Inattesa passione: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Lei è innocente e sincera.
Emma March si è presa cura di Valentino Fiorenza durante i suoi ultimi mesi di vita. Il suo rapporto con l'anziano e facoltoso uomo italiano è stato, quindi, esclusivamente professionale, e proprio per questo cade dalle nuvole quando scopre di essere stata inserita nel suo testamento.
Lui, invece, la crede un'approfittatrice.
Raffaele non ha dubbi: se suo padre ha inserito quella ragazza nel proprio testamento è solo per un motivo: lei lo ha usato e raggirato. L'unica cosa da fare è acconsentire alle volontà paterne, cercando di trarne il massimo beneficio. Poi, però...
Melanie Milburne
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Inattesa passione - Melanie Milburne
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Fiorenza Forced Marriage
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Melanie Milburne
Traduzione di Edy Tassi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-275-1
www.eHarmony.it
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1
Emma fissò l’avvocato italiano, Francesca Rossi, con impietrito stupore. «Deve esserci un errore» mormorò con voce incerta e piena di incredulità. «Com’è possibile che sia stata inclusa nel testamento del signor Fiorenza? Ero solo la sua badante.»
«Nessun errore» assicurò l’avvocato, picchiettando con decisione sul voluminoso documento davanti a sé. «È tutto scritto qui, nero su bianco. Valentino Fiorenza ha cambiato il suo testamento qualche settimana prima di morire.»
Emma rimase seduta in un silenzio sbalordito. Si era presa cura del multimilionario per diciotto mesi e non aveva mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. «Ma... non capisco...» obiettò dopo un istante. «Perché mi avrebbe lasciato metà della sua eredità?»
«È esattamente quello che si chiede anche suo figlio» rispose Francesca Rossi con un’occhiata eloquente. «Credo che proprio mentre parliamo stia rientrando da Londra. In quanto unico erede legittimo, si aspettava che la maggior parte dei beni di suo padre passasse direttamente a lui.»
Emma si mordicchiò il labbro inferiore. «Mi diceva che le clausole del testamento sono piuttosto strane...»
«Decisamente inconsuete» confermò Francesca. «Per poter ereditare la sua parte, dovrà sposare entro un mese Raffaele Fiorenza, e rimanere sposata con lui per almeno un anno.»
Lo stomaco di Emma precipitò come un ginnasta che ha calcolato male un passaggio insidioso sulla trave.
«Sposarmi entro un mese?» balbettò. «Per un anno?»
«Sì, altrimenti l’intero patrimonio passerà automaticamente alla precedente amante di Valentino, una donna di nome Sondra Henning. Gliene ha mai parlato?» L’avvocato sfogliò il documento prima di sollevare di nuovo lo sguardo su Emma. «Il signor Fiorenza ha stabilito che, al momento del matrimonio con suo figlio, lei riceverà una somma forfettaria di cinquantamila euro, e un ulteriore assegno piuttosto generoso per ogni anno in cui rimarrà sposata con Raffaele.»
Lo stomaco di Emma compì un altro tuffo. «Quanto generoso?»
L’avvocato menzionò una cifra che fece scattare verso l’alto le sopracciglia di Emma. «Immagino che sia un’offerta alla quale difficilmente si possono voltare le spalle...» mormorò, pensando alla recente telefonata di sua sorella. Cinquantamila euro non avrebbero risolto completamente i problemi economici di Simone, ma l’avrebbero aiutata parecchio.
«Sì» concordò Francesca. «Inoltre, come lei sa già perché vi ha vissuto, la villa è considerata una delle costruzioni più belle di tutto il lago di Como. Bisognerebbe essere pazzi per rinunciare a un bene del genere, o anche solo alla sua metà.»
«Com’è Raffaele Fiorenza? Come persona, intendo...» si affrettò a precisare Emma. «Ho visto alcune foto sui giornali, di tanto in tanto, ma ho avuto la sensazione che non scorresse buon sangue fra loro, suo padre lo nominava a stento.»
«Non l’ho mai incontrato» rispose Francesca, scuotendo il capo. «A quanto pare, se ne è andato di casa da ragazzo per studiare all’estero. Ora è un operatore di borsa affermato. Si dice che sia una specie di playboy, e anche piuttosto ricco.»
