontro era stato il preludio di un’assidua frequentazione che era sfociata, di lì a poco, in un’impetuosa richiesta della sua mano al vecchio Casati. Questi, che aveva visto di buon occhio lo sbocciare di quell’idillio, aveva acconsentito con l’entusiasmo del genitore consapevole di affidare l’unica, adorata figlia a un uomo onesto e moralmente integro che l’avrebbe resa felice.

    La solida amicizia e la stima che si erano instaurate tra Riziero Manfredi e Angelo Casati, prendevano origine da una collaborazione scaturita qualche tempo addietro tra il banchiere e il coraggioso imprenditore il quale, volendo modernizzare i macchinari del cotonificio di cui era proprietario, precaria eredità lasciatagli dallo zio che lo aveva allevato dopo la precocissima scomparsa dei genitori, non aveva esitato a indebitarsi fino al collo per rendere la fabbrica competitiva come le manifatture inglesi.

    La banca aveva concesso il prestito, e benché i due uomini si fossero intrattenuti in lunghe conversazioni d’affari, mai quei contatti erano sconfinati oltre la sfera impersonale dell’interesse, sino al giorno in cui, per l’appunto, tutti e tre si erano casualmente incontrati per strada. L’invito a cena, dato che era ormai tardo pomeriggio, era stato fatto da Nives, caldamente appoggiato dal padre e prontamente accettato da Riziero, già alquanto riluttante a separarsi dalla squisita creatura che la fortuna aveva posto sul suo cammino.

    Il resto era venuto da sé, e allorché i fidanzati, di comune accordo, avevano espresso il desiderio di affrettare lo sposalizio, il vecchio non aveva sollevato obiezioni di sorta. Sorridendo comprensivo dell’impazienza dei due innamorati, aveva accordato il suo benestare, lieto che Riziero, verso il quale ormai nutriva un attaccamento e una considerazione che stavano trasformandosi in affetto, entrasse a far parte della famiglia.

    Dal canto suo, lui aveva ripetutamente ringraziato la favorevole sorte per avergli fatto incontrare la donna giusta, giacché Nives rappresentava in tutto e per tutto quello che era il suo concetto di moglie ideale: bella, fine, dolce, il perfetto esemplare della brava ragazza istruita a dovere per essere la fedele, insostituibile compagna del privilegiato mortale che l’avrebbe avuta accanto a sé, nonché per essere una madre eccellente per la prole che negli anni a venire avrebbe deliziato i novelli sposi.

    Chi poteva immaginare che Nives aveva avuto degli amanti? No, nemmeno se glielo avessero detto esplicitamente avrebbe ritenuto attendibile tale notizia, pensò sconsolato Riziero. Non Nives, che fino alla cerimonia nuziale aveva condotto una vita molto ritirata, e che quando si allontanava da casa, generalmente la sua meta era la chiesa, dove sostava in solitario raccoglimento per ore. In realtà, il suo fervore religioso perseguiva ben altri fini che la salvezza dell’anima: quelle uscite le offrivano piuttosto l’opportunità di sfuggire al controllo familiare e, con la complicità della domestica incaricata di scortarla, sgattaiolava indisturbata da una porticina laterale e correva a raggiungere l’amante. Era con costui che trascorreva piacevolmente quei pomeriggi che dovevano essere dedicati alla preghiera, trastullandosi, all’insaputa di tutti, in attività che di spirituale non avevano neanche la parvenza. Così, furbescamente, lei non solo aveva abbindolato l’ignaro e imminente consorte, ma anche i genitori, che l’avevano decantata a destra e a manca con le lodi che si riservano a un angelo.

    Non era che merce scadente, invece, e se ne era reso conto con inorridita costernazione la notte delle nozze, scoprendo che la sua sposa di verginale non aveva alcunché. L’amarezza cagionata dalla constatazione che non era illibata lo aveva talmente raggelato da impedirgli di consumare pienamente l’amplesso. L’ardore era svaporato con l’identica rapidità con cui l’eccitazione era esplosa nei suoi lombi nel vederla finalmente senza quasi nulla addosso, così armoniosamente ben fatta da sentirsi mozzare il respiro. Quei momenti in cui smarrimento, disillusione e sdegno si erano alternati dentro di lui, in un conflitto emotivo che lo aveva estenuato, erano stati devastanti. E non aveva più avuto la forza, scioccato com’era, di toccarla anche solo con un dito, dopo aver avuto la prova che non era pura. Se poi Nives aveva sperato che lui non se ne accorgesse, la sua espressione stravolta era stata fin troppo eloquente.

    Forse un uomo dalla mentalità più elastica avrebbe disinvoltamente sorvolato su uno stato di cose che non poteva ormai essere mutato, e che non offriva altra alternativa che adattarsi al fatto che era appartenuta a un altro. Non lui, tuttavia, poiché l’intimità fisica con una donna che si era data a qualcuno che non era il marito gli era apparsa così ripugnante da doverla necessariamente interrompere.

    E lo aveva indignato ancora di più il pensiero di come lei lo avesse preso in giro nel rifiutargli ciò che clandestinamente aveva già donato a chi lo aveva preceduto nel suo letto, proponendosi come un’educanda senza peccato.

    Il mattino seguente, placata parzialmente la collera, le aveva chiesto un colloquio chiarificatore. Sforzandosi di non lasciarsi sopraffare da aspre recriminazioni, l’aveva sollecitata a confidarsi, ricorrendo a tutta la gentilezza a cui può attingere un marito raggirato.

    Tutto sommato, ragionandoci sopra, era giunto alla sofferta conclusione che Nives poteva essere stata vittima di un libertino privo di scrupoli che l’aveva abbandonata dopo averla compromessa. Se era così, lui avrebbe cercato di giustificare un errore dovuto all’immaturità, e di non infierire, soffocando ogni residuo risentimento. Una fanciulla inesperta dei fatti della vita, era una facile preda per simili seduttori, e se la moglie gli avesse confessato di aver perso la testa per qualcuno credendolo meritevole di ricevere quell’amore e avvedendosi troppo tardi di come i propri sentimenti fossero mal riposti, Riziero sarebbe stato propenso a mettere una pietra sull’accaduto e a costruire insieme a lei un’unione coniugale da cui era bandito qualsiasi riferimento a ciò che era successo antecedentemente al matrimonio.

    Solo che Nives, con calma agghiacciante, gli aveva comunicato di avere una relazione che non intendeva troncare, e che decidesse lui se voleva o meno godere delle gioie del

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