«Sì, ho avuto anch’io questa impressione» replicò Emma. «E se non dovesse accettare i termini del testamento di suo padre?» chiese, corrugando ancora la fronte. «Se è così ricco, perché dovrebbe accettare di sposare una perfetta estranea?»
«L’intero patrimonio rappresenta una bel mucchio di soldi anche per un uomo ricco» sottolineò Francesca. «Non me lo immagino proprio a voltare le spalle a una tale miniera d’oro senza dare almeno un’occhiata alla candidata che suo padre ha scelto perché diventi sua moglie» commentò.
Ogni più piccolo pelo del corpo di Emma si rizzò, come quelli di un gatto spaventato. «Non ho mai detto che accetterò di sposarmi con qualcuno» ribatté, brusca. «Specialmente con un uomo che non ha nemmeno avuto la decenza di fare visita o anche solo di telefonare a un padre morente.»
«Visto che negli ultimi dieci anni non ha praticamente avuto contatti con suo padre, lei potrebbe avere delle difficoltà a spiegargli i vostri rapporti» la mise in guardia Francesca. «So che era stata assunta per fare da badante a Valentino, ma la stampa non l’ha sempre vista in questo modo e, temo, nemmeno Raffaele Fiorenza.»
Emma si raddrizzò sulla sedia. Quando aveva accettato il posto di badante per Valentino Fiorenza, non aveva previsto di dover affrontare il modo in cui la stampa avrebbe frainteso i suoi rapporti con lui. Ogni volta che lo aveva accompagnato in pubblico, i paparazzi erano stati pronti a documentarlo, spesso fraintendendo la situazione per farla apparire una cacciatrice di patrimoni, capace di mettersi con un uomo con il triplo dei suoi anni. Perfino sua sorella Simone le aveva telefonato dall’Australia per chiederle se quello che dicevano tutti fosse vero.
«Può pensare quello che vuole, ma non c’è mai stato niente di sconveniente nei miei rapporti con suo padre» affermò Emma. «Valentino era un invalido, per l’amor del cielo! Mi aveva assunta perché mi occupassi delle sue necessità quotidiane. Certo, mi ero affezionata a lui, ma questo accade con quasi tutti i clienti di cui mi occupo. Avere cura di qualcuno che sta facendo il conto alla rovescia dei suoi ultimi giorni è incredibilmente toccante. So che non è saggio farsi coinvolgere da un punto di vista emotivo, però, fin dal primo istante, Valentino Fiorenza mi è sembrato molto solo. Un uomo ricco, ma senza salute né gioia.»
«Allora speriamo che Raffaele Fiorenza comprenda la situazione» commentò Francesca. «Nel frattempo, mi sembra di capire che vive ancora alla villa.»
«Sì» rispose Emma. «Parte del personale ha preso un periodo di permesso e, fino a quando non ho saputo del figlio, non volevo che il posto rimanesse incustodito.»
«Di certo si renderà conto che Raffaele Fiorenza ha molto da perdere se lei non accetterà i termini del testamento» le fece notare Francesca in tono serio.
Emma si agitò a disagio sulla sedia. «Mi rendo conto che per lui è una situazione difficile... ma non sono certa di poter accettare una cosa del genere. Non mi sembra... corretto...»
«Un sacco di persone la penserebbe in modo diverso» obiettò l’avvocato. «Non si sottrarrebbe a un matrimonio di convenienza a breve termine in cambio di una fortuna.» Poi spinse indietro la poltroncina e le tese la mano attraverso la scrivania. «Qualsiasi cosa deciderà, le auguro buona fortuna, signorina March. Il signor Fiorenza le era evidentemente molto affezionato. Non deve essere stato una persona facile da accudire, immagino. La famiglia Fiorenza ha affrontato la sua buona dose di tragedie. La madre dei ragazzi è morta quando erano solo bambini e, come se questo non fosse stato sufficiente, il più giovane dei due, Giovanni, è deceduto in un tragico incidente a soli otto anni. Con l’andare del tempo, il signor Fiorenza è diventato sempre più amaro e solitario, oltre che terribilmente testardo.»
«Sì, era di sicuro molto testardo» replicò Emma. «Ma sentivo che si trattava più che altro di una facciata. Gli piaceva dare in escandescenze, però, verso la fine, era diventato più tenero del burro. Mi piaceva molto. E mi mancherà» aggiunse tristemente.
«Chissà, signorina March, il figlio potrebbe rivelarsi un ottimo marito» osservò Francesca con un sorriso ironico. «Non sarebbe la prima volta che un matrimonio di convenienza si trasforma in qualcosa di completamente diverso.»
Emma si accomiatò dall’avvocato con un sorriso tirato e si avviò verso la fila di ascensori. Ma per tutta la discesa verso il piano terra, una strana sensazione palpitante le solleticò le pareti dello stomaco, come se migliaia di minuscole farfalline stessero cercando freneticamente una via di uscita...
Ogni volta che Emma oltrepassava gli elaborati cancelli in ferro battuto di Villa Fiorenza, veniva colta da una profonda soggezione. Gli imponenti giardini disposti su quattro livelli erano a dir poco mozzafiato, il verde rigoglioso delle siepi di tasso, degli olmi, dei faggi e dei cipressi costituiva uno sfondo perfetto per il cremisi, i rosa e i rossi delle azalee, delle rose e di tutta la profumata fioritura primaverile. La villa stessa era altrettanto mozzafiato. Affacciata sulla bellezza cristallina del lago di Como, era un edificio di quattro piani, in stile neoclassico, che conservava un’aura di grandiosità da vecchio mondo che non mancava mai di incantare Emma.
Si era appena fermata per togliere alcuni fiori appassiti da una pianta di rose rampicanti, quando una lucida macchina sportiva nera ruggì lungo il viale della villa come una pantera di ritorno nella propria tana.
Emma si scostò dagli occhi una ciocca di capelli e guardò l’alta figura che usciva dalla macchina. Perfino da quella distanza, poté riconoscere immediatamente la somiglianza con il padre: quella corporatura dinoccolata e slanciata, il cipiglio assorto, la mascella cesellata e la piega arrogante delle labbra, tutto parlava di un uomo abituato a insistere fino a spuntarla. Ma, a differenza di suo padre, Raffaele Fiorenza era alto più di un metro e ottanta, il suo corpo atletico non era piegato in due e devastato dalla malattia, e i suoi capelli neri, lucidi e ricci, erano folti e non mostravano alcuna traccia di grigio.
Sebbene Emma lo avesse già visto sui giornali un paio di volte, si rese conto che le fotografie non gli avevano reso giustizia. Era semplicemente l’uomo più attraente che lei avesse mai incontrato.
Indossava un paio di pantaloni sportivi e una camicia azzurra aperta sul collo, le maniche rivoltate indietro sui forti avambracci abbronzati, e un paio di occhiali da sole che nascondeva l’espressione dei suoi occhi.
Raffaele chiuse sbattendo la portiera della macchina e scese i gradini verso la seconda terrazza. I suoi passi lunghi e determinati lo portarono nel giro di pochi secondi nel punto dove lei stava inconsciamente stropicciando i petali delle rose fra le dita.
«La signorina March, immagino» esordì in tono secco e chiaramente poco amichevole, anche se la voce aveva una bella nota bassa e musicale.
Emma odiava parlare alle persone che indossavano gli occhiali da sole, soprattutto quelli con le lenti a specchio. Si sentiva sempre svantaggiata a non essere in grado di leggere che cosa stava accadendo dietro quello schermo impenetrabile. Sollevò il mento e lasciò cadere a terra i petali. «Esatto» rispose. «Suppongo che lei sia Raffaele Fiorenza.»
Lui si sfilò gli occhiali e il suo sguardo scuro scivolò sprezzante su di lei. «E io suppongo che lei sia l’ultima donnina di mio padre.»
Emma si irrigidì. «Deve essere stato informato male, signor Fiorenza» replicò con freddezza glaciale. «Io ero la badante di suo padre.»
Lui le